punto sul rosso

Auguri


Per il nuovo anno ricevo un messaggio di auguri da Pierre: creare è resistere, resistere è creare (Stéphane Hessel). Sotto la frase, l’immagine di un'opera di Pierre. Installazione, la definirebbe qualcuno. Ma ciò che è nuovo ha bisogno di parole nuove. Movimento nella fissità, ovvero il montaggio dentro il quadro. Ma non si tratta di quadro né di fotogramma: è un’idea che balena, s’affaccia compiuta e poi scompare, si disfa, mutandosi in qualcosa di altro. Arte impermanente, grazie al movimento di idee. Arte che non si affeziona a se stessa, unica nel germe e non nel sembiante, fissa come chiodo piantato nella testa dell’artista ma scomposta e ricomposta nel gioco del linguaggio che si ricombina incessantemente per restare vivo.Prima dello spettacolo teatrale la regista ha ritenuto necessario dire due parole di presentazione. Ha ritenuto necessario dire che a lei e al suo Teatro (lo scrivo con la maiuscola perché così è stato pronunciato) interessano le permanenze, di cui – ha aggiunto – c’è gran bisogno oggi. Da spettatrice, ho guardato, ho cercato le permanenze, ma non le ho trovate. O meglio, a fine spettacolo è rimasta solo la permanenza di un disastro. Non c’è bisogno di altri disastri oggi – ho pensato, e sono uscita. Avrei voluto chiedere alla regista quale fosse la sua idea del mondo della vita della morte e dell’arte, cosa pensasse al di là di ciò che aveva studiato imparato e messo in pratica. Mi rendo conto però che il concetto di “al di là” non è alla portata di tutti (me compresa) e che ciò che facciamo e che abbiamo fatto è un recinto, non ne vediamo i confini ma è pur sempre un recinto. Mi rendo conto che non ho nessuna voglia di chiedere alcunché. Mi rendo conto di essere depressa e refrattaria al confronto, e sono uscita.L’aria è gelida. Penso al mio recinto, a come si sia ristretto, penso addirittura che se sto in piedi è perché è il recinto che mi sorregge. L’aria è un punteruolo tra gli occhi. E allora penso a cosa farebbe Pierre con questo recinto, a come lo trasformerebbe, anzi no, a come mi suggerirebbe di trasformarlo: ognuno lavora il materiale della propria vita, e anche trasformare è resistere.Ma io resisto, Pierre? Dopo tutto resistere è anche esistere. Vivere nel recinto non è esistere: è solo vivere, appunto. Mentre esistere vuol dire altro, il suo opposto: fuori dal recinto. Le parole vorranno pur dire ancora qualcosa. L’ancora è un’àncora, Pierre. Dillo come lo diresti tu: exister. Ecco, vedi, nella tua lingua tutto è più chiaro: ex-ister. Dobbiamo uscir fuori da quel recinto, è questo il senso – oggi – del nostro resistere. Nessuna creazione che sia vera creazione è possibile altrimenti, è possibile altrove. Disfare per rifare, la creazione è movimento, la creazione che si cristallizza è morta, ha abortito la sua missione e il recinto ha vinto.Vorrei tornare indietro, prendere da parte la regista e chiederle di indicarmi le permanenze, di farlo letteralmente: di puntare l’indice. Sarebbe un’azione a fin di bene, una risemantizzazione a fin di bene. Ma no, non ho nessuna intenzione di tornare indietro né di dire alcunché. Dire cosa perché? Non è vero, Pierre, che le parole arrancano? Dove sono le parole buone, come faccio a dire parole buone, che abbiano un senso? Troppe parole ammucchiate, spostate da una parte e poi dall’altra, che sbattono l’una con l’altra, che si sommano per accrescere il vuoto. Ammassi di rifiuti di parole lungo le strade, dentro le case, tra le persone. Parole brutalizzate e perse come, come cosa Pierre?Come il corpo di una donna, violentato e abbandonato lungo la via.Ecco, Pierre, tu hai sempre un’immagine che mette a tacere il dire. Sono stanca, Pierre, vorrei che il tram arrivasse ora e mi strappasse a questo freddo, a questo vuoto, a questa refrattarietà che mi farà vivere e morire nel mio recinto, di cui non vedo le pareti, che mi farà vivere e morire contenta, tra la cena da scaldare e i piatti da lavare. Il recinto è uno spazio comodo, il recinto è un seduttore, mellifluo come tutti i seduttori. Tu resisti. Sempre. Siamo donne e uomini in quanto resistiamo e trasformiamo: è questa la nostra permanenza.Grazie, Pierre. E auguri.