RECENSIONI ED ALTRO

Il bisogno del pieno che riduce l’impotenza del nulla


 Il dolore della morte scava, svuota, solca la pelle e la mente. L’assenza di chi ami, soprattutto se è la madre si fa seme che moltiplica radici nella carne. E’ l’ineluttabilità del non c’è più a risuonare nel vuoto, l’assenza del corpo amato che preme e si addensa nelle vene, nei pensieri, nel ventre. La morte si fa allora “un baratro lineare/che si percorre ad occhichiusi” precipitando nel distacco, nella mancanza, nell’impalpabile distanza.  E’ questo l’humus emotivo e psicologico su cui si dipanano i versi di Ani+ma, la silloge d’esordio di Marco Colonna, segnalata al premio Faraexcelsior e pubblicata daFaraEditore, 2016. “Preme sul costato ilferro dell’addio/e spinge fino a che sia morte viva/e incandescente” scrive l’autore. Il suo è un bisogno di dialogare, al di là della vita e della morte, con colei che “vita mi ha donatopartoriente”. Il dolore conduce per mano nei palpiti sanguigni del cuore che solo la poesia può consolare, dipanare o soltanto attenuare. Quasi fosse un respiro trattenuto troppo a lungo, prende corpo, accanto alla consapevolezza dell’impotenza, il rimorso: “io che nonti ho trattenuto/e non ti ho salvata”. Un grido intimo del figlio alla madre, un tentativo di riannodare il cordone ombelicale tagliato per sempre: “Madre, il letto della dimenticanza/era vuoto delle cose di te. Mi vedi?” La madre, presenza assenza che “non spira mai, ma lascia traccia/liquida di sé, goccia che precede/con l’essenza, sopravvissuta/a infiniti sacrifici e battiti”. Ecco, dunque la privazione, l’assenza farsi essenza che accompagna i gesti ed i pensieri del vivere quotidiano. Quasi una carezza che viene dal profondo e rassicura il disperato mi manchi:“Mi è cara questa quantità/possibile di silenzio/per contenere/della tua presenza il pieno”. “A un cuore in pezzi, hascritto Emily Dickinson, “nessuno s’avvicini/ senza l’alto privilegio/di avere sofferto altrettanto.” Bisognaaver vissuto l’afflizione del distacco dalla persona amata, conoscere la perdita e lo spasmo della mancanza per sentire tutta la contrizione e la disperazione dei versi di Marco Colonna. Perché fare i conti con la morte non è mai facile, ci pone innanzi alla nostra stessa finitezza di esseri viventi sulla terra: “Seminiamo dubbi e speranze in acque fonde/e nulla cresce all’orizzonte mai/che non sia un’alba che non ci compete/ripetuta all’infinito finché il respiro ci sia dato”.  Non a caso il viaggio interiore di Marco Colonna continua nella ricerca di radici e disignificati nella Vita, nella Terra, ma soprattutto nell’Amore, lì dove risiede il senso più profondo dell’essere: “il nostro amore mangiato come pane/e mentre il mondo muore,/ancora sconosciuti, abbiamo fame”. Un amore di carne, d’intesa, di desiderio e di anima. Il bisogno del pieno che riducel’impotenza del nulla. Un amore che unisce, che si concede, che dà gioia e riempie di sé il mondo:“Di te” scrive Colonna “mi resta addosso/il sapore deltuo cuore”.   Elena Varriale