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Sulle orme di Filippide


Questa volta Milziade ha cambiato ruolo: da strategos  è divenuto un emerodromo, come Filippide che nel 490 a.c. ha percorso la strada da Maratona  ad Atene. Tutti saprete della famosa corsa fatta dal messaggero Filippide che nel 490 a.c. ha corso dalla piana di Maratona sino ad Atene per annunciare alla città la vittoria dei greci sui persiani. Nike Nike!! Furono le sue ultime parole e poi' spiro'.L'8 novembre del 2009 ho avuto l'onore di correre la mia quarta maratona su quel tracciato per giungere infine allo stadio Panatinaiko di Atene, tagliando il traguardo. E' stata una corsa faticosa, anzi,  la piu' faticosa tra quelle che ho fatto finora.Tanti km. in salita già poco dopo la partenza ed una discesa dopo 32 km. che ha dato il colpo finale alle gambe ed in particolare ai muscoli che gridavano ad ogni passo e che tentavano di contrarsi violentemente in crampi.Non è facile descrivere quelle sensazioni: una specie di dolore diffuso che si fonde alla stanchezza ed alla mente che non riesce a sorreggere lo sforzo di andare avanti. Ho dovuto rallentare e camminare a passo spedito più volte per non bloccarmi del tutto. Non ero solo in questo tratto che è stato un piccolo calvario. Molti atleti hanno subito effetti ancora piu' gravi dei miei ma non ho visto nessuno rinunciare del tutto. Nessuno rinuncia al traguardo.Gli sguardi sono sofferenti e allucinati. Gli occhi fissi in un punto lontano sulla strada,le bocche sono aperte piu' per la stanchezza che per la fame d'aria.Pero' non si molla, si va avanti.Alcuni sono ancora in forma e avanzano spediti verso la fine. Li vedo passare e passarmi vicino ma non mi rammarico, faccio il tifo per loro come loro fanno il tifo per me quando m'incoraggiano. C'è solidarietà tra tanta fatica,  la rivalità piu' acuta passa in secondo piano tra chi come me sa che non vincerà mai una corsa di questo tipo.Le molte migliaia di partecipanti ad una maratona non vanno per vincere o per riscuotere un premio o per ottenere un riconoscimento che si possa "vendere" Lo si fa per potersi dire nell'intimo "anche io ce l'ho fatta!"  e sentirsi orgogliosi.Manca poco al traguardo. Lo si nota dalla gente che è sempre piu' numerosa ai bordi della strada e fa il tifo.Percorro una ripida discesa con i muscoli delle gambe che sembrano storditi da quell'ultimo sforzo. Una curva a sinistra e vedo davanti a me le gradinate in marmo dello stadio. Mancano ancora un centinaio di metri.Prima di entrare faccio attenzione a passare su delle pedane che sono state messe per superare senza traumi piccoli dislivelli che potrebbero far venire dei crampi improvvisi e far bloccare la corsa.Sto per giungere sulla pista nera....La testa si svuota e la fatica molla la presa, sento le grida della gente, vedo il traguardo in fondo ed in alto i 5 cerchi olimpici. Accellero l'andatura ma vorrei trattenere quella sensazione e fermare il tempo. Vittoria, liberazione, entusiasmo, forza, gioia, commozione, orgoglio si fondono negli ultimi cento metri insieme alla storia e alla leggenda. Vorrei  non finisse mai, ma non puo' e non deve essere cosi',  sarebbe troppo bello.Passo oltre il tappeto rosso che funge da traguardo e che registra il mio tempo reale in poco piu' di 4 ore.Sono ancora sospeso e inebriato. Mi guardo intorno tra i tanti puntini barcollanti,  ci sono anche io con la mia felicità unita a quella di tutti quelli che arrivano. Il sorriso è spontaneo e non manca a nei volti degli spettatori e degli atleti. Dentro di me poche parole che si ripetono: "ce l'ho fatta!!!". E cosi' 42 km. e 195 metri passano già al ricordo per fare il posto ad un'altra sfida.