Pensieri ed emozioni

Ancora Capitolo I


Eccolo qui fra le mie braccia, resto estasiato, rapito da questa creaturina che si guarda intorno, come se l'avessero catapultata di punto in bianco in un luogo estraneo, forse freddo e un po'troppo colorato, chissà - Non temere piccolo mio, ci sono io qua, forse il mondo ti fa un pò paura, perché non lo conosci e se posso confidarti un segreto, io ci vivo da un po' e ancora non riesco a capirlo veramente, certe cose sono intuitive, per altre devi faticare non tanto per provare a comprendere il senso, ma è sfuggevole, non resta che sperare in una illuminazione, ad ogni modo sappi che nonostante ciò, sarà per te l'abitudine, perciò non preoccuparti, saprai cavartela e sarai felice - Questa giornata fa a pugni con il mio umore, ospito un sole caldissimo nel cuore mentre il cielo sembra incupirsi, le nuvole si ammassano e una pioggia leggera sembra decisa a pulire la città.E' un attimo, un flash nella mente, quella pioggia ha aperto una porta e sono finito lontano, perso nei ricordi. Era il 7 giugno del '67, si era in campagna dai miei cugini ad Amman, pioveva come oggi, la malinconia iniziava a diffondersi nell'aria e nemmeno il calore delle nostre famiglie riunite riusciva ad attenuarla; era giunta notizia della guerra, cosa che ormai non ci sorprendeva più, la mia terra l'ha praticamente vissuta fin dai tempi antichi e ancora non riesce a liberarsene.Ricordo che tutto sembrava morto oltre quelle vetrate, non si poteva andare fuori a giocare, far volare gli aquiloni, nemmeno nei cimiteri, posti più tranquilli per accogliere noi, con la nostra voglia di svago, di gioco e di sogno. Gli aquiloni ci facevano sentire liberi, il vento c'era e ci avrebbe senza dubbio favorito, solleticava le foglie dei mandorli, splendidi con il loro candore, stonavano piacevolmente con l'atmosfera lugubre.Ricordo la faccia impensierita di papà per suo fratello in Hebron, in attesa di una telefonata rassicurante che tardava ad arrivare, furono momenti terribili finché giunsero le notizie attese, Nasser, suo fratello, aveva lasciato la città ed era con la sua famiglia, moglie e tre figli, al sicuro.Vidi il volto di mio padre accendersi, risollevato, ora quello scenario dalle tinte cupe lì fuori, sembrava avere attenuato la sua tremenda suggestione, un allegro vociare si diffondeva per la casa, erano Ibrahim e Mahmoud che giocavano a rincorrersi, guardie e ladri, non consapevoli di un mondo che cambiava, l'ingenuità li salva, mentre Farah se ne stava in disparte, a pensare con lo sguardo dolce perso all'orizzonte, probabilmente immaginando il ritorno del fidanzato, stringeva tra le mani una lettera, non sembrava recente ma doveva essere importante.Io accesi la radio, almeno ci provai, ma niente, nessuna stazione era raggiungibile, talvolta qualche notizia emergeva dall'interferenza, mentre mamma e zia preparavano il Maqlube, per darci da mangiare e non pensare a come sarebbero cambiate le cose, mentre il nonno sul divano metteva mano al suo "tesoro", una scatola rettangolare di ricordi, con l'ammaccatura su di un lato e un po' di ruggine sui bordi inferiori, era bella e antica, al suo interno tantissime foto, alcune ingiallite e malandate, altre straordinariamente ben conservate.Ho visto il nonno immobile, sospeso nel tempo, appeso al ricordo di una foto, mentre una lacrima si faceva strada tra le sue rughe. A liberare il nonno fu un rumore, Mahmoud veloce come una gazzella ma un po'impacciato, inciampò nel piede del tavolino, l'argenteria che stava sopra subì una lieve oscillazione, ci mancò poco, il pericolo fu sfiorato, ma l'aria colpevole e dispiaciuta di Mahmoud sembrò restituire il sorriso al nonno e fece ridere me.