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Salvate Bocca di rosa dalla galera


L'unica libertà degna di questo nome è quella di perseguire il proprio bene a modo proprio. Sarebbe eccessivo liquidare così, rispolverando il vecchio John Stuart Mill, il disegno di legge «Misure contro la prostituzione» che arriverà in Consiglio dei ministri oggi, iniziativa del ministro Mara Carfagna. Il ddl non mette fuori legge la prostituzione, ma rende illegale quella "stradale": prevedendo per i trasgressori, prostitute o clienti che siano, sanzioni fino all'arresto.Sorvoliamo sul non trascurabile dettaglio che un esito possibile del provvedimento, è quello di riempire le nostre carceri di persone che hanno commesso un "crimine senza vittime". In gioco, stavolta, c'è anche il modo d'intendere i limiti dello Stato, il raggio d'azione della politica. Il ministro Carfagna è persona ragionevole e di sentimenti liberali. Speriamo ci ripensi.È vero che la prostituzione di strada non è una forma particolarmente gradevole di arredo urbano. È vero che crea problemi, imbarazzi, un senso diffuso di insicurezza e precarietà in tante famiglie - che rincasano nelle periferie delle grandi città. È vero che sarebbe auspicabile un mercato del sesso più discreto e sicuro, più trasparente e pulito, gioiosamente ludico come le vetrine di Amsterdam o più appartato non importa: riservato a chi ne vuole fruire, che non "inquini" la vita degli altri.Detto questo, il governo non ha, e comprensibilmente, un disegno coerente. Le proposte volte ad aprire quartieri a luci rosse in Italia (da quella di Tiziana Maiolo a Milano nel '92 in poi) non hanno mai avuto vita facile: troppo difficile creare consenso, troppo incombente lo spettro di un crollo dei valori immobiliari nelle zone deputate, troppo forte il pregiudizio contro la "normalizzazione" del sesso a business fra gli altri. Si possono biasimare i pregiudizi, ma pure i pregiudizi hanno un senso.Il nodo di Gordio della disciplina della prostituzione, in Italia, è l'illecito dello sfruttamento e dell'adescamento - che, detto per inciso, non ha mai eccessivamente spaventato i criminali. Lo sfruttamento della prostituzione è brutta espressione che designa storiacce di cronaca ma, al fondo, è anche un "mestiere". La necessità di questo mestiere è palmare quando si pensa a tutti i rischi che chi batte, più o meno consapevolmente, corre. È sacrosanto provare a frenare fenomeni di marca schiavile. Ma mantenendo nel perimetro dell'illegalità la mera prospettiva di dare organizzazione imprenditoriale al business del sesso, si decreta l'impossibilità della sua "normalizzazione". Levare le donnine dalle strade sarebbe poi questo.Svariati tentativi di "fare pulizia", a livello locale e nazionale, sono finiti nel nulla. Mara Carfagna può scrivere il proprio nome in coda alla lista dei moralizzatori. Oppure può ritirare mano e sasso. E non in virtù di un'altra visione della possibile "regolazione" del mercato del sesso. Ma perché un governo ha tutto il diritto, di non avere alcuna visione coerente della "regolazione" del mercato del sesso. Ha il diritto di rimanere in silenzio, quando si parla di cose che attengono la sfera dei comportamenti più privati, del modo che un individuo ha di intendere la propria sessualità, di un commercio troppo particolare perché richieda una partita Iva.È il mestiere più antico del mondo, sopravvissuto a un millenario via vai non di governi, ma di sistemi politici, all'ascesa e alla caduta di interi Stati. L'educazione insegna che ci sono cose di cui, a tavola, sta meglio non dire. Chiudere gli occhi può essere l'alternativa più dignitosa. Figurarsi in situazioni politicamente ed economicamente complesse, quando l'agenda è altra. Il pil non cresce, l'Italia è ferma, e il governo arresta Bocca di rosa?Alberto MingardiDa IL Riformista, 11/09/2008