rammendi di carta

polvere e pioggia


Ho fatto un sogno stanottelunghissimosino al mattino.Percorrevamo un sentiero,insieme per manoc'era un faro laggiùvolevamo raggiungerlo.Lo guardavamo venirci incontroma era sempre lontanoirreale quasi.
Sfumavano nel sole i suoi contornibianco abbagliantevicino e distante.Impossibile arrivare alla meta,si allontanava sempre piùnon bastavano passi per conquistarlo.Irraggiungibile fantasticosogno nel sognonoi due, sempre.Tanta è la voglia che ho addosso oggi, troppo immenso è questo desiderio di percepire la tua presenza accanto a me, avvertire il profumo del mare, ascoltare le tue parole, ricambiando gli stessi sguardi d'intesa.Sottilmente ti insinui sotto la mia pelle, scavi solchi profondi, come pozzi perenni a cui dissetarmi, a rinfrescarmi solamente.Ecco, adesso posso provare a raccontare di te, esprimere quello che tu già conosci. Ma, incosciamente, parlare di te è come parlare a me stessa. Al mio cuore.Credo che conoscerti e imparare a rivivere delle sensazioni intime, profonde, che credevo ormai perse, sia capitato nel momento in cui era più necessario per me.Vaghe malinconie mi prendevano l’anima, lasciandomi apatica e pigra.Trovarti e riappropriarmi dei sogni, è stato facile, semplice. I miei ricordi vagano spesso, sono ali di gabbiano, volano sfiorando le onde.Era quasi il tramonto, ricordi, ci eravamo avventurati su un sentiero acciottolato e vedevamo stagliarsi all’orizzonte quel faro bianco. Era un invitante rifugio. Una pioggia violenta ed improvvisa ci aveva colti di sorpresa, costringendoci a cercare un riparo, a cambiare l’itinerario di ritorno.Avevamo ancorato la barca quasi a riva, immergendoci nell’acqua bassa, bagnandoci ancora di più. E, ormai fradici, raggiungemmo la spiaggia, tenendoci per mano e ridendo come bambini. Rotolammo abbracciati, infine, sulla sabbia ancora calda di sole.Pioveva forte ormai, i tuoni si susseguivano senza tregua, eravamo entrambi preoccupati. Io ero angosciata dal temporale, tu cercavi ansioso di proteggermi, mi stringevi sotto la cerata, e con lo sguardo esploravi l’orizzonte immediato.Ci apparve così, come un miraggio, quel faro lontano. Non sapevi quanto lontano fosse, ma mi rassicurasti pacato. Seguiamo il sentiero, mi dicesti indicando il faro, e a passi veloci, ci incamminammo su quel sentiero.Non so come raggiungemmo affannati ad un vecchio portone di legno scuro, lo spingesti con forza e, anche se non ci credevi molto, esso si aprì cigolando. Eravamo al sicuro, finalmente!Eravamo bagnati, infreddoliti, ma ci sorridemmo trionfanti della conquista. Quell’antica torre ci stava dando ospitalità e sicurezza. Le sue vecchie mura ci accolsero come un rifugio insperato, asciutto e silenzioso. Si fermò tutto in quell’attimo.Il vento non soffiava più, la pioggia era cessata. I lampi erano solo riflessi che ci illuminavano di tanto in tanto, mentre i nostri occhi già si stavano adattando all’oscurità e, a tentoni, ci cercavamo felici. Respiravamo polvere antica, ma il faro era il mondo per noi, e il suo profumo non lo scorderò mai.Ma tu eri uomo dalle mille risorse. Trovasti dei rami ammucchiati in un angolo, erano secchi, giusti da ardere. Li radunasti al centro della stanza e, con l’accendino, li accendesti veloce.Il fuoco improvvisamente ci illuminò e subito le mani si protesero alla fiamma. Improvvisamente il tuo viso mi apparve di nuovo, mi sentivo tranquilla, aspettavo fiduciosa i tuoi prossimi gesti.E dalle tue tasche apparve una sottile fiaschetta argentata. E’ gin, dicesti, bevine un sorso, ti scalda! Era buono, mi scese giù in gola, facendomi tossire e bruciare gli occhi, mentre tu mi guardasti sorridendo, allungando la mano per farmi sdraiare vicino al fuoco, vicino a te.Eravamo distesi accanto ora. La cerata gialla stesa ad asciugare ci serviva adesso da improvvisato giaciglio. La pioggia continuava a battere incessante fuori, ma nel faro c’era un dolce tepore, che ci scioglieva dai nodi opprimenti, liberandoci da vecchie catene.Carezzasti il mio seno, le tue mani cercavano, piano. Non avevi premura, indugiavi tranquillo, sussurri solamente, ma che risvegliavano le mie percezioni. Era un gioco, sensuale. Era un attimo, eterno.Non riuscivo a pensare che a noi, prigionieri in un cerchio di luce, in quel faro selvaggio, distanti dal mondo, ma liberi, vivi.E’ passato del tempo da allora, ma il fuoco in quel faro brucia ancora. Le braci scaldano sempre, come appena accese e tu, uomo dalle mille risorse, mi sei sempre accanto. Io non so dire se torneremo a casa quando cesserà il temporale, non so dirlo, adesso. Voglio solo avere tanti altri tramonti, da tenere con me, da chiudere in un vaso di vetro robusto e aprirlo ogni tanto. Respirarne il profumo di polvere e pioggia, pensando un po' a te...