lastampadicambronne

IN MEZZA EUROPA SI FA LA SECESSIONE...


...PERCHE' IN ITALIA NO? Il Belgio sembra avviato verso una serena separazione fra Fiamminghi e Valloni: le sole questioni insolute riguardano dettagli di confine fra le parti. Niente di traumatico: come la divisione dei mobili fra coniugi che si lasciano. É solo l’ultimo caso. In due decenni in Europa è sbocciata più di una dozzina di nuovi Stati. Altri stanno avviando tranquilli processi di separazione che presumibilmente porteranno ad altrettanti pacifici divorzi. Cosa genera il fenomeno? Paradossalmente la voglia di far da sé nasce in un momento in cui sembrano crollare le barriere e assottigliarsi le differenze, in cui l’Europa sta cercando di trovare qualche forma di crescente unificazione e la globalizzazione sta sciogliendo confini e frontiere. Proprio per questo le comunità si aggregano con maggiore passione attorno a temi identitari, riscoprono appartenenze assopite o in qualche modo tacitate in nome di interessi economici, politici o militari. Se c’è l’Europa che si occupa di moneta, difesa e politica estera, a cosa servono gli Stati nazionali? Tanto vale organizzarsi fra amici, parenti e colleghi. Crescono i vantaggi della libera circolazione di merci, idee e capitali, e per contro aumenta la preoccupazione per il troppo libero movimento delle persone. I turisti vanno bene, gli immigrati no. Sarà poco elegante, non piacerà alle anime dolci della Caritas, ma è così.Non è la prima volta che succede: più il mondo si apre, più la gente si aggrega in gruppi famigliari, in sodalizi liberamente scelti. Con una superficialità e ipocrisia molti sottolineano che le divisioni altrui vengono da lontano, da differenze mai guarite. I più si affidano con faciloneria alle giustificazioni linguistiche o, in subordine, religiose. Così ad esempio i Baltici se ne sarebbero andati perchè parlano lingue diverse, lo stesso vale per i Catalani; i Croati perchè sono cattolici ed i Kossovari mussulmani. Non è così automatico. come si spiega che se ne vogliano andare anche Scozia e Galles dove la lingua gaelica è un pezzo da museo? O che ci siano bollori autonomisti anche in Castiglia dove si parla ovviamente il castigliano.E poi c'è sempre la Svizzera a ricordare che l'identità può anche prescindere da lingue e religioni. Sono fatti importanti ma possono non essere prevalenti e neppure necessari. C'è un identitarismo postmoderno che si basa su caratteri socio-economici e sulla volontà. Connor ha scritto che una comunità non è quello che è ma quello che sente di essere.Agli autonomisti padani viene sempre detto con una certa supponenza che non esistono differenze linguistiche fra le due o tre Italie che cercano qualificazione identitaria. perchè allora "Gomorra" ha dovuto essere sottotitolato?Ci sono forti differenze storiche, culturali e strutturali ma è fin troppo evidente che a prevalere oggi sia la relazione allo sfruttamento economico (non solo "percepito") ed alla colonizzazione culturale. La consapevolezza di pagare per tutti in cambio di pedate nel sedere ha finito col tempo per creare un senso di condivisione dell'oppressione, di solidarietà fra tartassati, che è assurto a elemento identitario. I candidi custodi della conservazione ripetono che l'economia non può essere un discrimine. Sbagliano:in un'epoca in cui il mercato sembra essere fondamentale strumento di relazioni, la comune capacità di affrontarlo diventa un'altra essenziale forma di identità. E poi anche l'indipendenza americana era nata da temi fiscali. E lì tutti parlavano la stessa lingua. Gilberto Oneto (Libero del 1/08/2008)