Racconti Italiani

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - POEMI ITALIANI MODERNI - MARCELLO MOSCHEN - SCRITTORE, POETA ED ARTISTA MODERNO E CONTEMPORANEO


MutamentiOggi sono quel che potrei essere,un foglietto biancocaduto per terranella sala d'attesa della stazione. Quanto manca ?la domanda è mutata inQuanto ho fatto ?Imito la clessidra,so capovolgere dritto e rovescio,vuoto e pieno,bianco e nero, perdo peso,sono diventato più leggero. Nevicata dal treno sulla pianura padana Sotto la terra bianca come il cieloc'è il mio pane della gratitudine per la via percorsa, per i temuti pericoli, le paure e le lunghe attese che svanironoconsumate tutte a poco a poco,le carte del mazzo tenute nelle mani,ormai già tutte in ordine sul tavolo, una mano già nuda.Quel paesaggio sono io,assaporo la panoramica dall'altodi me così piccolo diventato grande, restano solo poche stazioni,posso guardarmi attorno con calma,perdere tempo, ne ho vissuto tanto,a ripensare tutto quel biancoche oggi mi abbacina gli occhi:il mondo con la mia vita dentromi aspettava a occhi chiusi.E chiudendoli così s'assapora d'un nuovo amore il bacio,da una bocca bella e tremante. Ritorno al mare Il tuo tempo è diventato il va e vieni del prigioniero nella cella,l'attesa del pendolare che ogni giorno spia la fuganell'orologio grandeallo stesso marciapiede.Ritorna sui numeri dei binariun'antica matematica di arrivi e partenze,è ancora un giococontare i minuti per le coincidenze, da bambino sempre sognavi di fuggireda Ferrara per tornare al mare.Era la via della felicitàil viale della stazione.Nato sull'acquaoggi ti parrebbe di tornare laggiùma non sai se i ritardi siano fame di arrivare o paura di scoprire che tutto quell'azzurro è evaporatoe il mare non c'è più. Specchi e specchiere Sempre mi tremano le mani quando curo la barba allo specchio. Non solo per la difficoltà di guardarmi capovolto e spingere le forbici a medicare il cedimento all'informe oltre i luoghi possibili, dove non sarò mai, ma per il gesto che di nuovo mi tradirà,perché la guancia che a destra m'apparela ritroverò con la barba curata a sinistra.Allo specchio non serve la memoria, si cura di un altro volto che non è più questo. Il viso che fu amato per sempre una volta lui lo sa, lui lo è,e non lo rivelerà,in ogni luogo della terraporta male romperlo.La sua strenue fedeltà prepara la mente all'ultimo ritratto, dolce vendetta delle specchiere - avran mutato sesso intanto quegli specchiper meglio amare il volto amato -  Vecchi e nuovi specchiSpecchi dove non mi stancodi guardarmi sono le stazioni di provincia,i vagoni di seconda classe,i vecchi che trascinano sporte a rotelle,i depositi di biciclette incatenate a pali,la gente che aspetta in coda un autobuse intanto scruta lontanoe non vede nessuno arrivare.Ma a volte mi sorprendo a guardarmi in specchi diversi e più antichiquando rileggo un verso che mi folgorava trent'anni fa,"Felicità raggiunta si camminaper te sul fil di lama"…Ecco, a cinquantasette annila vecchia voglia d'incanto mi riprende di chiamare e dirteli quei versiche mi fanno ancora tremare,ma sarebbe lo stesso erroreanche con te,non aver ancora imparatoche fugge la gioia dal tuo nomee non si cattura la tua ombra. Vecchio DioDio, oggi non ho nessuna voglia di sentirti scorrere nel sangue,e faccio di tutto per non sentire come pulsi alle orecchie, vecchio sangue del mio Dio che s'attempa,e si fa sempre più stanco e lento finché un giorno cadremo insieme.Levarsi la mattina e levarti con me,accudirti, rivestirti, profumarti, questi gesti di antica confidenzadi carcerati in così poco spazio,lisi come abiti, frusti come paroled'auguri ai compleanni, le stesse che useremo capovolte come stoffe per condoglianze, che fatica si fa a tenerti in piedi, mio vecchio Dio incolpevole, viziato,capriccioso, sempre più sordo,che non s'accorge di ripetersio forse finge e a volte riesce a farsi credere unico e fedele, deciso a restarmi accanto per amore solo per amore, e non perché non sa dove andare. Ma intanto mi lasci qui a ricordareil giovane Dio che eri,che non aveva caldo né setee pattinava leggero sul ghiacciodel Nulla cantando senz'ombra,senza colpe da temere, né premi da attendere,il bel niente che erisenza eco di me, immune da questa leucemiadell'eternità che mi beve il sangue.Sei la mia subdola malattia, Dio mio, febbre e nebbia che saledall'argine consumato del mio tempo.