La tua amica banca?

Draghi alle banche: "Il tempo stringe risanatevi subito".


Il governatore di Bankitalia preoccupato per la mole del debito pubblico e privatoSTEFANO LEPRIINVIATO A HORSHAM (Inghilterra) Mario Draghi ammonisce i grandi banchieri del mondo: fate presto a rimettere in ordine i bilanci prima che i tassi di interesse risalgano. Al convegno sul futuro della finanza organizzato dal quotidiano Usa Wall Street Journal di banchieri multinazionali ce n’erano parecchi, e non benissimo disposti verso le nuove regole che il Financial Stability Board, l’organismo presieduto dal governatore della Banca d’Italia, ha il compito di scrivere. Lui è stato cortese, ma per nulla remissivo. Uno dei discorsi più ripetuti della giornata, era stato che sì, va bene, le regole per evitare una nuova crisi si devono fare, ma senza soffocare l’«innovazione finanziaria». Poi sul palco è salito qualcuno a dire «il re è nudo»: non un bambino come nella fiaba, ma un ottantenne per giunta di altissima statura, ovvero Paul Volcker, trent’anni fa il presidente della Federal Reserve che sconfisse l’inflazione, ora consigliere di Barack Obama. «Portatemi una sola prova - queste le parole del vecchio saggio - che l’innovazione finanziaria aumenta la produttività» ovvero aiuta a far crescere di più l’economia; anzi, attirare verso la finanza i migliori talenti ha forse danneggiato lo sviluppo tecnologico. Draghi subito ha raccolto, con un sorriso: «A modo mio, certo in toni più pacati, tendo ad essere d’accordo con Paul Volcker». E prevede che «in futuro ci sarà molto meno entusiasmo per le novità». Il governatore ha anche respinto la preoccupazione dei banchieri che con le regole si esageri: «Non è il momento per porsi questo problema. Il nostro compito adesso è di fare luce su tutti i rischi del sistema, ed evitare di porre la basi di una altra situazione ingestibile. Solo quando ci saremo riusciti, potremo guardare la questione dall’altro punto di vista». Per giunta, oggi il sistema bancario è, dopo i fallimenti e le fusioni della crisi, ancora più concentrato di prima. Il motivo per fare presto è scritto nelle cose. Al momento, le banche fanno profitti facili perché vengono finanziate dalle banche centrali a tassi bassissimi. Ma «prima o poi i tassi di interesse saliranno», per motivi di mercato a cui non si può sfuggire: «Nei prossimi cinque anni verranno a scadenza una quantità immensa di titoli, cominciando da quattromila miliardi di obbligazioni non-investment grade, ossia di bassa qualità. E poi c’è tutto il rischio sovrano» ossia il debito degli Stati, cresciuto con le misure anti-crisi. Non è questo un segnale d’allarme immediato, spiega poi lo stesso governatore: «Siamo certo in una situazione molto migliore di prima. Mi era stato chiesto quali rischi ci sono adesso, e io ho risposto». Il messaggio è rivolto alle banche; che Draghi invita a non cambiare discorso promettendo miglioramenti alle loro strutture interne o alla gestione del rischio, «ossia quello che sarebbe stato meglio avere prima della crisi». Alla prova, la maggioranza degli intervenuti al convegno del Wall Street Journal sembra aver capito. Un sondaggio elettronico su quali siano le priorità dà al primo posto, come Draghi non poteva che desiderare, rafforzare il capitale delle banche. Al secondo posto si piazza dare più poteri al Fsb. Lui si schermisce: l’organismo che presiede gli va bene così, una struttura centrale agilissima, e il lavoro affidato agli organismi nazionali (governi, banche centrali, autorità di controllo sui mercati) che poi dovranno mettere in pratica le regole. La paura di essere troppo regolati finisce, nel sondaggio, al sedicesimo posto. Al convegno, tenuto nello stesso albergo di campagna del G-20 del marzo scorso, di italiani c’erano Alessandro Profumo di Unicredit e Matteo Arpe di Banca Profilo. Profumo ha partecipato a uno dei quattro gruppi di lavoro, quello su come affrontare il problema delle banche multinazionali «troppo grandi per fallire» discutendone poi i risultati. Secondo Profumo le grandi banche (e Unicredit pare sia nella lista mondiale di quelle di «importanza sistemica») devono «disfarsi delle attività non sostenibili» senza aspettare dal Fsb regole che impongano di spiegare come eventualmente si procedebbe a una liquidazione in caso di grave crisi. L’idea di Draghi è che occorra trovare un meccanismo («come lo abbiamo in Italia, pur se non è il migliore») per proteggere i depositanti senza salvare i dirigenti che hanno sbagliato.