Post N° 92

Post n°92 pubblicato il 07 Aprile 2005 da adrians3



  Scrive Don Francesco  Cervio parroco di Albonese sull'  Informatore Lomellino del 13/10/2004:

  ".........Vogliamo qui parlare dei migranti irregolari ? Bene.
  1  Come arrivano in Italia? Gli sbarchi in Sicilia di queste ultime settimane  sono solo la punta dell'iceberg  e dimostrano che un tale fenomeno sociale  e' comunque di difficile gestione, indipendentemente dal governo di destra o di sinistra. Il messaggio spesso arrivato da una  massa di poveri cristi  che vedono l'America!  Nell'Italia si puo' riassumere  nel motto Avanti miei Prodi, fatto proprio di recente  dalla signora deputato Turco che arringa "Quando torneremo al governo  diremo agli extracomunitari di venire in Italia anche se non hanno  lavoro" . Parole dissennate e solo ad uso elettorale. Forse la signora deputata Turco  e'stata nominata  presidentessa della Croce Rossa- color bandiera comunista- di quella armata Brancaleone formata  da pacefondai comunisti, sindacalisti rosso vermiglio, no global nulla facenti, catto-comunistelli inconcludenti, ricchi e rossi borghesi alla Scalfaro o alla Fo che vorrebbero far giungere in Italia tutti i diseredati d'Africa.?
  2 Il popolo italiano e' stato un popolo di migranti? Sfatiamo una leggenda metropolitana caramellosa e bugiardina. I nonni italici che dopo la prima guerra  e dopo la seconda guerra emigrarono in America o in Europa- Svizzera, Germania, Francia- arrivarono in quelle nazioni ospitali e bisognose di manovalanza con i documenti in regola: visto d'ingresso e contratto di lavoro. In caso contrario venivano respinti alla frontiera e se ne tornavano a casa.
  Ma domandiamoci come controllare l'identita' di migliaia di clandestini  ed assicurare loro un abitazione ed un lavoro?
  A questa elementare domanda detta Armata non risponde..................."



  Seguono alcune proposte anche interessanti  sulla casa per i migranti attraverso  Comuni garanti  o la messa a disposizione di immobili inutilizzati di proprieta' delle Curie.



  Rete Lilliput Lomellina  ha ritenuto utile  dialogare con don Cervio attraverso una lettera privata ma anche pubblica.
  .

  Gentile Don Cervio,
  abbiamo letto sull'ultimo numero dell'Informatore Lomellino il suo intervento sul problema dei migranti e della sua rabbia verso il movimento. Ma abbiamo letto anche della sua apertura, del suo desiderio di aprire un confronto e questo ci e' piaciuto. Per questo le scriviamo.

  Facciamo parte di quella rete movimentistica che  ha avuto tra i fondatori Zanotelli, Bizzotto, Tonino Bello. Pensiamo che un migrante che viene nella nostra terra, anche clandestino, non pone un problema di polizia o prioritariamente un problema di casa e lavoro. Pone un problema molto piu' forte e lo pone ad un Paese che e' comunque tra i piu ricchi del mondo e che spende in armamenti e cibo per animali , ogni anno ,una cifra incredibilmente  elevata.
  Ponne un problema etico , certo lo pone a tutti anche al mondo antiglobalizzazione.
  A Mortara lavoriamo  insieme ad altre associazioni ,come lei sapra',  come Agenda 21 per diminuire l'esclusione sociale dei migranti clandestini e non, perche' ci sembra di vedere nel nostro paese due citta' sovrapposte che non si parlano , che non si conoscono e che specularmente si temono. Ci riconosciamo invece come lillipuziani in un documento di Pax Christi che ci piace qui in parte recuperare.
  .
  " Forse dovremmo ripensare la storia a partire dalle immagini che la televisione  ci porta in casa sempre piu' spesso: gli occhi bianchi, gli sguardi assenti, la pelle rinsecchita. Sono i miserabili che misurano la nostra civilta'. sono uomini, ma nell'era dei diritti universali non valgono nulla. Sono uomini, ma clandestini e dunque non si vedono , non si possono vedere.

  Solo voy con mi pena/sola va mi condena/ correr es mi destino / por no llevar papel perdido / en il corazon del grande babylon / me dicen el clandestino / yo soi  el quiebra ley.    Mano negra / clandestina/ peruano / clandestino/ africano /clandestino ....  canta la voce -clandestina- di Manu Chao.

  Ecco perche' la storia comincia qui, inizia dove Fukujama l'ha fatta chiudere. La fine della storia come l'abbiamo vissuta durante la guerra fredda, perfettamente pigiata nei suoi fronti ideologici contrapposti, ha aperto la storia complessa delle diversita' che fino ad oggi non avevamo mai incontrato.
  E' emersoa con il vestito maleodorante e coperto di cenci, il volto scandaloso dello straniero, dell'Altro, del culturalmente alieno. Improvvisamente l'Occidente ha dovuto fare i conti con la  miseria piu' terribile, con i continenti desaparecidos, con l'ipocrisia di un mondo che tra le pieghe della dichiarazione per i diritti umani, ha nascosto privilegi d'ogni sorta.
  Ecco l'inizio della storia. Vengono dalla Sierra leone, dal Senegal, dalla Costa d'Avorio, dal Ghana, i dannati della terra. Vengono le carrette dei mari affollate di neri affamati. Vengono con la consapevolezza perfino di non arrivarci mai, con i figli piccoli che muoiono sulla nave e che mani addolorate di genitori depositano nelle profondita' del mare, dove quel bimbo, vulnerabilmente straniero, almeno verra' cullato dall'acqua anziche' bastonato dalla terra. Vengono, nonostante la voglia di molti di chiudergli la porta  in faccia e, magari, di inviare truppe armate ai confini fra l'Occidente e il sud del mondo. Perche' non c'e' manganello che possa evitare la corsa disperata dalla miseria al sogno della liberazione E quindi vengono. E noi li vediamo arrivare.
  E il problema divampa, cresce, si dilata come un onda che permea tutto il nostro vivere. non e' solo un problema politico, il problema e'  prima di tutto etico.
  L'approssimarsi del volto sofferente, annichilito, inerme. solleva dentro di noi un imperativo morale, che non puo' essere eluso, pena la deriva dell'umano.
  Ecco dove sta il confine tra civilta' e incivilta', tra guerra e pace, fra democrazia e dittatura. Farsi carico del volto altrui: questa e' la pace, rifiutare quel volto: questa e' la guerra.
  Si ribalta persino il rapporto stato e cittadino, perche' se alla radice di tutto c'e' il riconoscimento dell'altro come elemento costitutivo del genere umano, allora non lo stato puo' dire se uno e' cittadino oppure no perche' c'e' un diritto di cittadinanza cosmopolita che si basa sul riconoscimento che il volto inerme e' portatore di un passaporto naturale, se cosi' si puo' dire.

  E cosi' se un affamato fugge dall'Africa e viene in Italia esercita un suo diritto legittimo ed uno stato non puo' difendersi rispedendolo a casa. E' un diritto primigenio, e' l'umanita' che deve mirare alla sua salvezza  solidale attraverso il riconoscimento dell'altro, dello straniero, del diverso.
  E' il grande tema dell'ospitalita', indagato con la lente dell'etica dai maggiori filosofi contemporanei. E l'ospitalita' e' un concetto che  non si puo' circonscrivere dentro gli angusti spazi  della convenienza. L'ospitalita' e' un apertura totale all'altro.
  Verranno gli indios, verranno gli ignudi di un tempo diceva liricamente Ernesto Balducci poco prima di morire, verranno i poveri con le loro culture custodite nelle loro anfore ricoperte di ragnatele a spezzare le anfore e a farci conoscere  liquori che non conosciamo."

  Ecco noi siamo profondamente convinti del bisogno di questa nuova etica, della necessita' di rompere quei meccanismi finanziari e consumistici con i quali opprimiamo e distruggiamo i Sud del mondo,  un etica coraggiosa capace di disarmare gli eserciti e gli stati e con essi anche le nostre coscienze.


  Lilliput Lomellina ottobre 2004

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Post N° 91

Post n°91 pubblicato il 07 Aprile 2005 da adrians3

Iniziative a Mortara a sostegno. Il testo sara' ripreso da domani da alcune testate territoriali tra cui la Provincia Pavese.
Purtroppo vorremmo, ma non siamo in grado di venire a Roma , raccoglieremo pertanto il vs messaggio e lo faremo vivere  in lomellina.

Siamo con voi,


-Testo per la stampa e per la mailing list di 150 nominativi del nodo.
From: adriano arlenghi
To: assnuovolaboratorio@infinito.it
Sent: Monday, April 12, 2004 9:46 PM
Subject: Mobilitazione per l'iraq


Rete lilliput Lomellina volantinera' domani cinquecento copie del testo  allegato raccogliendo il grido di dolore di Albino Bizzotto della Ong Beati Costruttori di Pace che dal presidio sotto Palazzo Chigi chiede alla comunita' internazionale di  osare, con altri strumenti che non le armi, la fine di una guerra che sta diventando orrore , solo orrore ogni giorno che passa.
L'iniziativa di chi si definisce "gli ostinati per la pace" e' nata improvvisamente durante la festa pasquale appena sono arrivate in Italia gli appelli delle Ong presenti per Falluja, il cui testo alleghiamo.
Albino Bizzotto, ci ha raccontato che non poteva rimanere silenzioso e assente  davanti  a queste testimonianze e come nel '92 quando porto' nella guerra  bosniaca  migliaia di pacifisti facendoli passare  tra le pieghe della guerra,  a testimoniare che la societa' civile ha sempre le " finestre spalancate",   anche stavolta ha concluso che qualcosa bisognava fare.
Magari davanti a Palazzo Chigi per chiedere  una soluzione diversa alla barbarie irakena.
Non  e' solo perche' Albino e'  un "profeta del nostro tempo" o perche'  spesso e' venuto a Mortara negli scorsi anni a raccontarci di questa sua  sofferta, rigorosamente nonviolenta,  indignazione etica .Sentiamo profondamente che nel profondo Irak qualcosa di terribile accade e accadra' nei prossimi giorni, e francamente le menzogne di guerra non ci bastano, proprio non ci bastano piu'. E cosi anche noi vogliamo fare qualcosa. Siamo pochi e con pochi mezzi. Pero' ci ricordiamo di quel giornale di Sarajevo , l'unico allora che raccontava una lacrima di verita' e non le bugie degli eserciti o  le verita' dei petrolieri, dei finanzieri e degli armieri di turno. Ma si, certo,  si chiamava Obsbornie, e poi un bel giorno fini la carta e l'inchiostro  e i rulli si fermarono .Ma i redattori non si persero d'animo e ogni mattina aprivano la finestra della redazione e leggevano a voce alta le notizie. E c'era sempre folla giu sotto nella piazza, folla che non la smetteva, nonostante tutto, di ascoltare  storie che parlavano di convivialita' delle differenze.
Noi all'opposto abbiamo carta ed inchiostro,  perche' non dovremmo avere voce?

Nodo lomellino Rete Lilliput

Mortara 12/4/04

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Post N° 90

Post n°90 pubblicato il 07 Aprile 2005 da adrians3

Gabrieli Moreno Locatelli e' una persona per chi lo ha conosciuto di persona e per chi lo ha conosciuto solo dopo la sua uccisIl tempo e' un invenzione degli uomini incapaci di amare: ricordo di Moreno Locatelli

 

 

 

Gabriele Moreno Locatelli e'  per chi lo ha conosciuto di persona e per chi  solo dopo la sua uccisione quel tragico ottobre di 10 anni fa,  ha sempre  rappresentato la faccia buona del mondo, quella che non guarda  le convenienze, quella che si sporca le mani  perche' sa che se l'esistente  e' pessimo , ognuno deve dare di suo in prima persona.

Su questo versante anche i gesti simbolici hanno un valore  enorme, l'utopia diventa il regno del possibile  per il solo fatto di immaginarla e gia si muove lungo cantieri che  hanno paradigmi e scenari nuovi.

E  cosi' Moreno scelse di lasciare la sua vita  quel giorno su di un ponte, in un'azione simbolica per chiedere la fine di una guerra.

Era il tempo in cui ogni sera i telegiornali ci raccontavano delle atrocita' di una guerra per la quale anche l'Occidente aveva le sue responsabilita'

Era il tempo in cui Don Tonino Bello , nel tacco d'Italia, accendava   falo' di pace per farsi scorgere inutilmente dall'altra parte del mare.

Era il tempo in cui  in molti in Lomellina scegliemmo di partire nel dicembre del 92 e nell'agosto del 93, per andare a fare interposizione nelle zone di guerra, per portare l'idea che bisognava trovare altre forme per risolvere i problemi che non  fossero lo spararsi addosso.

Era il tempo in cui  in molti si correva in giro per l'Europa  fino all'Onu a Ginevra per chiederei inutilmente di difendere, le enclaves bosniache di  Goradze e di Sebrenica.

Era il tempo in cui il nostro ministro degli esteri, Andreatta , dichiarava  che eravamo matti e anche politicamente irresponsabili perche' mettevamo in discussione  le strategie italiane nello scacchiere balcanico.(!!!)

Era il tempo  in cui si formo' a Mortara  un gruppo di 30 persone  che organizzava incontri  pubblici  sotto le vesti dei Beati Costruttori di Padova che ne avevano ideato l'iniziativa.

Era il tempo, dopo la morte di Moreno in cui per 3 anni fummo ogni ottobre in  stazione a Mortara a volantinare  a pendolari dagli sguardi perplessi il nostro amore ed il nostro ricordo per  un gesto cosi'  bello..

Era il tempo in cui una  insegnante di Mortara lascio' la citta' in un gelido inverno per  andare in una Sarajevo  assediata dai serbi e mitragliata dai cecchini a portare  cibo e indumenti per creare ponti di solidarieta' che sostituissero quelli che la guerra andava distruggendo creando voragini tra etnie e  popoli, fino ad ieri uniti.

Era il tempo in cui in una splendida serata  una bambina mortarese ora liceale si alzo' con orgoglio in piedi  in un incontro pubblico e disse " la mia maestra e' andata a  fare finire la guerra" .Silenzio, stupore,parole come pietre, esse sono ancora la', o se volete nella testa di molti.

Perche' mettiamo in rete queste righe, che sembrano datate e inattuali?

Perche' ci e' arrivata nella nostra cassetta della posta una lettera di Albino Bizzotto che ricordando  Moreno dice :

                                                                     

 Dieci anni dopo l'uccisione a Sarajevo del suo volontario Gabriele Moreno Locatelli, l'associazione padovana Beati i Costruttori di Pace attraverso le parole di don Albino Bizzotto, ricorda quel sacrificio partecipando nella capitale bosniaca alle celebrazioni volute dalla Municipalità per ricordare quello che a tutti gli effetti la gente di Sarajevo considera ormai un concittadino martire. E' lo spunto per una riflessione.

Don Bizzotto, come legge oggi gli avvenimenti di dieci anni fa?

"Quella morte non è stata vana perché grazie a gesti come quello di Gabriele Moreno l'impegno della società civile in questi dieci anni è molto cresciuto. Oggi il fatto che la società civile entri nel merito delle guerre non è più considerato un tabù, come dieci anni fa. Che le guerre siano in Bosnia, in Kosovo, in Palestina, in Iraq o in Africa, oggi la società civile, il cosiddetto movimento dei movimenti sa, con azioni dirette nonviolente e iniziative di diplomazia popolare, entrarci nel merito, prendere posizione dall'interno delle situazioni, mettendo in gioco le persone. Azioni come quella in cui è rimasto ucciso Gabriele Moreno, allora bollate come "suicide", sono diventate la sostanza del movimento per la pace. Basti pensare, per citare gli esempi più eclatanti, alle azioni dei pacifisti a Ramallah nella primavera dell'anno scorso, o il blocco dei treni qui in Italia per fermare l'imminente guerra in Iraq". 

I Beati dopo la vicenda della morte di Locatelli furono accusati da più parti di spingere la gente a compiere azioni inutili e suicide.

Credo sia necessario ristabilire la verità su quella morte. Le polemiche seguite a quella dolorosa vicenda sono stata per noi una grande sofferenza, vissuta per lo più in silenzio per rispetto della famiglia di Gabriele Moreno. Ci sono state molte calunnie e l'isolamento da parte delle altre associazioni pacifiste. Oggi, a differenza di quanto è accaduto dieci anni fa, nessuno si sognerebbe di dire che Rachel Corrie, la pacifista ventitreenne americana schiacciata e uccisa da una ruspa a Gaza mentre si opponeva all'abbattimento di una casa palestinese, era una esaltata o aveva alle spalle qualcuno che la voleva mandare a morire. Rivedere con altri occhi quanto accaduto è una questione di giustizia. Che in una esperienza ci siano realtà negative, nessun problema; i volontari che hanno lavorato a Sarajevo erano pieni di difetti come tutti gli altri. E' questo il bello, non c'è bisogno di nessun tipo di requisito speciale o eroico per affrontare le situazioni di guerra. Persone semplici e normali possono fare ciò che tutti dicono normalmente impossibile.

 

Cosi abbiamo deciso di ricordarlo ,porche un poco ci appartiene, ci  appartiene la sua voglia di non rassegnarsi.

Per questo vogliamo raccontare i primi passi del suo diario  scritto poche settimane prima  della sua uccisione, un testo cartaceo a disposizione di chiunque voglia averlo e che abbiamo rappresentato una sera al Teatro  Angelicum di Mortara:

"Non molto tempo fa un amica , che sapeva quanto amassi viaggiare, mi ha chiesto se potevo portarle una manciata di terra dei luoghi  dove sarei passato.

E' cosi ho scoperto la terra o meglio le terre, poiche' ogni paese ha piu' terre, diverse tra loro per consistenza, colore e per la stessa origine.

Mi sono sporcato le mani con la terra dei campi , con l'argilla delle grotte, con l'humus  delle foreste e la ghiaia dei viali nei giardini delle piu' belle citta' d'Europa.

Ho imparato a guardare dove metto i piedi , ad andare al di la dell'asfalto, a cercare la terra.

Arrivato qui a Sarajevo  non ho fatto fatica a trovarle la terra, E cosi' ho raccolto tre terre  ed ogni volta con piu' dolore e con piu' rabbia.

La prima terra raccolta e' stata quella della ragnatela di canali che la gente scava , con  i mezzi piu' rudimentali, per potersi allacciare agli impianti del gas ed avere in casa una possibilita' in piu' di riscaldamento per affrontare l'inverno.

La seconda terra e' quella delle radici. Non c'e' piu' legna a Sarajevo e la gente , dopo avere tagliato gli alberi, ora rivolta la terra e apre enormi buche intorno alle radici degli alberi , nei parchi e lungo i viali e cosi' strappa alla terra  anche la speranza dei germogli.

La terza terra e' la terra dell'orrore, una terra intrisa di lacrime , la terra delle tombe, preparate in anticipo perche' non c'e' tempo, ma soprattutto preparate in anticipo perche' si sa che serviranno.

Io passo, mi chino , raccolgo una manciata di terra e penso alla violenza, alla tortura che e' quella fossa gia pronta  per dei cuori costretti ad accettare l'assurdo d'un gesto che anticipa la morte.."

 

E ancora sempre di Moreno:

Mir:

Vi prego

Gridate

Che qui la gente muore

Di granate

Di snaiper

Di malattie

Ma anche

Di paura

Di angoscia

Di disperazione

Perche' non c'e' pace

Non c'e' pane

E l'inverno arriva

E nessuno crede

Che non li abbiamo

Dimenticati.

Vi prego

Gridate.

 

Abbiamo chiesto  a MariaGrazia Bonollo dell'Ufficio Stampa dei BCP di Padova di inviarci qualche scritto che racconti di Moreno e dell'attivita' dei bcp  in quegli anni.

Li pubblichiamo sotto scusandoci per la lunghezza di questa e  mail, ma anche consci che parlare di Moreno e del suo gesto anche dopo dieci lunghissimi anni non toglie nulla al bisogno di ribellione verso l'ingiustizia.

Proprio in queste ore  l'Ansa  sta diffondendo  la notizia che una delle tante  agenzie Onu  ricorda che ogni 7 secondi  muore una persona per fame .

Ormai ci siamo rassegnati alle barbarie del nostro tempo  e neanche nei supermercati l'indignazione non si vende piu'.

Forse ha proprio ragione Albino, abbiamo bisogno di persone normali  che facciano cio 'che  tutti dicono normalmente impossibile.

 

 

Beati Costruttori di Pace

Mortara

16/10/03

 

 

La conclusione di "Mir Sada" non segna la fine del progetto "Si vive una sola pace". Dall'agosto '93 inizia, infatti, la presenza stabile di volontari, i c.d. "permanenti", a Sarajevo. Inoltre la felice conclusione, grazie anche all'opera di B.C.P., dell'odissea dei camionisti bosniaci bloccati a Stobrec dà il via, più tardi, ad un progetto di B.C.P. di Brescia a Gradacac, la piccola cittadina della Bosnia centrale, vicino Tuzla, da cui questi provenivano.[1]

Per meglio rendere la completezza e la complessità del lavoro di B.C.P. è necessario soffermarsi per qualche pagina sull'analisi  di queste attività di solidarietà dentro alla realtà della guerra.

A questo proposito è da mettere in evidenza che il lavoro dei "permanenti" a Sarajevo e a Gradacac qualifica molto il ruolo internazionale di B.C.P. Lavorare dentro la realtà quotidiana della guerra, confrontarsi e condividere i bisogni della gente e le loro contraddizioni, allacciare relazioni con autorità politiche e religiose su progetti concreti, porsi verso queste realtà con nonviolenza, trasparenza e imparzialità, sono tutti elementi che caratterizzano queste esperienze e servono per collocare la figura di B.C.P. nella sfera delle relazioni internazionali. La presenza stabile in territorio di guerra permette altresì di svolgere un'importantissima azione di monitoraggio internazionale, verificando, ad esempio, sul rispetto dei diritti umani.

.

 

 

 

 

 

Per quel che riguarda Sarajevo, ricordo che dopo "Mir Sada" un gruppo di volontari si stabilisce, turnandosi nelle presenze, a Sarajevo, dando così seguito al progetto previsto da "Si vive una sola pace". I volontari entrano in città con i voli ONU sui quali trovavano posto grazie ad accrediti per la stampa rilasciati dall'UNPROFOR (generalmente radio, televisioni e giornali locali concedono l'accredito in cambio di qualche articolo). I permanenti complessivamente sono una sessantina, e sono state contemporaneamente presenti, in alcuni momenti, fino a una decina di persone, soprattutto all'inizio del progetto. Attualmente, invece, a volte la presenza stabile può essere anche di una sola persona, o di nessuna.

Le iniziative pratiche che vengono realizzate si contraddistinguono sempre per essere "azioni di pace", rivolte soprattutto al rispetto dei diritti umani, alla costruzione della democrazia e della libertà nel rispetto delle differenze. Viste in quest'ottica, le azioni diventano strumentali rispetto all'opera di pacificazione, di interposizione nonviolenta e di diplomazia popolare. Gli ambiti di lavoro sono:

·        la diffusione dell'idea di pace

·        la ricostruzione del tessuto delle relazioni sociali cercando di favorire i contatti tra le diverse comunità e operando imparzialmente a favore di tutte

·        l'azione presso le forze sociali e politiche al fine di mediare le posizioni e favorire il processo di moderazione, la scelta dei canali di dialogo e il confronto politico

·        la realizzazione di forme di contropropaganda o di propaganda a favore della pace.

I progetti concreti che vengono realizzati sono principalmente i seguenti:

·        distribuzione di aiuti umanitari

·        attivazione di un servizio postale da e per Sarajevo in sostituzione di quello ufficiale reso inattivo dalla guerra

·        approvvigionamento di acqua a persone in particolari difficoltà

·        gemellaggi fra scuole italiane e di Sarajevo

·        adozioni a distanza di famiglie

·        iniziative di riconciliazione fra le parti

·        fornitura di macchinari e materiali per l'ospedale

·        fornitura di medicinali a persone bisognose.

Essi sono stati realizzati con la collaborazione di circa una ventina di volontari bosniaci che hanno assicurato il proprio servizio presso l'ufficio di B.C.P. a Sarajevo e condiviso l'impegno dei volontari italiani.

La più interessante e particolare delle attività realizzate per Sarajevo è senza dubbio quella della posta. Si tratta di un'iniziativa non strettamente umanitaria, in quanto agisce sull'isolamento a cui la città è sottoposta. Essa ha permesso ai cittadini di Sarajevo, sotto assedio e quindi con poste e telefoni completamente disattivati, di mettersi in comunicazione con i parenti profughi all'estero. Dall'estate del '93 a oggi il servizio ha assicurato la distribuzione, in entrata ed in uscita, di circa 800 mila lettere, mettendo in comunicazione i sarajevesi con i parenti sparsi in 42 paesi diversi in Europa, America, Asia, Africa, Australia. Con le lettere sono stati portati ai destinatari anche considerevoli aiuti in denaro provenienti dai parenti residenti all'estero: con un viaggio venivano portati dai 100 ai 150 milioni di lire, per una cifra complessiva di almeno 5 miliardi, dei quali l'associazione non ha trattenuto nulla per le spese organizzative, utilizzando anzi spesso i propri fondi per le spese di spedizione delle lettere in tutto il mondo.

Inizialmente, specie quando il numero delle lettere trasportate negli zaini dai volontari ha cominciato ad aumentare a causa del diffondersi della notizia a Sarajevo, l'ONU sollevava obiezioni e non facilitava il passaggio. Inoltre la richiesta di riconoscimento come organizzazione umanitaria presso l'UNHCR a Zagabria non aveva avuto seguito. Anche il rilascio dei pass-press incontrava delle difficoltà, poiché i funzionari ONU avevano capito che tutti quegli italiani erano dei volontari e non dei veri giornalisti. Con il passare del tempo il servizio è stato accettato anche dall'UNHCR, che oggi ha ufficializzato il servizio e ha inserito B.C.P. fra le organizzazioni umanitarie a cui rilascia il proprio lasciapassare.

Ricordo infine, che proprio per meglio relazionarsi a livello istituzionale, B.C.P. è un'organizzazione umanitaria riconosciuta dal tribunale di Sarajevo dal settembre '93. Nello statuto depositato presso la Corte Superiore di Sarajevo gli obiettivi di B.C.P. sono la raccolta e distribuzione di aiuti umanitari, l'aiuto a persone particolarmente bisognose, il collegamento fra profughi e persone disperse, la raccolta e la distribuzione di posta e pacchi, il lavoro sull'educazione pedagogico-culturale dei cittadini. E' specificato inoltre che l'azione si rivolge alle vittime della guerra a agli altri cittadini della Bosnia Erzegovina. Si tratta quindi di un riconoscimento soprattutto dell'attività umanitaria dell'associazione padovana.

 

 

 

 

Un momento molto difficile per il lavoro dell'associazione a Sarajevo è stato quello della morte di Gabriele Moreno Locatelli, il volontario ucciso il 3 ottobre '93 da un cecchino sul ponte Vrbanja durante un'azione di pace. L'azione di interposizione "Ponti al posto di frontiere" che stavano tentando di realizzare cinque dei dieci volontari presenti in quel momento a Sarajevo era simbolica e consisteva nel portare su quel ponte, che delinea la linea di fronte dove si affrontano milizie e truppe bosniache (l'Armja,), croate (l'HVO) e serbe, un pane simbolo di pace e due messaggi, uno religioso e l'altro politico e consegnare il tutto alle parti. I pacifisti portavano con sé anche una bandiera della pace e un mazzo di fiori per la prima vittima di quella guerra. L'azione era stata comunicata a tutte le parti in conflitto, che l'avevano accettata, anche se è evidente che in guerra qualsiasi garanzia ha un valore limitato. Essa si collegava idealmente con quella realizzata due giorni prima a Mostar, dove 21 religiosi fra cui il vescovo di Gerusalemme mons. Capucci, don Albino Bizzotto e padre Fabrizio Forti avevano tentato di attraversare la linea del fronte interno alla città interponendosi fra le parti (croati e musulmani) in un momento di duri combattimenti. La preparazione di quell'azione a Mostar era durata più di un mese attraverso relazioni molteplici con i vari responsabili politici, militari e religiosi a Spalato (responsabili della cooperazione italiana, console, vicario generale della diocesi di Hvaar e dirigenti dell'UNHCR), Medjugorie (comandante spagnolo dell'UNPROFOR), Mostar (vescovo Peric, e un incontro, attorno allo stesso tavolo, con il responsabile civil militare della parte croata Pusic e con quello civile e quello militare della parte bosniaca Alikadic e Zlatan) e Zagabria (direttori generali dell'UNHCR, vescovo ausiliare, ministro degli interni croato, Caritas internazionale).

Visti gli obiettivi della seguente trattazione, non è questa la sede per approfondire gli aspetti etici e le polemiche causate della tragica morte di Moreno Locatelli. Ciò che preme di più sottolineare ora è il tipo di proposta politica che sottostava a quel gesto simbolico ed estremo. Il documento politico che i cinque volontari di B.C.P. (oltre a Moreno Locatelli c'erano padre Angelo Cavagna, Luca Berti, Pierluigi Ontanetti e Luigi Ceccato) portavano con sé sul ponte Vrbanja per consegnarlo, assieme a quello religioso, alle parti, consisteva in un "appello ai governanti del mondo" a:

·   sospendere subito ogni azione o minaccia di guerra;

·   inviare immediatamente forze ONU di interposizione con finalità e metodi di polizia internazionale; riformare l'ONU per farla diventare veramente ONU dei popoli abolendo il numero di membri permanenti del consiglio di sicurezza e il diritto di veto; applicare l'art. 43 della Carta ONU cedendo parte degli eserciti all'ONU stessa; incrementare le "forze ONU disarmate" con l'impiego di obiettori di coscienza e volontari nonviolenti;

·   organizzare subito un soccorso mondiale di aiuti umanitari;

·   aprire i tavoli di discussione per le trattative di pace ai rappresentanti delle forze sociali e religiose veramente espressive del sentire della gente, nonché ai premi Nobel per la pace.

 

 

·   

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Post N° 89

Post n°89 pubblicato il 07 Aprile 2005 da adrians3

Un luogo per pensare in grande, un luogo per raccontare un mondo diverso


Negli ultimi anni abbiamo visto nascere a Mortara molte buone idee, di consumo critico, di intervento nelle scuole, di proposta culturale.
Ci sembra che una nuova voglia di partecipazione e di conoscenza emerga dal basso.
Per dare voce e gambe a tutte queste idee , per permettere loro di esprimersi e ampliarsi riteniamo  sia giunto il momento di proporre  alle associazioni e in generale ai cittadini piu' sensibili e impegnati la creazione di un centro di aggregazione, un luogo fisico a Mortara, abbastanza ampio , non centrale per motivi di costi ma neppure periferico da far diventare :
luogo di incontro, un bar  convenzionato Arci per motivi di semplificazione fiscale, organizzativa, giuridica dove fare musica, ritrovarsi, comunicare in alternativa ai " non luoghi" che pesantemente stanno riempiendo di questi tempi la Lomellina.
Luogo di informazione ove realizzare conferenze, proiezione di filmati, gallerie artistiche, incontri di poesia e letteratura.
luogo di riferimento dove acquistare prodotti del commercio equo solidale, promuovere la finanza etica, il turismo responsabile, magazzino di stoccaggio dei  prodotti per i gruppi di acquisto.
luogo di creazione, dove raccogliere e realizzare idee come quella di una cooperativa di lavori per i migranti  al fine di creare una alternativa allo sfruttamento delle cooperative locali.
Luogo di aggregazione, tavola calda, tecoteca, birreria, usando prodotti biologici e solidali.
Luogo di servizio per tutte le realta' del movimento ecopacifista locale per ritrovarsi .
Luogo di scambio, emeroteca, libreria,

Noi pensiamo ad una gestione mista volontari e  persone stipendiate con una apertura abbastanza ampia nella giornata per permettersi il dispiegarsi di molte attivita', avvalendosi in prospettiva anche di persone  che svolgono servizio  civile

La forma giuridica e' da definire, come anche i finanziamenti.

Su questo punto pensiamo alla creazione di fund raising ben strutturato, che spazi dalle sovvenzioni associative ai finanziamenti pubblici , alle donazioni  delle fondazioni e dei Centri Servizi Volontariato oltre  naturalmente  ai guadagni derivati dalle attivita' commerciali  solidali che  vi si svolgono.

I riferimenti chje troviamo sul territorio e ai quali ci siamo ispirati sono la bottega Macondo e la Cooperativa Portalupi a Vigevano , il centro sociale Barattolo a Pavia.

Il progetto e' tutto in fase di costruzione: per questo chiediamo a tutti gli amici di farlo girare e raccontarci  considerazioni e critiche , ma soprattutto manifestare il proprio interesse e la disponibilita' alla sua costruzione in termini di idee, tempo, soldi.
Noi pensiamo a una consultazione allargata fino a dicembre e poi una riunione   allargata che ne  valuti le possibilita e le prospettive.


Mortara , 8/10/03

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Post N° 88

Post n°88 pubblicato il 07 Aprile 2005 da adrians3

        

      Gentile Medico,

      Le chiediamo un poco del suo tempo, per sottoporLe una iniziativa che sta avendo grande riscontro nel mondo medico italiano ed europeo. Una lettera ai decisori politici  affinche' venga scongiurata la guerra , probabile ma non ancora certa, contro l'Iraq partendo dai valori professionali, etici e umanitari che coinvolgono la classe medica.
      Il Dott. Stefanini  che ha promosso l'iniziativa e per la  quale ha raccolto centinaia  di firme  e' un medico di 53 anni ed insegna Medicina delle Comunita',  all'Universita' di Bologna.
      La lettera riporta alcune stime raccolte da due studi : uno di una Ong inglese  e l'altro dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'.
      Le cifre  che emergono da questi rapporti sono drammatiche, si parla di  mezzo milioni di morti tra effetti diretti e indiretti dei bombardamenti.
      La lettera dice ancora il Dott: Stefanini  "e' rivolta prevalentemente a scongiurare le conseguenze nefaste  mediche ed umanitarie della guerra. D'altra parte il giuramento di Ippocrate obbliga tutta la nostra categoria  a procurare il bene e la salute alle persone e a prevenire le malattie.
      La guerra e' una delle cause principali di morte e sofferenza e quindi sta all'etica professionale del medico schierarsi contro di essa e cercare di prevenirla".

      Tutte le informazioni sull'iniziativa si trovano sul sito della Casa Editrice Edizioni Missionaria  www.emi.it/articoli


      Abbiamo inviato questa lettera a tutti i Medici di Base di Mortara, chiedendo  a tutti un gesto  che allontani ,anche di poco la barbarie  che sentiamo ormai alle porte.

      L'occasione ci e' gradita per formulare i nostri piu' distinti saluti.



      Rete Lilliput
      Nodo Lomellino
      Mortara 15/3/03

             

      Medici italiani contro la guerra
      Lettera aperta al Presidente del Consiglio
            Alla vigilia di una guerra considerata inevitabile, perchè fortemente voluta da alcuni governi, si sono sviluppati in tutto il mondo vasti movimenti di opposizione, anche tra le organizzazioni mediche e sanitarie. Oltre 500 tra docenti e studenti della London School of Hygiene and Tropical Medicine hanno sottoscritto una lettera aperta al Primo Ministro Tony Blair, pubblicata sul British Medical Journal e sul Lancet , come contributo al dibattito tra il governo e l'opinione pubblica sulla necessità di opporsi all'azione militare sul terreno etico ed umanitario, al di là di ogni punto di vista politico o religioso. L'International Physicians for the Prevention of Nuclear War, l'Australian Medical Association for Prevention of War, il gruppo canadese Physicians for Global Survival hanno preso iniziative autonome per sensibilizzare i propri governi sulla necessità di prevenire la guerra in Irak. L'organizzazione non governativa OXFAM, l'American Academy of Arts and Science, l'UNICEF e la Yale University hanno elaborato le loro stime sul probabile impatto della guerra sulla popolazione civile.

            In queste ultime settimane sono stati inoltre pubblicati due rapporti di particolare significato per chi come professione si occupa di salute. Il primo, Collateral Damage, The health and environmental costs of war on Iraq, prodotto da Medact, organizzazione non governativa di medici e operatori sanitari britannici , stima il numero totale di morti, durante il conflitto e nei tre mesi seguenti ad un attacco all'Irak, nell'ordine di grandezza compreso tra 48.000 e 260.000. Una guerra civile che si scatenasse all'interno dell'Irak aggiungerebbe altri 20.000 morti. In tutti gli scenari considerati la maggior parte delle vittime sarebbero civili. Il rapporto prevede inoltre come estremamente probabili, a seguito dell'attacco, guerre civili, carestie ed epidemie, considerevoli masse di rifugiati ed effetti catastrofici sulla salute, soprattutto dei bambini. Come effetto collaterale viene inoltre prevista la intensificazione dei conflitti internazionali, delle disuguaglianze e delle divisioni tra gruppi di persone e popoli.

            Un documento delle Nazioni Unite "strettamente confidenziale" datato 10 dicembre 2002 e intitolato Likely Humanitarian Scenarios prevede un elevato numero di morti tra i civili, una crisi delle condizioni nutrizionali della popolazione e la esplosione di malattie "di proporzioni epidemiche se non addirittura pandemiche". Questo documento, fatto segretamente pervenire alla Università di Cambridge, riporta le stime OMS di 100.000 morti da effetti diretti della guerra e 400.000 da impatto indiretto, oltre 2 milioni di bambini e 1 milione di donne in gravidanza grevemente malnutriti, e 2 milioni di irakeni senzatetto. La previsione delle Nazioni Unite è che, in caso di guerra, non saranno in grado di far fronte nemmeno ai 130.000 rifugiati che attualmente già si trovano in Irak. Il rapporto sottolinea inoltre l'assoluta inadeguatezza del sistema sanitario irakeno, vittima da diversi anni all'embargo imposto dalle Nazioni Unite, a rispondere alla accresciuta domanda che una guerra imporrebbe, oltre alla assenza dei servizi di base per la popolazione locale al termine dell'intervento armato.

            Nell'anno 2002 è uscito il "Rapporto Mondiale su Violenza e Salute" della OMS. Indicando esplicitamente la violenza, sia individuale che collettiva, come importante problema di salute pubblica, l'OMS ha voluto sottolineare in tutta la sua rilevanza il ruolo attivo che l'operatore sanitario deve assumere nel contrastare la guerra e nel promuovere la cultura della pace. Secondo le Nazioni Unite uno degli effetti più sconvolgenti dell'uso della forza militare in Irak e a livello internazionale potrebbe essere l'esplosione incontrollabile di violenza collettiva, definita come "l'uso strumentale della violenza da parte di stati o gruppi non governativi allo scopo di ottenere obiettivi politici, economici o sociali".

            E' indubbio che la guerra sia un problema di salute pubblica. In qualità di medici abbiamo non soltanto il dovere di prenderci cura delle vittime della violenza e dei conflitti armati, ma anche di cercare di prevenirli. Come medici siamo inclini a pensare soprattutto in termini di mortalità e morbosità. Ebbene, la guerra in Irak provocherà centinaia di migliaia di morti, la maggior parte tra i civili e i bambini, la esplosione di epidemie, carestie e distruzioni ambientali (...). Non dobbiamo inoltre sottovalutare le conseguenze che potrebbero aversi tra la popolazione civile dei paesi aggressori in caso di attacchi biologici, chimici o addirittura nucleari, eventualità quest'ultima presa esplicitamente in considerazione dal presidente Bush.

            Per noi medici, impegnati nella missione di alleviare le sofferenze e prevenire le malattie, queste morti e mutilazioni sono inaccettabili. Convinti che la guerra avrebbe conseguenze disastrose per la salute umana nel breve, medio e lungo termine, ci opponiamo all'intervento militare in Irak. Poiché la nostra opposizione si fonda su argomenti esclusivamente etici, umanitari e professionali, facciamo appello a tutte le forze politiche e della società civile affinché venga impedito un conflitto armato che avrebbe conseguenze disastrose per la famiglia umana.

            "La violenza si sviluppa in assenza di democrazia, di rispetto per i diritti umani e di buon governo", scrive Nelson Mandela nella introduzione al Rapporto OMS. Sosteniamo con forza, inoltre, la posizione della nostra più alta organizzazione professionale, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui i conflitti possono essere prevenuti soltanto attraverso forme più eque di sviluppo e modelli internazionali e locali di governo basati su etica e responsabilità. 

          

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

I miei Blog preferiti

 

FACEBOOK

 
 

Ultime visite al Blog

Lo810ezio.firenzefrancyfallabibliotecavallegiovanninadgl11micheleannesantibrokenrobyshana_AMvuitton0adrians3reticolatistoricisemprepazzaredazione_blogSdoppiamoCupidosgcassan
 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963