Racconti Italiani

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE E POETA MODERNO


LADRO DI SABBIA(concerto in rima 1986 - ’91) LA CHIAVELadro di sabbia,e i sassi raccolsi dal gretoin proda alle cascate…ogni ciottolo un’idea.Li presi con me,da specchio mi fece il torrente:polvere sulla mia giacca di fustagnoe voglia che mi lessi in visodi riscoprire il presente…o prendere al tramaglio- Dio volesse! -i giorni di ieri e di domani.Rete a lungo strascico la Vitain un mare di renalà dove un cannone di cementonon può sommergere i grania volo cieco verso la Follìa!Trepida corsacome ogni fune dietro alla sua vela,scaglia di rupe all’universo,ladro di sabbia a scalare il suo cielo. COS’ ALTRO LA VITA?(favola agreste)"Rimarrà la Vita?"Fu questa la domanda inquieta.E la Quercia,fra i giovani lecci e le piante venute di fuori,parlava in orchestra:ma sudicio e bianco,uscito da insolite bufere,un giovane pioppo(il più alto e più bello)con foga intervennecome ai tempi addietro…:"Donna ritrosa, fiera selvaggia da prendersi a covo,cos’altro la Vita?" Qualcuno degli altri…veloce insinuò le parole…Samàra, la Vergine-olmo,eterea,in ali di mantide pia,fidata al suo ventoe di cielo compresa,umilmente propose,in parlare di foglie…:"Cos’altro la Vita?" Su fuso girevole - disse -una guglia di filo (e un laccio inatteso la stringe)…lei fugge per chine di verdeverso altre sponde lontane(impercettibile filo!)e nella corsa quel filos’inerpica stranosu alberi, muri, scogliere…in nodi ogni tanto s’intriga,ma rapida poi si distriga e si scioglie(un cappio ne mozza il respiro!),le piante, posandosi, imbriglia…i fiori e le fogliea proteggere il creato,e poi si scompone per ricomporsi di nuovoin un’incredibile realtà:l’ordito e il ripieno del Vuoto." Il Pioppo…annoiato commentò:"Banalità prolissa!" -e un leccio si aggiunse a quel coro:"Inspiegabile enimma…l’esistere umano." CONFESSIONE UDITA (al campo dei Cerri)Samàra, la Vergine-olmo alla Quercia:"Tu che sei giovane da secolie incredula ti fingi (anche dell’Ippocastanoche per il campo frascheggia e fa pompa di sétra le foglieda finto suicida…)puoi dirci a chi credi,e se credi a qualcosa, veramente…oppure, superba!…se credi solo a te stessa?"L’Arcavola punta nel vivo,spronata dal Vento,dette un diluvio di parole:"Ecco a cosa credo io,volete saperlo?imbranata gioventù,camporaioli,sterili piante senza fede,oliandoli a riposo…crederei…Io credo alle radiciche in cielo diramano radicie affondano nel fango…agli dei d’ogni pianeta credo…purchè in buona fede,all’altra vita credo,agli eletti…credo al loro dio…mi affido ai mari,al ceppo da cui venni,credo perfino ai manigoldise in tempo si ravvedono…ai più scriteriatise morire seppero…credo agli uomini grandiche piccoli si credono…ai meno previdentiche si affidano…a chi si fa credere al prossimoquello che è…Non credo alle bugìe degli altri(piuttosto alle mie!)…credo all’Impossibileche si fa vero…credo a me stessa(alle Cascate, forse?),alla Malinconia,di guardia alla gioia sfrenata…Perché non credere ai sensi, allora?…che ti avvisano del Bello,della Carità, del Bene…alle cose più tremende credo,veloci e cupe come temporali…credo all’armonia che disaccordo non è…credo alle cose più vive,l’amore, la poesia…alle cose più semplici credo,a voi del campo, alle Spighe…a ciò che amo veramentee ieri ho smarrito per via…Credo a quanto mi resta da viveree amando rivivrò… VAGABONDA FEDE…(magico "epilemma")Vagabonda Fede,se il Nulla può esistere da solo,senza Dio,rinnega l’anima…(in fondo che vale?),ma non tacermi di là dalle tombe la tua veritàper non saper che dire…Piccola o grande che tu sia (nascosta qua e là)…dai la tua voce a un trovatello,ed éi risponderà…Voglio saperlo!…se tu quel giorno a prendermi verraidritta…e in ala di luce senza più ombre,quasi alle soglie d’inattesi cieli…Figlia dell’Indugio non fui mai, vengo da te!…Inganno che mi fai, rovescierò il creato,e un calcio darò a ogni scienza possibile!…Vivere senza pensare (questo il mio "credo"),godere in attimi il vuoto,il mio secondo sangue se ce l’ho,i voli curiosi a cavallo ai pianeti, la mia libertà!…Bigotta, ruffiana!…Ecco cosa sei!…(?…)Perdonami!…Ero gelosa d’ogni cosa bella,odiavo chi spenge di noia la vita,o rovina le città,i boschi, la natura, l’umano progresso…Ben vengano gli altri a corteggiar la Pace,ma chi si fida più? (Ruffiani, bugiardi smisurati!…)Varrebbe il Sole che invecchia e non muore in archi di parabola sul marea spiegarci l’esistere dei mondi, la nascita, la morte?…Oh, la mia storia non finisce qui!Rimani pure, o Fede, a recitar te stessa,l’Ombra carceriera fosti…(e il merito a chi va?…d’essere il Mossiere più unico che rarodell’Immortalità?)!…Il Credere va sulle acque a piede asciutto, vero?…e dai gangheri usciresti, bella mia,se ora ti dicessi: "Non è cosa semplice."Lo scandalo fortifica! E adìrati, o Fede,rivòltati, strabalza, fa’ pure come vuoi…(?….)sott’altro cielo, impiccati!…Ma credo. ALIDÀDA, l’enimma(torneo di liriche 1988)LA CHIAVE Su fondoscena di stelleun uomo qualunque,Beniamino Gaudeamus,volle inventarsi un torneoda empire gli spazi alle nubi.Cavalli…si chiamarono le Idee,salite in gara dal Nulla:immagini, versi, poemiche dessero voce all’infinito.E mèta fu "ALIDÀDA"(in arabo "traguardo", fine).Chi il termine sfiorasseavrebbe colto lassù…l’ambito lauro della Poesia!Beniamino si scelse un padrone(di strada lo prese)che avesse la tempra d’un dio,la spada cingesse,corazza fin sotto le reni…(dio Kappa!…)e nuvole pazze cavalcasseal grido solenne di…"ALIDÀDA"!…simbolo nell’oscurità. AL VALICO DEL SOLLEONESoave Umidità,intrisa d’azzurro e di fresco,pallido genioche salvi dalla calura e dall’astiola terra…e sveleni l’amara Speranza di nostalgie…no, non andartene di qui!…Pigra di sensi,ritròvati!e in margine al fiumesolleva le messiriarse.Vi hanno frodato sul nascere,giovani Spighe,abbandonate al suolo…Avanti che venisse l’Ombrala vita vi toglieste,orripilate!…povere Spighe,rifiutando il mondocome v’era apparso:misterioso, turpe…oscena ballata in controfuga(il Bene col Male)nel perno di macchine avverse.Fatale ironia, controsenso.Chi se non Dio vi permise(voi così belle!)quel lento suicidioal vàlico del solleone?…L’una di seguito all’altra,vergini Spighe,il capo chinaste al destino,desiderando la Falce.Ricordo.Il Mare amavate, lontano…e il fiume era secco.I lidi costieri, e l’acqua morta,indietro vi trattennero…il Cielo di bronzorisparmiò le lacrime…L’orrido ballo in controfugamosse le febbri malsanea ribellarsi a Dio!Fu macabra danza in palude…i vecchi Licheni accusarono se stessi:aveva vinto il Fango,e una lacrima colmò l’Eternità!……………………Finalmente il Cielo pianse,tanto a lungo piansequanto era durato il suo silenzio,la sua pena.E l’Onda ruppe i lidi…soave, beata Umidità!…Per un gesto d’amore, infinito,le Spighe rinacquero ai solchi.E l’Attesa fu come quell’augurein un cielo tutto suo…