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Giiornale fondato da Roberto Sinico

Editoriale

 

La Questua è nata con il proposito di chiedere ala nostra comunità di fare le cose che non si possono non fare. Ora, dopo un anno di attesa e di silenzio, abbiamo capito che con l'ipocrisia e l'egoismo individuale imperanti, dal pacifico chiedere non si ottengono nemmeno briciole. Parlare al cuore ed alla morale delle persone non è più possibile, al punto che nella stessa cultura la solidarietà è considerata un concetto, nenanche un valore, irrazionale. Allora, dopo il dolore, la delusione e l'attesa, ora solo una via è possibile: la politica del non fare

 

 

SCUOLA

 

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La Questuanalisi

 

L'analisi di Fausto Bertinotti  

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La palla contro il muro

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   Il lettore si ritrova in una duplice dimensione leggendo la storia di Luca. Da un lato si identifica con i personaggi e soffre vivendo la drammaticità irresolubile del conflitto, dall'altra tale conflitto è causato da sciocchezze quotidiane abissali, normalmente costanti nella cultura contemporanea,  che i personaggi non avrebbero messo in campo se avessero letto questo libro.

 

Il Film

 

Babel

Babel mette in scena i destini globalizzati che si incontrano in una situazione senza controllo, con effetti a catena. Drammatico il colpo sbagliato di un bambino che si trova in un attimo i fari del mondo puntati nela sua innocente e pura colpa

 

Babel è il  film di Alejandro González Iñárritu

 

"Non è necessario perdersi nel deserto marocchino o essere nel centro del quartiere di Shibuya per provare la sensazione di sentirsi soli". Alejandro Gonzales Inarritu

Scritto insieme a Guillermo Arringa, il film vuol mostrare quanto siano vulnerabili e fragili gli essere umani.
Il film si sviluppa in una narrazione ad incastro, nella quale il montaggio assume un'importanza fondamentale: in Marocco due bambini stanno giocando con un fucile. Per errore parte un colpo e il proiettile ferisce una turista americana su un autobus. La donna è in vacanza con il marito per cercare di superare lo choc della morte post-parto del loro terzo figlio. La donna è ferita gravemente e l'emorragia non si vuol fermare. Dato che si trovano in pieno deserto ed è impossibile anche solo tentare di raggiungere il più vicino ospedale, la guida porta la donna nel villaggio natale e la affida alle cure di un veterinario. A San Diego la tata dei figli della donna ferita deve partire per il Messico per partecipare al matrimonio del figlio; sapendo del ferimento della donna, decide di portare con sé i bambini. A Tokyo una ragazza sordomuta cerca di superare il trauma del suicidio della madre seducendo ogni uomo che incontra. Il regista utilizza l'imprevedibilità della vita come pretesto per smascherare la difficoltà umana nell'accettare la solitudine. Nella Bibbia si racconta che un tempo, gli uomini per rivaleggiare con Dio, costruirono una torre altissima cercando di raggiungere il cielo. Dio, arrabbiatosi, li punì per la loro superbia facendo sì che ognuno di loro parlasse una lingua differente. Nonostante il titolo del film abbia un significato simbolico, la difficoltà linguistica è un vettore con il quale il film parla d'immigrazione, difficoltà di coppia, amore paterno, educazione e tolleranza.

 

  

 

 

 

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La Sinistra dei Valori nel panorama politico contemporaneo

Post n°8 pubblicato il 25 Maggio 2008 da la_questua

                                                            Trieste, 24 maggio 2008

Alla Sinistra dei Valori

     In questi ultimi tempi il dialogo interno è stato infuocato, con un linguaggio diretto, senza mediazioni concilianti e spesso sentivo il bisogno di intervenire per spegnere alcuni fuochini. Qualcuno mi ha manifestato preoccupazione per il clima interno di tensione e divisione, con affermazioni a volte, come si dice, sopra le righe. Ad una lettura, però, meno di superficie, ho sentito una forte passione e preoccupazione per la vita del nostro movimento e le idee proposte, di alto profilo e complessità, mi hanno fatto riflettere a lungo. Per riepilogare la nostra storia avevo cominciato a scrivere un documento per spiegare ai nuovi il nostro percorso, che parte in IdV, s’individua con la nascita della corrente interna “Sinistra IdV” il 29 settembre 2007 (il comunicato stampa nazionale che dava inizio alla corrente interna sociale, la “Sinistra IdV” è in qualche modo il manifesto originario di SdV. In esso, vi è una critica del neocapitalismo liberista, ed una denuncia dell’abbandono della battaglia morale-legalitaria di IdV per renderlo “buono” e giusto. Con esso si chiedeva il congresso nazionale per cambiare la collocazione IdV, a sinistra del PD); prosegue con la scissione del 20 gennaio 2008 a Bologna e la costituzione del Movimento “Sinistra dei Valori” (la nascita di SdV significa l’abbandono della speranza che la battaglia moral-legalitaria possa ottenere l’obiettivo di rendere il capitalismo umano. Vi è anche, nella sofferta decisione, la consapevolezza che tale battaglia non è più comunque la prerogativa politica di IdV e deve essere proposta e valutata a sinistra nel rapporto radicalità-riformismo. La sinistra non violenta crede che la difesa dei diritti di una parte o categoria non significa automaticamente il rispetto dei diritti universali. Chi difende anziani, malati, bambini? I sindacati? Serve dunque una nuova solidarietà illuminata, la coscienza che se difendo le condizioni di vita dell’anziano nella casa di riposo difendo anche me precario e il lavoro. Questa battaglia non si può fare più in e con IdV, perché il partito di Di Pietro si scrolla di dosso il sociale, lo stare vicino ai bisogni delle persone, per occuparsi della battaglia legalitaria dall’alto, per purificare il sistema, ma tale battaglia, in attesa che si compia, fa i morti sul campo); arriva all’oggi con la decisione di formalizzare la Carta d’Intenti, lo Statuto, l’Organizzazione politica, le scelte e le modalità per conseguire i nostri obiettivi che troveranno una più definita e specifica definizione nel programma politico. Ora inizia, con l’arrivo degli ultimi contributi analitici, il lavoro di sintesi, per produrre il documento finale da discutere ed approvare. Indico le modalità con le quali procedere individuando alcuni elementi essenziali che ci possono guidare in questa sintesi. Cerchiamo in questi giorni di produrre eventuali interventi in funzione di tale obiettivo. Anzi, se sarà necessario formulerò al gruppo alcune domande specifiche sul testo, che a questo punto spero di definire per il 31 maggio. Per rispondere a Franca, che giustamente chiede lumi sulla data dell’incontro, e avendo considerato la proposta di Antonino di farlo il 7 giugno, nell’ottica di non arrivare a ridosso delle vacanze estive ed uscire magari con una conferenza stampa più seguita a livello nazionale, devo comunicarvi che quella data mi è impossibile. Inoltre, sarà bene avere qualche giorno in più per stabilire lo Statuto e l’organizzazione. Sulla Carta d’Intenti, quella ridotta da Franca e Giuseppe, non ho letto grosse perplessità o contrapposizioni. Sulla sostanza credo ci sia accordo. Ci sono alcune enfasi da sottolineare maggiormente ed operare forse piccole correzioni al testo. Abbiamo lavorato sulla forma ed in questo senso mi piace il lavoro di Stefano che non lo stravolge, ma gli conferisce una sorta di passione propositiva. Dunque, metterò a confronto, la carta D’Intenti discussa, con quella di Stefano, prestando attenzione che le enfasi peculiari nostre, il nostro quid differenziale, che crea un’identità autonoma, non sovrapponibile a quella di altri movimenti o partiti e perciò originale e degna di avere un senso nel panorama politico, siano evidenti. Inoltre c’è ancora sul tavolo il maxi documento prodotto da Pierpaolo che contiene un’analisi ed una proposta da esaminare in sede di formulazione del programma e mi pare che sulla Carta d’Intenti aveva dato l’OK. Dall’approvazione in poi, chi si iscriverà, sottoscriverà il nostro enunciato. La questione successiva e non meno importante è il nome e quindi il simbolo (vi sottopongo una proposta inviatami da Antonino in allegato). Ognuno di noi può avere un’idea, ma la cosa importante e che il nome condensi nella sua semantica alcuni riferimenti o significati fondamentali. Il nome sta per e deve risultare chiaro. Deve dire chi siamo, cosa siamo, da dove veniamo. Poi viene l’aspetto psicologico, quanto il nome può attrarre o respingere, ma secondo me tale aspetto non deve subordinare il primo. Il movimento deve avere un senso generale (visione del mondo, scelte politiche ed obiettivi reali fondati su un’identità ideale). Noi abbiamo alcuni elementi di originalità e ben vengano modi nuovi di agire ed attrarre, luoghi nuovi della politica, a patto che i bisogni non vengano stravolti dall’alto, da una politica nuova che dice per esempio in modo raggirante “il lavoro flessibile e precario è un’opportunità, basta con i vecchi schemi del lavoro sicuro”. Provo a declinare gli elementi di originalità. La fiaba del gabbiano è una descrizione metaforica del funzionamento perverso del capitalismo. In essa, togliendo gli aspetti poetico-retorici, si parla di un gabbiano che constatando che ad un bambino si nega il diritto ad un’istruzione pari agli altri cerca di capire dove stiano le responsabilità. Gli enti che interpella, si giustificano dicendogli che per rispettare quei diritti mancano le risorse e questa mancanza dipende da un ente sovraordinato. Procedendo in verticale, con continui rimandi, il gabbiano si accorge che la responsabilità si disperde in un –ismo, nel sistema cioè, che per funzionare deve sacrificare, scaricare una parte, quella debole, che via via si ingrandisce sempre più, sotto le voraci spinte della competitività mondiale. Da qui allora, la scelta politica del gabbiano, quella di tornare vicino a quel bambino per cercare con l’aiuto e l’illuminazione delle altre coscienze, di aiutarlo, sulla spinta, non di un’ideologia, un -ismo che combatte con un -ismo, ma della responsabilità civile e morale della comunità e delle persone che la formano. Non l’ho scritta a caso, per creatività letteraria o sfogo personale. Attraverso una metafora, indicavo come intendevo il modo di far politica, da dove venivo, per chi ed a difesa di chi mi battevo. Il simbolo del Gabbiano è libertà, ma nella fiaba il gabbiano capisce che non è libero veramente, se non difende il bambino in difficoltà. Capisce che la democrazia lo prende in giro, rinviando le sue richieste ad un ente democratico sempre superiore, in una sorta di matriosche democratiche che in realtà ingabbiano la libertà del gabbiano. Capisce che è solo, ed invoca gli altri sperimentando che la solidarietà è una bella parola usata per i discorsi di circostanza ma non è sentimento ed impegno reale ormai tra le persone. Ognuno compete contro l’altro, in una guerra subdola per la sussistenza di vita in basso e generalmente solo per la ricchezza e crescita economica infinita, non curante dei costi umani in alto. Egli invoca e chiede aiuto agli altri gabbiani e qui nasce “La Questua”, cioè il rivolgersi alla responsabilità civile e morale delle persone, al senso umanitario, in antitesi all’individualismo egoistico, attraverso la denuncia di fatti nascosti, gravi ingiustizie sociali, violazioni dei diritti umani fondamentali, fatti non più guardati dalle persone, non più sentiti come fonte d’indignazione dalla gente. La Questua (da fastidio perché il messaggio profondo induce a dare ascolto ed impegno a chi non vuole darlo) rappresenta una modalità nuova di affermare i diritti umani e civili perché viviamo una situazione storica in cui non si può fare appello a lotte forti, a battaglie ideologiche. Mancano, in questo senso, unità e coesione popolare (l’unione fa la forza) dopo anni di divide et impera, di condizionamenti sociali prodotti dalla comunicazione controllata di massa che inducono alla disgregazione delle personalità, delle famiglie, dello stato sociale e di un’educazione martellante al consumismo ed all’individualismo egoistico ed edonistico più sfrenato. Ora, questo modello liberale, fondato sui consumi, non risponde più alla crisi di senso ed al crollo delle sicurezze sociali, che si traducono in una generale precarietà della vita dei ceti medio-bassi (ahimè esistono ancora le classi, di nuovo una società divisa in ceti dove trionfano i medioevali castelli delle signorie private, le multinazionali, guidate dai moderni cavalieri, i managers). E’ tornato a livello pubblico l’uso istituzionalizzato della categoria “povero”. Si tratta, allora, di fare appello al senso morale delle Persone che deve tradursi in regole per tutti, l’Etica. E’ facile ottenere risposta? No, perché le persone con la pancia ormai vuota non si occupano di anziani bambini, precari, disabili, pensionati, poveri, immigrati, diritti, solidarietà, pensano prima per loro e cosi facendo, con effetto boomerang, peggiorano ulteriormente la loro condizione, favorendo il dominio della classe ricca del paese. Ed invece la difesa forte dei diritti dei disabili, per esempio, non è una politica parziale perché solo attraverso la lotta per i diritti universali si riesce a tutelare tutti gli altri Perché La Questua abbia senso ed ottenga risultati, dobbiamo essere in tanti e dunque servono i Valori per infondere nelle coscienze la motivazione forte a lottare per i diritti umani e per la giustizia sociale. I Valori. Questo è il riferimento che indica la nostra provenienza e il nostro fondamento ideologico (non parlo di ideologie, quelle storiche, che sono oggi vissute grazie alla manipolazione comunicativa come un male assoluto, veleno mortale). Cosa sarebbe un partito senza un minimo di ideologia? Un’azienda, come Forza Italia. Spesso, quando militavo in IdV, mi sono chiesto come hanno deciso per questo nome. Forse Di Pietro intendeva cose del tipo “i sani valori di una volta” o “l’Italia dei cittadini per bene”. Per me, invece, definire un partito e fondare la sua azione sui valori, cercando di infonderli nella società, significa capire se esistono valori indiscutibili o se invece essi hanno, come dice Weber una natura soggettiva e dunque relativa. Infatti, come si nota nella discussione, c’è chi pensa ad elencarli, a metterli in fila in una gerarchia che produrrà sempre un’azione parziale dimentica di alcune istanze, fossilizzata su altre, quello che è successo e succede in IdV. I valori sono relativi. Bisogna allora dare loro un fondamento certo, vero. Scrissi anni fa, per questo, il Valore dei Valori. Sembra un paradosso. Come posso fondare i valori ideali e relativi su un valore? Dissi: i valori hanno valore se si incarnano nella situazione umana. Qual è questa situazione? Bisogna viverla guardarla in faccia e allora, come dice Levinas (filosofo contemporaneo francese post-ideologico), se guardiamo gli occhi di un bambino che soffre (o gli occhi delle persone che non vivono bene) siamo istantaneamente chiamati ad avvicinarci ed ad aiutarlo. Oppure, possiamo girare lo sguardo e, nell’indifferenza egoistica e cosciente, occuparci non di lui ma del sistema che ha prodotto la sua sofferenza (sempre meglio che non occuparsi per niente). Nascono così gli “ismi”, tutti ormai superati storicamente in quanto gli uomini li hanno fatti fallire con comportamenti politici non adeguati, tranne uno: il capital-ismo che si avvale, per produrre gli orrori sociali ed ambientali che è difficile non vedere, della democrazia liberale. Questi concetti vengono espressi nei documenti fondativi di ogni partito. Se però noi intendiamo definirci sui valori, allora l’utilizzo personalistico della democrazia produce il relativismo dei valori (si affermano quelli sostenuti dai più forti) e la nobile idea di libertà diviene la legittimazione teorica al perseguimento dei “propri valori” senza preoccuparsi se nuocciono agli altri o se sono fondati. Per evitare che democrazia e libertà degenerino in potere di chi ha in mano la comunicazione plasmando a suo piacere le coscienze, ed in libero arbitrio qualunque, la società deve darsi regole etiche, serve l’etica. Ma, chi le scrive, ed in forza di quale autorità che si giustifica con un perché certo? Abbiamo bisogno che l’etica sia sostenuta dalla ragione certa. Io, in forza degli occhi di quel bambino e della perdita di dignità dell’anziano, autorizzo la ragione a postulare i relativi valori e i conseguenti diritti. Serve però una sensibilità che si forma non su Canale cinque, ma dalla frequentazione della vita di tutti i giorni nelle sue dinamiche profonde e la volontà forte a porre rimedio alle ingiustizie constatate e verificate senza dubbi o veli che moderano i problemi e che rendono moderate o parziali le soluzioni a tali problemi. Per esempio (ce ne sono moltissimi) se un anziano può andare in bagno all’ospedale con un aiuto ed invece viene costretto a letto con il pannolone, per "esigenze” di servizio, quanti si indignano ed aprono una battaglia politica comunicando il sopruso alle persone che li circondano? Se un bambino disabile si vede dimezzate le ore di sostegno senza spiegazione alcuna, o si gioca sull’effettiva entità del suo handicap per non dover erogare un servizio più costoso (i giochetti a ribasso dei managers che premono sui professionisti del campo ad accettare ed a credere all’idea che mancano le risorse) chi si indigna al punto di scendere in piazza? Beh, si dice, che rompiscatole questi comunisti, che si arrangino le maestre. Se bisogna fare una discarica ed una madre (Annozero) esprime la sua forte preoccupazione per la salute dei suoi figli, che fa Di Pietro? Dice che da qualche parte bisogna pur farla! (Perché non cominciamo da casa sua?). E’ facile così risolvere i problemi, usiamo la forza militare e l’autoritarismo politico con il consenso molto tacito di un popolo ipnotizzato che spera non in se stesso ma nell’uomo dei miracoli. Perché non si accolgono le istanze sofferte della signora e non si cerca di fare il possibile per evitare tale insicurezza di vita, invece di imporre con mano destra un obbligo e un sacrificio di qualcuno per il bene di tutti? La logica del Capitalismo è in fondo il sacrificio. Affinché qualcuno gioisca un altro deve soffrire e, chi soffre, deve competere per gioire (a volte se parte da una base inferiore quando vince non ha più tempo per gioire od accettare la sua condizione. Deve sposare il figlio del ricco, non essere tutelato da diritti sanciti dalla Costituzione e dal senso di umanità che per fortuna risiede anche in questo mondo in qualche pertugio o recesso nascosto. Questi esempi e dunque queste battaglie rivendicative che ci proponiamo, costituiscono, seguendo logicamente il percorso ideale che abbiamo prodotto sin qui, il nostro quid identitario originale, unico nel panorama politico presente. Dopo di che, forti su queste istanze (radicalità), dobbiamo parlare ed occuparci anche di economia mondiale, di politiche energetiche, di mercato, di istituzioni, di lavoro ecc. (riformismo). Mi è molto piaciuta la definizione di Giuseppe : ”riformisti radicali o radicali riformisti”. (Ecco, forse, la butto li) per spezzare la nostra dialettica interna che ci vede un po’ divisi sul nome, questa potrebbe essere la soluzioni giusta: Sinistra Radicale Riformista. Dobbiamo per forza, dunque, stare da una parte, dalla parte delle Persone che subiscono il non rispetto dei diritti umani fondamentali, convinti della formuletta “fare le cose che non si possono non fare” come risposta al mero fare senza oggetto, tipico della destra liberale e del centro riformista puro. Quindi stiamo a sinistra e siamo mossi dai valori che producono e sospingono la nostra azione a realizzarli come diritti che devono essere rispettati in forza della legge, ma siccome questa non basta, perché può essere aggirata (lo è anche dalle stesse istituzioni statali) serve l’Etica, complesso di regole di comportamento oggettive, realizzate da un impulso morale soggettivo, che significa empatia e solidarietà con ciò che vive l’altro, il mio prossimo. Se democraticamente il popolo a maggioranza decide che è bene costruire in ogni città un casinò per promuovere il gioco di azzardo, noi Sinistra dei Valori accettiamo questo acerbo frutto della democrazia? Il nostro nome, allora cosa deve esprimere in estrema sintesi? Il consiglio di Mirco che dice aspettiamo, mi trova in linea, ma intanto noi il nome lo abbiamo, non possiamo in questa fase non chiamarci e chi ci consoce ci chiama così. Cercando di comporre le proposte sul nome credo che i concetti esposti da Salvatore ed Enrico sono contenuti nella Carta d’Intenti, ma non costituiscono il quid differenziale di SdV. Antonino propone di invertire l’ordine “Valori a Sinistra” Giuseppe, Mirco, Filippo, Pierpaolo, Antonietta, Stefano mi pare, contradditemi se sbaglio, propendono per SdV, Franca ed Antonino, hanno una preoccupazione: con SdV, emerge che siamo i ribelli o la diaspora-esodo del partito di Di Pietro. Io dico: è vero, non possiamo negarlo, ma abbiamo dimostrato che IdV ha cambiato natura, ha snaturato il progetto, perciò siamo usciti. SdV è un’altra cosa, ma non si priva per questo delle buone cose offerte da IdV. Stiamo però su sponde opposte o diverse, con una diversa visione di Etica e Solidarietà. Il bersaglio attuale di Di Pietro ( vedete come si continua a citare il leader per il partito ed ha ragione Rita quando dice a lui non serve il nome, ma noi questa forma di personalismo politico, il metterci nella mani dal capo salvatore non lo vogliamo, siamo collettivisti e crediamo nella forza del gruppo) è Berlusconi e le sue ruberie, benissimo. Noi, invece, intanto che lui combatte giustamente questa anomalia non da poco con conseguenze forti sul benessere del popolo (purtroppo il centro attuale PD non ha fatto molto per togliere questa iattura ma se la sono presa piuttosto con i pensionati, i lavoratori, i servizi sociali ed assistenziali, in una parola i poveri) consideriamo l’etica, i valori, al servizio delle persone. Lui in verticale, noi in orizzontale. Il nostro movimento ha una storia e tutti i partiti nascono dalla storia. Mi pare che noi abbiamo l’ambizione per nulla biasimabile di creare un soggetto politico generalistico e complessivo, che dia una visione del mondo, un’idea di società ed un senso alla vita dell’uomo. Non siamo un movimento particolaristico che si batte magari nobilmente, per un problema soltanto: in questo caso scegliere il nome è semplicissimo. Ho avuto un contatto molto intenso con il “Movimento per l’Infanzia”, che potrebbe spero essere una nostra componente, il quale o diventa il partito dei bambini o deve svolgere una funzione meramente culturale nel contesto sociale, per illuminare le coscienze con il valore della tutela assoluta dei bambini. Il nostro movimento deve contenere (oltre alle altre) queste istanze ed essere lo strumento politico per affermarle in sinergia con il lavoro di acculturazione e sensibilizzazione a questi temi della gente. Le persone dormono oggi e come diceva bene Pierpaolo come si può stimolare un popolo disunito e in difficoltà di sussistenza quotidiana a lottare per l’onestà, la solidarietà, il pannolone ed i servizi scadenti, le scuole che cadono a pezzi? Pierpaolo lo ha detto in un momento di pessimismo pasoliniano (non c’è più nulla da fare), ma noi dobbiamo e vogliamo provarci ad invertire la tendenza al baratro. Non sarà facile ma il fermento argomentativo che si è concatenato in questi giorni tra di noi, producendo un’articolata e ricca gamma di proposte, è il segno che ognuno in cuor suo sa che non stiamo scherzando e che SdV è. Ho pensato a lungo al nome, per provare a cambiarlo, considerando la volontà espressa da qualcuno di noi, ma non ho sentito promanare quel nome nuovo che fa saltare sulla sedia e che fa dire istantaneamente, a tutti, si! Abbiamo paura, definendoci “Sinistra” di essere abbinati alla sinistra comunista, quella dei veti (però quando ci vuole ci vuole), massimalista, ideologica. Abbiamo paura che la parola “Valori” ci segnali come dipietristi mancati. Però l’unione dei due termini nel sintagma SdV, ha qualcosa che toglie i connotati negativi dei due termini isolati. Inoltre fare politica significa anche esprimersi, mi pare, esprimersi agli altri e noi dovremo saper spiegare perché ci chiamiamo in quel modo. Per esempio Sinistra italiana come si spiega? (MSI no eh!) Democrazia libertà solidarietà e centralità della Persona sono concetti forza della presentazione di Forza Italia e PDL, PD, IdV, UDC. Capirai che bel servizio stanno facendo donne e uomini di questi partiti ad ideali per i quali l’umanità precedente si è battuta ed è morta! Li stanno svuotando di significato come è successo per la parte buona e costruttiva del comunismo. Dunque, il Valore dei Valori è il vivere mettendosi nei panni degli altri. Nasce una battaglia politica di parte, dalla parte delle Persone. Questa battaglia è articolata in un programma che ha la pretesa di risolvere i problemi, di produrre giustizia sociale in base a diritti che promanano dall’azione che fa vivere i valori. La carta d’Intenti esprime ciò e il nome deve essere l’estrema sintesi, senza pensare troppo al marketing politico. Il nome raccoglie persone che appartengono: siamo noi. Siamo noi che dobbiamo agire per far vedere cosa vogliamo e dobbiamo fare. Sarà questo il miglior marketing politico, non il chiedere alla gente cosa vuole e poi inserirlo nel programma come promesse per ottenere consensi, quasi fosse la vendita di un prodotto che rende. Politica deve essere proposta al servizio di un popolo e per il bene delle Persone concrete. Il bene comune non è più concetto controllabile, non esprime un chiaro riferimento a quello che si deve fare. Mirco ha detto una cosa concreta nel suo scritto. Io lotto e lavoro sul campo direttamente a stretto contatto con gli anziani. Per loro dunque mi batto quando riducono le risorse destinate giustamente alla loro assistenza: mi associo sul tema degli insegnanti di sostegno ridotti. Elenchiamo gli altri problemi e partiamo da qui nei comuni. Nessun altro partito va in televisione e dice che si sono ridotte le cure. Dirlo sarebbe amorale o non etico ( Giuseppe non credo che tu sei amorale, dovremmo spiegarci su questa parola). Non dirlo e farlo senza che nessuno speriamo se ne accorga o non abbia la forza per denunciare, può passare. Come dice Brunetta, una volta che i lavoratori avevano “metabolizzato” la scalone, accettato la pesante riforma delle pensioni che le dimezza e costringe magari a pagare le assicurazioni private, non si doveva più parlarne per non stuzzicare can che dorme. Ecco la dimostrazione che i lavoratori vanno fregati con il latino e le furberie metabolizzanti. Da qui, dalle ingiustizie concrete, a partire dalle più locali per arrivare a quelle nazionali, radicandoci progressivamente porta a porta (non il programma di Vespa), noi dobbiamo lottare con le nostre bandiere!. Non logoriamoci sul nome. E’ la cosa più difficile. Quando arriverà l’idea buona, il nome, non ci sarà bisogno di votare, credo. Qualcuno inserirebbe la parola Solidarietà ma oggi questa sembra esprimere purtroppo un interesse distaccato, tanto che Di Pietro parla ormai di IdV come partito liberale con forte attenzione alle fasce deboli, come dire, solo attenzione. Senza che arrivi e si crei ancora ricchezza, per loro unico strumento (a me pare che ci sia già), non ci può essere visione e condivisione reale della sofferenza e dei bisogni delle Persone. Da parte mia alternative possibili da valutare sono: Partito Radical-Riformista Partito dei Poveri Sinistra Etica Ma, credo fortemente che adesso siamo SdV e in nome suo dobbiamo costituirci. Successivi Congressi potranno modificare con il consenso democratico questo nome. Siamo la Sinistra dei Valori e i valori nostri non sono gerarchizzati ma si tengono tutti assieme. I quattro esposti nella carta d’Intenti proposta, credo esprimano in sintesi i nostri Valori. Per esempio competere per vincere (magari barando) non è nostro valore, non è un valore etico, ma un valore economico. I valori etici sono quelli e basta, non si può sbagliare. Scusatemi la lungaggine locutoria che forse esula in questo momento dal mio attuale ruolo di sintetizzatore, ma prima di partire con il lavoro sulla materia, avevo bisogno di riunire le idee che avete proposto in modo spesso rapsodico, ma tuttavia con un impegno encomiabile, fortemente energetico per il nostro gruppo, per crearmi una cornice che contenesse tutte le ansie e le aspirazioni che muovono la nostra passione politica. Vorrei che si iscrivessero al gruppo anche Matteo Segafreddo che mi ha inviato una proposta che vorrei recuperare come patrimonio anche tecnico per il nostro gruppo, Walter Bianco che in qualche modo sentiva con noi le nostre istanze ma non condivideva il nome sinistra, Renato Pigliacampo, che stimo molto e che mi ha dato negli anni di IdV un esempio di grande forza rivendicativa dei Diritti delle Persone disabili. Mi sono già messo al lavoro recuperando i vostri emendamenti e per ognuno di questi, che sia inserito o no, credo ci sia una spiegazione logica che può soddisfare. Non vediamo nella contrapposizione interna un aspetto negativo, di differenza. Chi ha aderito ad SdV lo ha fatto perché ha sentito qualcosa di molto vicino o meglio un movimento a lui interno che lo ha attirato. Spesso ci ripetiamo che siamo una piccola cosa, che non sa ancora cosa sia, ci facciamo un po’ del male anche. Stiamo uniti e vicini in questi giorni, raccogliamo i frutti della nostra fatica, perché abbiamo costruito insieme un piccolo grande amore. Un grande abbraccio a tutti

                                                               Roberto Sinico

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