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COME LE DUNE


Così in silenzio, senza drammi, mi sono arreso a questa forma delicata di deperimento che ti trasforma lentamente in una duna di sabbia. Ogni giorno, silenziosamente piccoli granelli di me mi abbandonano a cercare altre forme, e tutti i giorni mi addormento per poi risvegliarmi in un altro posto con un nuovo aspetto. Sono sempre io, eppure non sono più io. Allo specchio il mio mutare non sfugge, che se ne esistesse un tipo in grado di rispondermi ogni volta che gli chiedo che aspetto ho, rimarrebbe muto, incapace anche lui di chiarire l’assunto. Perché le dune non si possono descrivere, che appena lo fai quelle già non sono più quello che erano e tornano ad abitare le nostre fantasie sotto forma di concetto e non di forma. Invidio sempre chi sa descriversi con pochi aggettivi, e più che altro chi si convince che loro da soli bastino a riassumerli. Nessuna duna è uguale all’altra, e mai per più di una notte, eppure tutte condividono questo errare vittime del tempo che gli stravolge i tratti costringendole ad una sensazione di mancanza di un vero arrivo. L’altra sera ho provato ad accarezzarti, ma le mie mani si sono sciolte in sabbia e non ho più capito se ero io che volavo via sparso dalla brezza, o eri tu che già non ti trovavi più nel posto dove ti ho incontrata.