putpurrì

LETTERINE


Da bimba miscelavo, con la poca esperienza di vita ma l'acuta osservazione della realtà, dosi massicce di buoni propositi diluite con timide porzioni di possibilismo.La lettera natalizia, da mettere sotto il piatto del babbo ne era la prova lampante. Premetto che a natale le lettere erano due: una commerciale, da spedire a Babbo Natale con l'elenco, appena appena velato di buonismo, dei desiderata ( sempre molto contenuti), l'altra più attinente all'aspetto gestional/social/affettivo dell'ambaradan, indirizzata ai genitori.In pratica buoni propositi in cambio di tranquillità familiare e  sicurezza di andare a letto "con" Carosello piuttosto che "senza" ( terribile punizione che ancora compare nei miei incubi peggiori, insieme all'esame di maturità e alla clonazione del mio bancomat ).Questa lettera, in base a quanto detto prima, era tutto sommato un bel capolavoro di infingardaggine. Sulle righe tracciate sotto il presepe di porporina accennavo al mio intento di comportarmi bene, di non disubbidire, di aiutare la mamma, di fare sempre i compiti in tempo utile, lasciando però aperto uno spiraglio alla scappatoia, che consisteva nella frase finale che più o meno a senso suonava "spero di riuscirci, prometto che ce la metterò tutta, ma voi che siete tanto buoni mi perdonerete se non dovessi farcela". Berlusconiana in erba.Laddove si evince: che forse i meccanismi della vita mi erano più chiari a sette anni che ora, che di buoni propositi nasciamo ampiamente corredati ma la capacità di metterli in pratica è stata distribuita più parcamente, che formularli è molto più facili che mantenerli e infine che perfino le Borse mondiali ( di cui io, non capendone assolutamente una mazza ho un sacro timorpanico) li prendono per oro colato, fluttuando or sù or giù a seconda che essi siano formulati o no.Questo per dire che il mondo gira sempre attorno alle stesse cose, basta crederci.