Racconti Italiani

RACCONTI ITALIANI ONLINE - RIO - MARCELLO MOSCHEN


AquileI.Anch'io sono venuto dai boschi neriche cosa sulla culla soffiasse non lo soma un gran rispetto nella vita ci vuoleper qualcosa che non sia fuggevoleGuardo l'alba nebbiosa, raramente:dal mio letto s'innalza il me più stancoguardo nell'aria insudiciata e cantoqualche volta, davanti allo specchioLa mia faccia, devo pur confessarlopuò ispirarmi profonda pietàun uomo è un uomo, su questo non c'è scampoquando si tuffa nella quotidianitàFra nemici e alleati può varcareil giorno come Mosé fece col mareprima di notte sarà utile un compplicemeglio una donna, tutto sembra più sempliceLa salute si sa viene prima di tuttoe un grande avvenire ci aspettac'è nel futuro un crescente guadagnoarriveremo in frettaIl secolo è democraticoconcede tutti i dubbinessuno creda faciletener lontano l'erpiceVengo da una campagnafatta di sogni e costiforeste mestetempesteSento che seducetalvolta il vecchio Ortisperò sine pecunial'homo è l'imago mortis II.Quando guadagni, chiesedico quanto guadagni in un meseNe studiò il visoil non appesantito turgoredi secondari attributi sessualil'onda dei capelliai polsi l'oroe non risposeIII.Perché, se tutti, non ios'accaldava addentandoe forbendosi soppesandocol convitato la trasparenza del bicchiereEcco, io cerco di farcelain modo decente, in fondoho una mia competenza, un mondodi relazioni, certo, anche un destinoo un obbiettivo almenoStava per dargli un nomearrivò il cameriere IV.Cenano, di lui si intuiscenon l'argomento, il muovere di spallelei, maremoto di capelli, alta vendettad'occhi, i denti un lampoe fra le dita il fulminato grissinoin mille pezzi, come cosa mortapasseggere, non sai, la sera è corta Affidato alla voceI.Paura, fiducia, folliadisse, e la quarta parola era dolorela quinta nulla e lìebbe un indugio come inciampando, comese fosse stata spenta ora la radioche ronzava ronzava già da orecorrendo col registratoreII.Non so se sia contentose il soffio della sera gli portibattaglioni di sogni ad occhi apertio se magari guardi un poco nubimuoversi al ritmodei pennuti, sepiova nel suo internod'anima, se ci sia una stanzadilavata dall'odore di polveree d'umido e foglia, come quandola prima goccia è già caduta e maimai una volta che tu l'abbia veduta.III.Provare a pensarla, affondarenel colore che hanno gli alberi di notteo nell'indaco accidioso del mattinoe non bastaprovare a tentarla, chiederleper piacere se può la sua sparutapresenza darti un'esperienza vissutaprovare un modello, comeil rumore che hanno i pensieri la notteil profumo del sigarociò che resta e svolazzasolo il gatto ti guardasarà così, gli chiedio forseancor meno, saràuna corsa pazza.IV.Non sapeva di sé maggior dolcezzané altro annoverato tra i paragrafid'un canone d'amoreconsegnò le sue reni alla tristezzaalla macumba della solitudineAlato corre il demone delle orel'angelo con l'agendaNon voleva di sé maggior pienezzail senso del doveregli faceva piacereAlato corre il demone dell'ordinel'angelo con la bendaV.Amò un'ombra, capìche era infedeleall'albaAmò un'ombra, sìdisse, è questo il modo d'amarepiù corretto (leiera mobile e scialba, eraperfetta, sotto questo aspetto)Amò un'ombra, cosìnon ebbe più da pensaregli bastava vederlaqualche volta tornare.