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LE TETTE DEI MIEI PENSIERI


A settembre i miei pensieri assomigliano alle tette di un’anziana matrona romana. Memori di fasti ormai inopportuni, orfani dei desideri altrui, osservano il suolo avvicinarsi senza più la forza di sfidare la gravità. I capezzoli dei miei ragionamenti hanno abbandonato l’idea di inturgidirsi per argomenti che li sfiorano senza amore, e si lasciano trasportare traballanti ovunque ci sia un po’ di ombra. Provo a sostenere questo pingue bagaglio con il disperato orgoglio di chi perlomeno conserva le cornici dei quadri che ha posseduto, ma il mio decoltè non affascina più come una volta. Questo è un dato di fatto.Allora indosso un reggiseno di pizzo cucito ad arte dalla filosofia, così, giusto per salvare le apparenze e rifornirmi di nuove parole per spiegare la naturale propensione delle cose a finire in basso. Mi sbottono la mente e lascio intravedere il calanco che formano le idee strette una contro l’altra, sperimentando l’effetto che fa dentro un vagone della metropolitana. Qualcuno butta un occhio stando attento a non osare approcci. Chiamo questa cosa seduzione e poi rimetto l’autostima nel cassetto. Ma quanto torno a casa, quando mi spoglio e mi tolgo il reggiseno, i miei pensieri si arrendono al giudizio senza appello del tempo,  e tornano a penzolare senza intenzioni apparenti.Fa niente, mi dico, ho ancora delle belle gambe.