Vento notturno

Mistica e filosofia (ovvero: termini apparentemente opposti nascondono spesso aspetti diversi della stessa realtà)


 
 Botticelli, Natività mistica, London National Gallery.Tra i filosofi che più di altri sono normalmente considerati i più strenui paladini della Ragione come facoltà suprema dell'essere umano, e che per questo vengono semplicisticamente bollati di "razionalismo", un posto d'onore è sicuramente occupato da G. W. F. Hegel.Hegel è sicuramente uno dei filosofi su cui si è scritto di più. La bibliografia su di lui conta centinaia di volumi, ma ci sembra di poter dire, e sicuramente non siamo i primi a farlo, che la reale comprensione della filosofia hegeliana è sempre stata inversamente proporzionale alla quantità di studi su di essa. Questo è sicuramente dovuto a tutta una serie di fattori, sui quali non ci soffermeremo, ma può anche rappresentare un’altra efficace esemplificazione di come sia difficile, anche per chi si dedica alla materia che più di tutte dovrebbe imporre un’apertura mentale e uno sforzo di “accoglimento” (anziché di immediata critica) del pensiero di altri, abbandonare quelle schematizzazioni, quelle categorie preconfezionate, quelle idee preconcette, di cui ormai ripetutamente abbiamo parlato. La filosofia di Hegel è stata, nel corso degli anni, definita nei modi più disparati, spesso assurdi, talvolta lontanissimi l’uno dall’altro, quando non addirittura antitetici. Tutto ciò deriva direttamente, a nostro modesto parere, dall’incapacità, verrebbe da dire dal rifiuto, di conciliare fra loro termini che nella nostra mente sono sempre stati concepiti come contrapposti, che va a scontrarsi con una filosofia che fa proprio della conciliazione degli opposti il suo cardine e strumento fondamentale. Incapacità, rifiuto, che portano a vedere, ad esempio, il titolo di questo paragrafo ineludibilmente come un ossimoro. Ma, come speriamo di aver sufficientemente illustrato nel paragrafo precedente, se la ragione, utilizzata e concepita nel suo senso più forte, più pregnante, più alto e più nobile, può diventare essa stessa strumento ed atto di fede, facendo assumere a sua volta anche a quest’ultimo termine il proprio senso più alto e nobile, allora possiamo forse comprendere come anche per le antinomie fede-filosofia (come abbiamo già visto), e  mistica-speculazione, o mistica-ragione, debba valere lo stesso principio: non possiamo cioè assolutamente fermarci all’alternativa, ma dobbiamo impegnarci nello sforzo di una sintesi non solo possibile, ma semplicemente doverosa e necessaria, se, ad esempio, pretendiamo di avvicinarci al pensiero di un grande maestro come Hegel. Il quale, peraltro, sarebbe (ed è effettivamente stato) il primo a ribellarsi all’idea, che una mente semplice potrebbe a questo punto concepire, che allora tutto sia lo stesso, tutto sia confuso e non sia più possibile districarsi in questa specie di babelica commistione, in questo enorme panteistico minestrone, in questa “notte in cui tutte le vacche sono nere”. Le menti semplici infatti, continuando inesorabilmente a contrapporre i concetti nel modo più rigido, tendono a sostituire una rigida distinzione con una sbrodolante confusione. Qui si tratta, invece, né più né meno, di imparare un modo nuovo di passare da un concetto all’altro, un modo nuovo di pensare. Che consiste nient’altro che nel metodo dialettico.  Bisogna cioè imparare a comprendere, cioè a prendere insieme concetti apparentemente opposti e ad intuire il modo in cui possono coesistere, senza confondersi l’uno nell’altro, ma al contrario mantenendo ognuno la propria identità e il proprio peculiare significato. La differenza fra Hegel ed altri filosofi cui si è in precedenza accennato, sta nella differenza fra l’intuizione intesa come un qualcosa di già dato, un immediato e spontaneo sorgere del concetto alla coscienza, e l’intuizione di cui parla Hegel, che, come si deduce da quanto finora detto, deriva invece da uno sforzo della volontà e della ragione, dalla “fatica del concetto”.            La vera mistica, quella che deriva dalla tradizione platonica e neoplatonica, e attraverso i grandi maestri medioevali, Eckhart e Cusano, arriva fino a Giordano Bruno e a Spinoza, per essere poi ripresa dall’idealismo tedesco, si identifica senz’altro con la Filosofia. Il comune modo d’intendere i due termini come antitetici trae le sue origini dalla condanna di questi grandi maestri come atei e panteisti da parte delle religioni ufficiali, e la conseguente attribuzione del carattere di “mistico” solo alle varie manifestazioni “eccezionali”, attinenti al sentimentalismo religioso e a fenomeni visionari o “paranormali” di vario genere, che divenne orientamento generale a partire dalla “sconfitta della mistica” e dalla sua emarginazione dal mondo cattolico, che risale alla fine del Seicento.  In realtà, tra la mistica speculativa e la vera filosofia non c’è alcuna differenza, come ci insegna tutta la meritoria opera di Marco Vannini, il quale, ad esempio, citando un passo dell’Etica di Spinoza, in cui si dice tra l’altro che «l’amore di Dio verso gli uomini e l’amore intellettuale della mente verso Dio sono una sola e medesima cosa», sinteticamente conclude: «Siamo qui, come è evidente, in presenza di un misticismo allo stato puro, che coincide con il perfetto razionalismo».