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Pupi di zucchero...


Ma perchè nella nostra tradizione i morti si festeggiano il 2 novembre e perchè portano i regali ai bambini? Quasi tutti i riti delle tradizioni popolari sono legati al ciclo della natura e al trascorrere delle stagioni. Nella cultura contadina di sempre, l'inizio di novembre era considerato la morte definitiva della bella stagione. In questi giorni si spengono anche gli ultimi sussulti di vita; i semi giacciono "sepolti" nei campi; le foglie si staccano dai rami; gli animali fuggono o si abbandonano ad un sonno profondo simile alla morte. Arriva l'inverno con il suo freddo e soprattutto con il suo buio. E così, come la natura percepisce la presenza dell'energia opposta a quella vitale, così l'uomo pensa che questo sia il momento di maggiore vicinanza con la dimensione della morte. Il momento quindi più propizio per i defunti per scavalcare le mura di cinta che li separano dalla vita e tornare, anche solo per una notte, a far naturalmente visita ai propri cari. I defunti del 2 novembre non sono degli zombi! E neanche dei fantasmi! Sono spiriti resi "vivi" dalla forza della rievocazione. Questa presenza materializzata provoca innanzitutto la gioia del "rivedersi" e non c'è assolutamente tempo e spazio per i rimpianti e le tristezze. Si valorizza e si amplifica l'istante, la felicità dell'essersi rivisti. E la maniera, da sempre, per onorare l'eccezionalità e la straordinarietà dell'unione è mangiare insieme, condividere l'atto più vitale dell'esistenza che è il nutrirsi. Abbiamo documenti che attestano che fino al IV-V secolo, durante la giornata del 2 novembre, erano molto diffusi i banchetti organizzati direttamente nei cimiteri. L'idea e la convinzione forte del potere d'unione che ha il cibo è rappresentata nella sua forma più eclatante dalla sacra presenza del pane e del vino nella celebrazione della messa. Mangiare l'ostia e bere il vino significa nutrirsi del corpo e del sangue di Cristo, significa entrare in "comunione" con il divino! L'altare è un tavolo e i fedeli sono dei commensali speciali: da 2000 anni la messa ripropone e rivive la cena di Gesù. I morti nel portare ai propri parenti i cibi prelibati (martorana, biscotti a forma di ossa, pupi di zucchero, ramette di miele...) "materializzano" con gioia il proprio spirito e donandosi favoriscono la cena rituale e il raggiungimento della loro "comunione". Infatti, a Palermo (luogo dove sembra sia nata la tradizione di regalare le statuette di zucchero per la "festa dei morti") i pupi di zucchero si chiamano "pupaccena". Il suffisso "cena" sta ad indicare emblematicamente il carattere rituale delle statuette di zucchero. Non pupi qualsiasi, ma "pupi di e per la cena-sacra", da mangiare con uno specifico stato d'animo che apre le porte del rito e della spiritualità. ....Salvatore Farina Ho trovato interessante questo articolo sulla "festa dei morti" nella tradizione siciliana e anche parecchio convincente!