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Un blog creato da writer_980 il 29/04/2007

RACCONTI DI ROMA

Aneddoti, curiosità e stravaganze della città eterna

 
 

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L'oro di Marco Aurelio

Post n°19 pubblicato il 03 Settembre 2007 da writer_980
 
Foto di writer_980

In piazza del Campidoglio sorge maestoso il monumento equestre di Marco Aurelio. Originariamente la statua si trovava davanti al Palazzo dei Laterani, nei pressi della casa dove probabilmente era echeggiato il primo vagito del futuro imperatore. Non fu mai rimossa da quel luogo per tutto il medio evo grazie all’ignoranza del volgo, convinto di riconoscervi Costantino, il primo imperatore Cristiano.

Da sempre legato alle vicende del popolino, il monumento di Marco Aurelio, fu utilizzato anche a scopi ludici. Nel 1347, infatti, durante una festa in onore di Cola di Rienzo il cavallo fu trasformato in una fontana per gettare acqua e, soprattutto, vino dalle narici.

Il trasferimento da San Giovanni in Laterano in piazza del Campidoglio avvenne nel 1538 per volere di Papa Paolo III. Le suggestioni legate alla statua però non terminarono e fantasiose leggende si susseguirono negli anni successivi. Per esempio, si diffuse la credenza che il ciuffo di peli tra le orecchie del cavallo rappresentasse una civetta, apportatrice del buono e del cattivo tempo.

La statua bronzea di autore ignoto risale all’epoca classica e presenta ancora alcune tracce dell’antica doratura. L’imperatore é rappresentato con la mano destra tesa in segno di pace. Il cavallo é di razza nordica e, secondo la cultura medievale, teneva sotto lo zoccolo anteriore un piccolo barbaro piegato in atto di omaggio alla grandezza di Roma.

La statua di Marco Aurelio é da sempre legata al destino dell’Urbe. Una superstizione popolare prevede la fine della città quando Marco Aurelio “scoprirà in oro”, ovvero tornerà completamente dorato.

 
 
 

La mira della regina

Post n°18 pubblicato il 10 Agosto 2007 da writer_980
 

Lungo la discesa che conduce al viale panoramico di Trinità dei Monti ci si imbatte nella maestosa Villa Medici. Prima del cancello, sulla sinistra, vi é una colonna con un’iscrizione a ricordo di Galileo Galilei, tenuto lì prigioniero dal 1630 al 1633 per ordine della Santa Inquisizione.

In quel periodo la villa era di proprietà dei Granduchi di Toscana. La facciata é rimasta immutata fino ad oggi. Ciò che é cambiato é la fontana antistante il piazzale principale. Originariamente vi era l’effige del giglio di Firenze, sostituito incredibilmente da una palla di cannone. Infatti la regina Cristina di Svezia, in visita a Roma, annoiata dai numerosi obblighi diplomatici, manifestò il desiderio di provare l’ebbrezza di sparare da uno dei cannoni di Castel Sant’Angelo. Come non soddisfare i capricci di una regina?

Ma Cristina, invece di mirare prudentemente verso il cielo, si divertì a sparare all’impazzata ed uno dei suoi colpi sfondò il portone della Villa. Ad eterno ricordo della mira alquanto “erratica” di Sua Maestà la palla fu posta al centro della fontana.

 
 
 

I buchi del Colosseo

Post n°17 pubblicato il 26 Luglio 2007 da writer_980
 
Foto di writer_980

Osservando il Colosseo da vicino si possono notare innumerevoli buchi che costellano la struttura. Secondo la tradizione popolare derivano dal tentativo dei barbari di distruggere l’anfiteatro, simbolo della grandezza di Roma.
Quando gli invasori conquistarono l’urbe praticarono moltissimi fori nelle pareti e li riempirono di polvere da sparo con lo scopo di far saltare in aria il celebre monumento. Sforzo inutile, le fondamenta tennero ed il Colosseo rimase in piedi.
Da lì si diffuse la fama che il Colosseo fosse indistruttibile tanto che né i barbari né i successivi conquistatori osarono sfidarlo (vertici clericali esclusi). Da questo episodio nacque il detto romano: “Finché dura il Colosseo anche Roma durerà” ed essendo eterno il Colosseo di conseguenza è eterna anche la città.
Questa leggenda si basa su un piccolo anacronismo secondo il quale la polvere da sparo era già in uso presso le popolazioni barbare. Secondo un’opinione diffusa tra gli scienziati moderni, la storia non sarebbe così assurda perché il primo ad introdurre la polvere da sparo fu Gengis-Khan, che ne rivelò il segreto ai suoi prodi.
E i buchi? In realtà derivano dalle grappe che i romani usavano nelle costruzioni e che venivano rimosse e trasportate, in base alle necessità, dai vecchi ai nuovi edifici.

 
 
 

Uniti per l'eternità

Post n°16 pubblicato il 15 Luglio 2007 da writer_980
 

É ritenuto il ponte più antico di Roma. Conduce all’isola Tiberina ed il suo vero nome é Ponte Fabricio. Nella capitale però é meglio conosciuto come Ponte Quattro Capi. Una denominazione che si é diffusa nei secoli tra il popolino in virtù delle quattro teste (in realtà otto) riunite nelle due erme di pietra sui due lati del ponte.

Papa Sisto V ha regnato per cinque anni, alla sua elezione aveva promesso la costruzione di cinque strade, cinque fontane e cinque ponti. Uno dei ponti in questione sarebbe proprio questo, anche se già esisteva a quei tempi. Sisto V però lo fece restaurare affidando l’incarico ai quattro migliori architetti di Roma.
Durante i lavori i rapporti tra gli architetti furono tutt’altro che cristallini. Dapprima si generò una grande rivalità, poi antipatia ed infine odio feroce, sfogato con dispetti e sabotaggi.
A lavoro compiuto, Sisto V si congratulò con loro per il risultato e come premio li condannò a morte per il comportamento “poco cristiano” e l’atteggiamento non consono alla loro posizione.
I quattro architetti furono decapitati sul ponte e, a ricordo del fatto, Sisto V fece erigere le due erme quadrifonti con i loro visi.
Ironia della sorte, loro che in vita si erano tanto odiati vennero costretti per l’eternità alla più intima vicinanza.

 
 
 

La Bocca della Verità e le storie di corna

Post n°15 pubblicato il 07 Luglio 2007 da writer_980
 

Nell’area del Foro Boario e della “Statio Annonae” sorge la caratteristica Bocca della Verità, una pietra circolare che rappresenta la bocca di un fauno urlante. In realtà sembra fosse nient’altro che il chiusino (il termine “chiusone” sarebbe più azzeccato) di una cloaca. Però, visto il fascino che ha, si preferisce credere che fosse la copertura del puteale del tempio di Mercurio in cui i commercianti andavano a giurare in sede di compravendita.

Nel medioevo si diffuse una leggenda legata alle bugie. Il sospetto bugiardo veniva condotto nella piazza e costretto ad infilare la mano nella bocca del fauno. Se innocente poteva ritirare la mano indenne, se colpevole il fauno chiudeva le fauci troncando di netto la mano. Le malelingue insinuavano che quando i giudici erano certi della colpevolezza di qualcuno ordinavano al boia di nascondersi dietro e di mozzare con la spada l’arto al bugiardo, aumentando il folclore legato al monumento.
Ovviamente il mascherone ebbe una grossa attività in fatto di corna, in fondo gossip e tradimenti non sono solo una questione dei giorni nostri. La tradizione vuole che per un certo periodo la bocca venisse usata solo per smascherare le adultere, finché qualcuno riuscì ad aggirare il meccanismo.
Una giovane e bella donna aveva sposato un ricco vecchio, ma preferiva sollazzarsi tra le braccia di un coetaneo. Il marito sospettoso la condusse alla Bocca della Verità. Lei però ideò un piano geniale e, con la complicità dell’amante, lo mise in pratica. Poco prima di infilare la mano nelle fauci, l’amante, fingendosi pazzo si staccò dalla folla, prese la ragazza di forza e la baciò con passione. Lei poté così giurare, senza alcun rischio per la sua mano, che oltre al marito e a quel pazzo nessun altro l’aveva mai toccata.
L’episodio fece il giro della città e il mascherone perse gran parte della sua suggestione. Nel 1632 fu collocato nel portico di Santa Maria in Cosmedin su un antico capitello. Dopo pochi anni fu trasferita in un museo, lasciando nel luogo originario una semplice copia.

 
 
 
 

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