RACCONTI DI ROMA

Pasquino, una statua irriverente


All’angolo di Palazzo Braschi si erge una statua malconcia ma ricca di storia. Sembra che raffiguri Menelao col corpo di Patroclo oppure Aiace col corpo di Achille. Il popolino però, l’ha sempre identificata come Pasquino, il sarto che nella seconda metà del XVI secolo possedeva una bottega proprio nei paraggi. Lui ed i suoi apprendisti lavoravano prevalentemente per l’alta Curia e, con commenti salaci e pungenti, ne giudicavano coloritamente l’operato.In seguito tutte le critiche più irridenti ed aspre furono attribuite a Pasquino ed assunsero l’epiteto di pasquinate. Dopo la morte di Pasquino continuò l’usanza di appendere al piedistallo della statua le sentenze più argute ed ironiche sugli avvenimenti del giorno. Bersaglio prediletto il Papa di turno, tanto che Alessandro VI propose di gettare nel Tevere la statua impertinente. Abbandonò il suo intento solo dopo che una pasquinata lo avvertì che “come le ranocchie, Pasquino avrebbe gracidato ancora più forte nell’acqua.”Tale satira proseguì fino al 1870, anno in cui sembrava risalire l’ultima pasquinata. Nel periodo fascista, però, il vecchio spirito di Pasquino tornò a colpire in risposta all’imbavagliamento della stampa e della radio.Mentre Mussolini esortava gli italiani ai sacrifici per pagare la campagna in Etiopia ed il pane diveniva sempre più immangiabile, un degno emulo del celebre sarto appese una pagnotta al collo della statua di Giulio Cesare con la scritta: “Cesare! Tu che ci hai lo stommico de feroMagnete ‘sto pane dell’impero!”