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Raven in the night

Post n°15 pubblicato il 12 Aprile 2008 da ravenquattro

 

Pilota François non fa mai una piega.
Muto come sempre. Sembra che sia abituale, per lui, il volo strumentale. Anche lui farà affidamento sui giri che inanella di solito durante il giorno, prendendo le mire sulle cittadine dei dintorni. E sperando di arrivarci almeno vicino, al punto di lancio.*
«Perché se il punto di lancio è errato, come conseguenza sarà errato anche il punto di atterraggio», mi dice un falco grande e grosso - ma un po’ lento - un bergamasco che un giorno aveva preso terra nelle Everglades, tra i coccodrilli.
Qui non ci sono coccodrilli, che fortuna! Solo un mare di colline a macchia mediterranea fitta che come onde si sovrappongono e che costeggiano la parte destra ed il fondo pista della zona d' atterraggio. Quindi va bene tutto quello che c’è a nord-ovest, eccettuate palificazioni, tralicci, fossati e recinzioni, un paio di torri, una chiesa, un cimitero e un fiumiciattolo con le sponde fitte di alberi di alto fusto. Non ho dimenticato niente?
Pilota porta Falco a inizio pista, dà manetta, il motore sale su di giri ed urla, ballonzola sul fondo erboso e un po’ sconnesso, e rapidamente decolla nel fragore dei suoi 600 cavalli a turbina.
Guardo Matteo.
Ha la bocca tumefatta e violacea per un pugno preso nel pomeriggio e mi sembra diventato stranamente silenzioso. Peraltro sembra  che eviti qualsiasi sguardo in giro.
Mi chiedo se forse non sia più del tutto convinto di avere avuto una buona idea, ad organizzare un lancio notturno in cinque minuti cinque.
«Tutto a posto, Matteo?», gli domando urlandogli direttamente nell’orecchio.
Fa un segno affermativo mostrando il pollice, poi si alza dalla panchetta.
« Attenzione falchi, », grida,« mi raccomando la quota di apertura. L’altimetro nel buio non si vede. Contate i secondi. Almeno 40, sennò aprireste il paracadute troppo alti e chissà dove vi porterebbe il vento», s’interrompe e guarda negli occhi tutti i falchi ad uno ad uno, poi prosegue, «Quando Pilota François sarà sul punto di lancio, avrete il mare davanti a voi ed il vento alle spalle. Cercate i fari delle auto sulla provinciale, ne avrete un buon punto di riferimento. Auguratevi  di trovarvi sui duecento metri quando avrete la strada sotto i piedi ed a quel punto virate di 180 gradi: avrete il vento contro e atterrerete dritti sulla pista. I fari del camion cisterna sono accesi. Se li distinguete, mirate a quelli.», un altro sguardo circolare e si rimette seduto.
Sembriamo tutti tranquilli, come si usa nella tribù dei falchi, ma in realtà stiamo pescando dentro di noi tutto l’ottimismo di cui abbiamo bisogno. C’è da stare attenti a troppe cose dopo una cena ed una damigiana di rosso.
Mezz’ora dopo Pilota François dà lo stand by** e Matteo apre la porta scorrevole. Il vento rumoroso e gelido dei cinquemila urlanti irrompe nella carlinga col fragore del motore, ed è il solito vento, lo conosco bene, solo che non l’avevo mai visto dipinto di nero.
« Exit, exit, exit!***»
A questo segnale, uno alla volta i falchi si lanciano nel buio.
Quello che mi precede sparisce nella notte ghermito dall’oscurità.
Sparisco anch’io, vorticando nell’aria sotto zero.
Mentre abbandono Falco e metto in assetto il corpo, inizio mentalmente la conta dei secondi, ed è con  un po’ di frenesia che svolazzando compio un paio di giri su me stesso per individuare le luci delle cittadine. Il tempo vola davvero quando si precipita. Mi rendo conto immediatamente dove sia il mare: è un’immensa macchia nera senza astri e baluginìi contornata da una miriade di piccole fonti luminose, come stelle sparpagliate, stelle sopra e stelle sotto. Guardo in alto e ci scommetterei: sembrano davvero più vicine.
Riconosco il sud dalle luci di una cittadina ed il mare nero è sempre là davanti. La pista d’atterraggio quindi è  dietro i miei tacchi. La caduta libera mi sembra più lunga dei soliti cinquanta secondi, ma ne allungo la conta d’un’altra decina  perché nella frenesia dell’uscita nel buio, forse sono stato più veloce del tempo.
Finita la conta estraggo l’hand deploy***, lo scaglio lontano da me ed il pilotino esce per ancorarsi nell’aria ed estrarre a sua volta  la mia ala preferita.
Lo schiocco che fa mi sembra più sonoro del solito. Ancora una volta sono al sicuro sotto un paracadute aperto. E’ sempre una bella iniezione d’ottimismo, no? Sotto di me, luci a sparpaglio, davanti buio pesto. Il mare è là, sempre davanti a me.
Guardo meglio sotto i miei piedi che dovrebbero essere là sotto ma che non si vedono. Ci sono luci in movimento, traffico d’auto sud -nord e viceversa: quella dev’essere la provinciale. Ho il vento alle spalle e sto superandola.
Sono ancora troppo alto per la virata base e per quella finale. Compio un paio di spiralate a gancio ed entro nel tunnel delle manovre veloci, più  buio che a mezzanotte tanto non viene mai, dicevano i Gamma. Forse ci sono, mi stabilizzo. Virata. Altra virata. Sono controvento, da qualche parte c’erano dei tralicci dell'Enel: li avrò superati?
Mi rendo conto che sto per atterrare  quando l’odore dell’erba inumidita dalla guazza notturna mi entra nelle narici. Terra! disse Colombo.
Freno di colpo e capitombolo tra zolle e ciuffi di gramigna bagnati, rotolo-ruzzolo e butto fuori tutta l’aria che ho nei polmoni, che la terra mi sia lieve...
Resto lì, a guardare le stelle, sdraiato e a gambe aperte.

* A quei tempi gli Stati Uniti non ci avevano ancora fatto dono dell’uso del GPS (Global position System): individuare il punto nel buio della notte, non era così semplice.

** Segnale che viene dato al raggiungimento del punto di lancio.

*** Tutti fuori!

 

 

 
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