Creato da lacey_munro il 24/03/2014

Tony Albert Brewster

T.A.B.

 

Messaggi del 11/07/2019

# 270

Post n°381 pubblicato il 11 Luglio 2019 da lacey_munro

 








KUNO

Primavera? Estate? Autunno? Inverno?
Era Kreuzberg, 1997. In Berlino.
Ed era il 15 agosto. Ferragosto,
compleanno di mia madre...
Kuno parlava prima che uscissimo;
e mi parlava di sua nonna Sybille
che era originaria di Cottbus
nel Brandeburgo,
ma aveva deciso di abitare nei dintorni
di Sielow zona agreste,
per amore del nonno, Helmut
che faceva ancora il contadino
frantumandosi le ossa
e stirandosi spesso i muscoli.

Sybille... Che nome magnifico!
Avevo bofonchiato, ma non invidioso,
perché mia nonna si chiamava Vittoria.
Che è anche meglio.

Soli, lo osservavo con questa sua strana
mania di accendere una candela semplicissima,
una vecchia candela di sego che recuperava
chissà dove. E allumava prima che uscissimo
per qualche club alle 11 di notte...
Abitudinariamente il Tresor,
oppure il Matrix, che non so
se esista ancora.
Per lui era una sorta di rituale, incunearsi
fra buio e luce, prima delle stroboscopiche
o dei flash improvvisi da ecstasy.
Penso che avesse a che fare
con il suo contatto
con la terra, quella che si sbriciola
fra le mani
da millenni a questa parte.
Così differente dalla Città dove non si dorme mai.

Lo ascoltavo mentre prendevo vodka,
qualche valium, e appena una striscia di cocaina
(allora girava così, capirete avevo 23 anni)
ma non ero particolarmente rintronato.
Tutt'altro.
Kreuzberg, fuori, già urlava di scendere
ma noi la prendevamo larga:
in un certo, strano senso quella notte
non avevamo fretta, e Kuno spiegava
come i suoi antenati spingevano l'aratro
attaccato ai buoi da millenni,
per linea paterna.

Che angelo! L'oscurità mentre scendeva alla finestra
spalancata, e ci addormentava curiosamente,
malgrado le sostanze dovessero
sostenerci,
e allungarci la vita fino alle sei
del mattino seguente...
Lui mescolava leggenda e patria rossa,
raccontava delle battaglie degli operai a Moabit,
come suo zio Siegfried che era morto,
causa manganellata d'ordinanza
di uno sbirro proprio sull'osso occipitale,
mentre tirava bolognini per il pane.

Era la Germania senza firma e senza memoria,
la Berlino delle autodidatte
che si leggevano Flaubert,
e studiavano i viottoli per sfuggire ai dragoni
quando caricavano di sciabola.
Berlino delle migliaia di bettole, e dei canali;
Berlino della mia Sprea:
che scorre ancora nelle vene di un tempo
remotissimo.

Kuno adesso è morto. A 47 anni.
In autostrada (un gomitolo impazzito fuori Norimberga)
si era imbattuto in un'utilitaria
in panne nel momento
e nel posto sbagliato:
si è accostato e fermato sul limitare
per dare una mano,
e stava seguendo tutte le procedure
di emergenza
quando un autoarticolato scomposto
lo ha travolto,
e sbriciolato.

L'avevo saputo dopo una settimana
dalla fine,
perché nessuno trovava
il coraggio di girarmi il lutto.
Però al termine è piombato,
come una cappa di piombo fuso,
come una caligine di morbo incurabile.

Fumo una sigaretta, adesso che sono
le tre di notte, alla mia finestra al pianoterra
di Trento.
Non ne fumo più di due, massimo tre
in tutto l'arco del dipanarsi del ciclo
quotidiano,
noiosissimo e inconcludente.
Fumo una lucky strike.
E ha esattamente 22 anni.

So benissimo che non è così, ma Kuno
fumava sempre quelle:
le migliori diceva, sapendo
che sono tutte uguali.
Ma tutti uguali non siamo noi uomini
e donne,
no, davvero:
c'è chi lascia il solco, come dietro
un aratro,
è c'è chi inizia a seminare
per il raccolto (quando sarà il momento).

C'è chi piange senza che nessuno
se ne accorga,
e continua a piangere
anche quando sa che spargere il prodotto,
della fecondazione del fiore con il polline,
darà buoni frutti.

C'è chi espira fumo nel buio, con una
candela di sego accesa,
recuperata chissà dove
a fargli da sfondo.
Più chiara del sole,
e incantevole come Kreuzberg
che non dormirà, mai.
 Nemmeno per sempre.





















"Forse è così. Un piede. Una mano. o un'idea.
Qualcosa scivola. Si sposta. Ti ritrovi in un altro mondo.
Non stavi nemmeno guardando. è arrivato, e basta.
è apparso. Come un cervo all'imbrunire. Improvviso.
Immobile. Un orecchio che ha uno spasmo. L'altro orecchio.
Non sei solo. Non lo vedi nemmeno. Ma lui ti vede.
Forse è proprio così." (Sam Shepard - Quello Di Dentro, pag. 115)



















Per KUNO HOSTETTLER
(Berlino, 1972 - Svincolo Autostradale Nuremberg west, 2019)

 
 
 

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