Angelo Quaranta

Sulla manipolazione e creazione delle coscienze.


Da HUFFPOST di  Antonio Preiti Economista, Sociometrica, Censis" Facebook ha chiuso qualche giorno fa 23 pagine che incitavano all’odio e alla diffusione di notizie false. La sensazione, prima vaga e poi sempre più convincente, è però che il problema, alla fine, sia proprio Facebook in sé, e non (solo) la patologia delle fake news.La convinzione è che il dibattito pubblico sia fortemente influenzato da un soggetto totalmente autoreferente, tanto che il punto non è quello che Facebook fa, che già è molto, ma quello che ha il potere di fare, che è immenso (la parola non è esagerata, e lo si vedrà tra poco).[ ... ] Un sintomo diretto lo si vede da come è condotta questa campagna elettorale. I social sono il terreno dove lo scontro politico è più intenso, tanto che televisioni e giornali sembrano più il riverbero dei social che viceversa. È difficile stabilire il livello in cui uno influenza l’altro, ma la sensazione è proprio quella.C’è qualcosa di politicamente più espressivo, per esempio, di due foto accostate, dove nella prima si vede uno striscione su un balcone e nella seconda i vigili su una gru che lo tolgono? E proprio il fatto che le immagini siano più potenti delle parole aggiunge un altro tassello al cambiamento, confermato, per altro, dalla nuova versione di Repubblica, che gira intorno all’immagine preponderante della prima pagina. Ultimo mattone nel muro dei nuovi codici di comunicazione. Negli Stati Uniti, dove hanno già sperimntato un'elezione presidenziale in cui l'influenza dei social media (se non illegale, certo nn trasperente) ha addirittura meritato un'inchiesta al più alto livello Istituzionale. Ha molto colpito in quel Paese la proposta di Chris Hughes, uno dei co-fondatori di Facebook, lanciata sul New York Times del 9 maggio di frammentare (“break up”) Facebook, come fatto in passato per le aziende monopoliste dell’elettricità, in quanto il suo potere è esorbitante, monopolista, e riduce la qualità della democrazia americana.Hughes, le cui tesi sono state condivise dal NYT con un editoriale, sostiene che l’influenza di Facebook non ha eguali nel settore privato e supera persino quella dello stesso governo americano; questo perché combinando la sua rete con quella di What’s up e di Instagram (entrambe di sua proprietà) è capace di determinare, attraverso i suoi algoritmi, “chi vede che cosa”. Vale a dire che il dibattito pubblico, che oggi si svolge prevalentemente, o con maggiore tempo dedicato, è ampiamente influenzato dal flusso delle “News feed” di Facebook.Aggiunge Hughes che proprio questo flusso incessante di informazioni, scolpito con l’esattezza degli algoritmi (che sono decisi in pieno e assoluto potere da parte di Facebook), cambia la nostra cultura, influenza le elezioni e seleziona cosa è importante sapere e cosa no. Naturalmente non si tratta di un progetto preordinato da una mente ingannevole, ma è la “unintended consequence”, cioè la conseguenza non intenzionale dello strumento stesso. Nella storia del mondo non c’è stato mai nessun soggetto in grado di monitorare, organizzare e talvolta censurare le conversazioni di due miliardi di persone.È così pervasivo e influente lo strumento, che nei recenti attentati in Sri-Lanka Facebook è stato chiuso per evitare che l’odio dilagasse e coinvolgesse tutto il Paese. Nel 2017 lo stesso Zuckerberg ha dichiarato di aver personalmente cancellato messaggi di odio tra musulmani e buddisti per l’evidente ragione che avrebbero portato a scontri tra i due gruppi religiosi. Ha fatto benissimo, naturalmente, ma chi al mondo ha un potere analogo?La chiave di tutto è il modello di business di Facebook, così come degli altri grandi player del digitale, cioè catturare l’attenzione degli utenti. La guerra, leggera e feroce, che si combatte fra social media, televisione, giornali, libri e che coinvolge l’intera vita privata e professionale, è proprio sul tempo, su chi riesce a trattenere di più l’utente sul suo media.Oggi l’utente medio di Facebook, aggiungendo Instagram, passa oltre un’ora sulla piattaforma: una quantità immensa per un solo attore. Infatti, per superare l’ora media di attenzione dovremmo mettere sull’altro piatto della bilancia tutta la televisione nel suo complesso, perché nessuna singola trasmissione tiene incollata la gente tutti i giorni per almeno un’ora in una percentuale di popolazione così elevata. "   [...]  continua