Racconti Italiani

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - RACCOLTA DI POEMI ITALIANI MODERNI IN LINEA - MARCELLO MOSCHEN


da Saltata   Saltata. Sono stata saltata. Una seralui parlerà di me,dirà: peccato, non averlamai incontrata,e berrà vino di Franciadimenticando ancorala mia vita.Riderà, raccontandodi altri libri e di donneperdute nell’Oceano.Non mi rimpiangerà.Io che potevo cambiarlala sua vita.Mi ha semplicementeignorata.Ha scorso velocela pagina accanto(il viso infuriato)chiudendo di scattoil libro pregiatoin cui sono nata.*Avrei preferito non essercimai stata.Nel vento che mi apriva(mi inseguiva)inseguivo un’altra pagina(nell’aria)che diventava, come me,una cosa inviolata, non necessaria.*Eppure avrei potuto cambiarela sua storia. Improvvisarla.Dentro di me la gioia, l’intesasibillina che ci salva,dentro di me la vogliadell’attesa (dentro di me)dentro di me la nostra storia.*Dentro di me.*Dentro di me la gioia,la strada silenziosasenza porta.Non andare. Non andare.Non c’era una volta…*Tu insegnavi ai ragazzila follia. Forse per questoti preoccupavi di fingere.Sognavi versi afatici,una piccola libreria da stringere, un sognodi metallo, denso di cornici.Avevi compreso di essereinaudito, di viverecome i suoni delle radicio come il senso della corsadel cavallo, verso il mondoimmenso. Non avevi amici,se non i tuoni e le stanzedove a volte ti creavi,o il giallo furibondonegli occhi di Euridicee la borsa in cui stivavirivolte e danze.Non intendevi essere felice.*A volte sognavi di entrarenella pelle, di entraredolcemente, freddamente.Come la pioggiache scende dentro il mare.Perché come il maresentivi di essere settembre,di proteggere l’odoredell’animale ribelle,sgusciante nell’acqua luminosa.Non chiedevi l’amore. Sognavidi inseguirlo nell’ariasospettosa della terra del Nome,tra i silenzi delle cose,dove un giorno hai dormitocome un colore. […]* Per questo mi sognavi.Mi sognavi distesacome una donna primadell’amplesso. Ero iol’amore? Ero io l’attesa?Ogni volta mi sentividiversa ma mi chiamavi con lo stesso nome.Ero la tua cantina, la tuadiscesa. La tua vita, la tua morte, irrisolta.Così la mattina ti svegliaviin difesa della tua sorte.Del tuo mazzo di chiavi,delle porte che aprivie chiudevi, dei tuoi scaltricolleghi. Mi lasciavi al di là.Come una storia noiosa, come il furto del cuoredegli altri. Al di là di te.Come una cosa.*Come una cosa.Come le cosedel mondo che rimangonocose. Cose ignotee sole. Silenziose.Tu lo sapevi da sempreche io non ero làma nel doloredelle cose, delle cose del mondo che rimangonocose. Io non ero là,perché il doloreè nella pagina pienadi cose, di cose ignotee sole. Silenziose.Tu lo sapevi da sempreche io ero il nomedelle cose, nella pagina infinita e strettasu di sé, come una cosa.Tu lo sapevi da sempreche io ero là, la vitastretta su di sé,la dolorosa[…]*D’improvviso mi sono guardata.Le braccia, le gambesembravano strade.Mi sentivo percorsaed ero nascosta.A me stessa, nascosta,nel ruolo di madre.Ho provato a parlareper far nascere il giuocodi chi attende risposta.Il giuoco carnale, terroso.Infernale.Ho provato a parlare,rintanata nel suolo di venedel mio essere madre.Oh, non ero divisa.Mi sentivo nascosta.A me stessa, sotto le strade.[…]*Era settembre ed iovolevo essere misteriosa.Non una cosasolitaria, una colonnaimperiosa, un diamantenell’aria.Volevo essere mancante.Coperta di pelle,come una donna.Sono enorme ma esitante.Pure volevo essere comeil niente tra le stelleo come il buionelle ciabatte neree gialle.Lei era bella e odoravadi latte e sembravauna mano. Elegantee ribelle. Lei diceva guardale mie gambe comesono buffe, la voceaperta non così rassicurante.Io correvo, correvoero l’erba… Io ero l’erba.Ed io?[…]*Non si sfugge alla pagina scritta.* Vedo intorno gli angolidel foglio e non mi possiedo.*Non so se il mio corpoè una donna,un timido imbroglio,un bimbo confusoin soffitta.*Forse me lo chiedo.*O forse sono iol’inutile risposta?[…]*Dove sarai adesso?Forse esci dalla doccia cercando inutilmentele ciabatte coloratee stai pensandoa principesse distratte,perché è estatee il giuoco dell’amoreè divertente. E prendidalla borsa rossiccial’asciugamano, bagnandole tue carte.Sento di vederti nell’estateinfinita, non è strano?Di prevederti.Ma tu lo sai, siamo matte.E con certe pretese!Di cambiare la vita,di metterla da parte.Per sentirla soffriree farle la corte.*Ora guardi la feritastupito, ci scommetto,la tua piccola feritasul braccio destro,immaginando. Come facevi da bambinopensando al segretonascosto nell’involucrodi gesso.Tu ora sei per mequel segreto, al di làdel bianco inespresso.Dove sarai, dove saraiadesso?[…]*Te ne andavi nelle domeniche lievi, le strade quasi deserte,i lampioni ancora accesi,compravi quattro cinquegiornali sorteggiando.Ti imponevi di non leggerli,di attendere il movimentodel mondo, il cui nomeè Arianna. Prendevi un busimmaginando.Raggiungevi la casa infinita,dalle finestre buffe nel lorogrigio, ti stendevi sul lettostringendo la carta sudata,ancora immaginando, ti venivanoversi possibili, il cui nome è Arianna. Quasi parlavanonel bianco.Aprivi gli occhi non distinguendopiù il viaggio dal labirinto,la borsa era lì, con i bigliettida tempo staccati,sentivi come un lieve respiro nell’ombra, tuttigli anni erano passati.[…]*Perché hai temuto di esserediverso. E hai tentatosegni sulla carta soloper rinunciare a dire:Ecco, è così…E hai sognato alberi di cartaper vantarti di essere fiabesco.Perché hai pensato di averepaura di te stesso e per sfidahai gridato al padreimperioso: Ho paura…,rotolandoti come un dispettosotto l’albero di pesco.Perché anche tu seiun nascosto, un latitante,sei una cincia, ovunquenidificante, e assaltiil gesto che non comprendi.E ogni sera attendi il sonnoper dimenticarti.[…]*Avrei voluto sfiorare le tuegambe, con lingua accaldatapremere sul petto e ingoiarti.E poi ripensarti mentremi guardi e fra te diciche è strano amarmi.Avrei voluto piegarmi su di tee aprirmi, come se la vita dipendesse da questo, aprirsi, come se la vita dipendesseda te mentre diciche è strano amarmi.Avrei voluto che tu diventassiuna presenza terribile, in me,che tu diventassi sangue e terra. Con superba danzaavrei voluto dire che esisti,come se la vita fossi tu,come se tu fossila mia stessa esistenza.Avrei voluto essere un ricordod’amore per te ma oraio non riesco a ricordarmi.[…]*Miracoli. Giardini. Tu che rincorrila nuvola magica. Poi altari. Un ramod’olivo e il filo bianco di lana.Ancora: non arriva nessuno. Ancora:non è strano? Immagina, mi dico.Immagina la gara. La stanza.La penombra.La spada. E quel crogiuolo di nomie di sangue che è il mostro.Figlio del toro bianco dalla linguastregata. Vocabolario sfuggente.Di parole senza sesso.Immagina, mi dico, l’immensasciarada quando lui colpirà.Ancora: il filo non si tende.Ancora: non è strano?Dove sarai adesso, quale stupidamano ha sospeso il tuo nome?Se tu fossi morto…al di là… Se tu fossi mortoio avrei più un senso? Appoggiata a questo ingresso.La mano alzata, buffa,nel mio cuore.*Mi sono addormentata su quest’isolabianca e non so come sono arrivatafin qui. Ricordo solo di essere uscitadalla mia stanza, stupita.Ma era un sogno. Io sono Arianna.Un uomo nel sogno mi precedeva.Là fuori. Era lui che mi avevasalvata. Lui si era occupato di me, trascinandomi via.Ma via da che cosa? Io non eromorta. Così ho gridato.L’ho visto voltarsi d’un trattopoi più nulla. Mi sono svegliata.*Qui sono Arianna. E l’uomoè fuggito sulle navi biancheo è rimasto lì, voltato, in me.Lui era lo stesso che aspetto da sempre, il filo ben strettonel pugno. Lui verrà e non saràun sogno. Lo ha promesso.Così mi dirà come sono saltatafin qui.Qui sono Arianna, per sempre.[…]*[…]Ti chiedevo:dimmi come si fa, voglioessere una preda nell’erba.Non sapevo che tutto accadesempre nell’invisibile.Cerca di capire. Io volevoessere acerba, un gridoappena udibile, quasiun’assenza[…]*[…]Ti chiedevo:sono io, questa? Io, cosìinvisibile?*Sono io*Io?*Il poema è un sortilegioimpossibile. Puoi vederlotu stesso se distoglilo sguardo. Cerca di capire. Tutto insisteaspettando al di làdella parete, tutto è da sempre disponibilee insiste[…]*