Creato da elenavarriale1 il 17/09/2011

RECENSIONI ED ALTRO

libri, cultura,idee

 

TRA KRONOS E KAIROS, LA RELIGIOSITA' DEL BENE Recensione di Kairos di Sebastiano Adernò

Post n°15 pubblicato il 06 Marzo 2012 da elenavarriale1

TRA KRONOS E KAIROS, LA RELIGIOSITA’

DEL BENE

Recensione di Kairos 

di Sebastiano Adernò

Image and video hosting by TinyPic

Si apre con tre assunti il bel libro Kairos di Sebastiano Adernò, FaraEditore, Rimini, 2011. Tre “fari” che danno luce ed indicano la strada percorsa dall’autore nei suoi versi. Il primo è il bene perseguito col solo fine di fare il bene: “una buona azione non deve avere intenzione”; il secondo è il tempo e l’impotenza umana innanzi allo scorrere di kronos “discendo da oracoli/ capaci di fermare gli elefanti/ma non il tempo”. Il terzo è la ragione come elemento fondante della conoscenza e della nostra finitezza: “procediamo scalzi, negando che altro esista”.

Il bene, il tempo e la ragione sono dunque il fine, il mezzo e la domanda della ricerca poetica e del talento di Adernò. Sono il suo credo, la sua moralità. E non potrebbe essere altrimenti per chi ha deciso di confrontarsi, misurarsi con il Kairos (καιρός), il tempo di Dio o il "momento giusto o opportuno".  Come spiega l’autore stesso nella sua postfazione “un tempo nel quale le cose accadono” e sono proprio le parole a definirlo questo tempo, a dargli sostanza. Si tratta di un tempo della qualità, della ricerca e del superamento dell’oltre. E’ un tempo oscillante, mutevole, impregnato di consapevolezze e pienezza di sè: “nessun inganno/toccherà l’illusione/in cui giace il mio orgoglio”.

Ma se è vero, come sosteneva San Paolo che “la fede è sostanza di cose sperate e argomento di cose non viste”,  nella ricerca poetica di Adernò si respira un’intima religiosità che non è fedeltà al credo, ma al bisogno di una morale che allontani razionalmente ogni forma di nichilismo e le sue derive negazioniste dell’essere.

Il poeta infatti riconosce l’evidente contraddizione di un “Cristo mai colto” e la forza del suo intuito, “di chi per primo/illuminò il pozzo”. Con le parole scala domande, raggiunge vette, dispiega abissi: “il vuoto cerca continuamente il suo involucro/le nocche bussano/contro gabbie d’ossa”.

Ed è la carne ad aver bisogno di kronos in quanto misura dell’essere, perché genesi e storia della molecola che si è fatta uomo e che inevitabilmente, si farà cenere.

Il poeta allora ripercorre ricordi, il tempo della carne: la nascita, l’infanzia, le ossa fragili della madre, i campi invasi dai corvi, “il profilo del padre nella terra rivoltata dopo la vendemmia.

Radici che alimentano, piuttosto che attutire la damnatio: nell’Infanzia “ La Luna fu spiccioli/la Notte una domanda”, fino all’incontro con l’amore prima ed il dolore poi. Nel Tracciato di Maria “il mio pianto si vestì di madre” scrive con grande intensità espressiva ed empatica Adernò ed il gelo interiore diventa subito corrispondenza con i freddi giorni di novembre: “la sua metafora/ nel mio torace”.

Nella sua ascetica e dialogante prefazione, Massimo Sannelli scrive: “Perché io sia, ci deve essere qualcosa che io non sono. A questo punto, attenzione: o ti riconosci pieno di vuoto, e lo sai, o non vuoi saperlo, e ti disperdi”.

Adernò non si lascia trascinare dalla seduzione del nulla, non si disperde nei vortici dei suoi dubbi e nonostante ammetta che “ogni giorno il verbo si fa carne/macello” sa che solo perseguendo il bene si può vivere al meglio gli attimi di kronos e le illusioni di kairos. Tra kronos e kairos, dunque, la religiosità del bene.

Elena Varriale

 

 L'AUTORE

Sebastiano Adernò è nato in sicilia nel maggio del 1978. si è laureato in Lettere Moderne a Milano.

Nel 2010 ha vinto il "Premio Ossi di seppia" e si è classificato terzo al Premio di poesia "Antonio Fogazzaro". Ha ottenuto il secondo posto all'International Poetry Slam di Trieste.

La sua prima raccolta carminasincronici risale al 2008, pubblicata nell'antologia Storie e versi di Fara Editore. A marzo 2011 è uscita la sua opera prima Per gli anni a venire edita da Lietocolle e da maggio 2011 è presente nella Collana "Nuovi Echi" de La scuola di Pitagora editrice.

Ha prodotto e diffuso il documentario U stissu Sangu

a Bruxelles, New York ed in tour per il Messico e per il quale ha ottenuto un riconoscimento al Premio Giuseppe Fava giovani per l'impegno di denuncia sociale.

 

 

 
 
 

NEL VOLO, LA CATARSI POETICA-Recensione di "...E Volo" di Elzide Giovagnetti

Post n°14 pubblicato il 09 Febbraio 2012 da elenavarriale1

NEL VOLO, LA CATARSI POETICA

    Recensione di “…E volo 

        di Elzide Giovagnetti

Image and video hosting by TinyPic

Il dolore non si trattiene e non si dimentica, a volte è difficile domarlo, ma può essere curato e sublimato. E’ questo il senso più profondo del delicato libro  “…E Volo” di Elzide Giovagnetti edito da  Edizioni Montag, Collana Solaris, 2012, arricchito dalle illustrazioni di Emilia Pieroni.               

L’incipit è dunque il dolore pulsante, vivo, indomabile: “Sei nel cuore /che stenta a morire /che pur fermo /batte e fa rumore.” Un dolore che accompagna e sovrasta: “Senti il dolore giungere/al più alto livello /dove il pensiero decide /se sopravvivere.”  Senza controllo e senza pause: “Non è facile guidarlo, /va come fosse un peso /che cade da un grattacielo.”

Un dolore intimo, che nasce nelle viscere e si fa grido del mondo: “Non c'è pane /per tutti gli affamati /e chiedono gli occhi/quando i pensieri /imprigionano le parole e le spalle /son curve per pudore. /Non c'è pane, /per tutti non c'è pane.”

Una sofferenza che non può essere trattenuta nella carne. Fa troppo male. “Piangi, metti le lacrime dove possono stare! /Non saranno mai troppa acqua ad affogare! /Solo acqua a dissetare, /a rendere meno arida la terra!”

Il poeta Salvatore Quasimodo ha scritto: “Avidamente allungo la mia mano:/dammi dolore cibo cotidiano”  quasi a voler sottolineare come nella sofferenza esista la possibilità di una catarsi poetica capace non solo di lenire ferite, ma anche di alimentare nuova linfa da cui il poeta attinge e si disvela.

Ed è nel volo che si compie la catarsi poetica dell’autrice, in quel leggero librarsi sulla pesantezza del quotidiano che apre improvvise prospettive e speranze:  “Ora/ mi fermo, /catturo il tempo/ e mi metto a volare.“ Nel suo volo, l’autrice trova il mondo e il suo incanto: “Catturato /da arco variopinto /è nella luce /ora/ il mondo.”

Un mondo ed una natura dialoganti, quasi in simbiosi col poeta, disponibili a svelargli magie e misteri: “suoni a cantare melodie/ nelle notti calde dell'estate/ e le acque limpide di fiumi/ a dissetare l'azzurro mare”.

Non c’è retorica, ma ricerca nella poesia di Giovagnetti, ci sono visioni ed allegorie vive e palpitanti a cui il poeta presta solo la sua voce: “tracciati deformi /come fantasmi in volo, /spuntano lontano/ scoperti da pallido /raggio di sole.”

                Elena Varriale

L’AUTRICE

Elzide Giovagnetti è nata a Corridonia e vive nella piccola frazione di Colbuccaro. Nel 2009 ha scritto la sua opera prima “A me” e “ Nel cuore “ nel 2010 selezionate per la collana Solaris Edizioni Montag.

Tre suoi racconti sono nella collana Anthology Montag :

“Dolore nel cassetto”per i Sentieri del cuore; “Viaggio incantato” per Alchimie di viaggio; “Non voglio parlare d'amore” per L'amore delle donne

Le sue poesie sono anche nelle ANTOLOGIE :

“Cara Alda, ti scrivo...” e “Se sbaglio mi corriggerete...” di Ursini Edizioni

ISTANTI d'infinito 1°-2°per “Ass.cult. LEOPARDIANCommunity

Coro a più Voci” Edizioni Simple

SCUOLA DI POESIA Vydia editore Poetry “Poi, il silenzio” sempre per la Montag

Ha partecipato a più edizioni di Poetry Slam a Porto Recanati, Macerata e Bologna.  

 

 
 
 

LA MANCANZA DISCHIUDE MONDI-Recensione dI "MAGARI IN UN'ORA DEL POMERIGGIO" dI DAVIDE VALECCHI

Post n°13 pubblicato il 05 Febbraio 2012 da elenavarriale1

LA MANCANZA DISCHIUDE MONDI

Recensione di “Magari in un’ora del pomeriggio”

    di Davide Valecchi

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Un suono, un respiro, uno sguardo, l’ombra “che mi visita nei sogni”: visioni e sensazioni che danno forma e sostanza ai bei versi di Davide Valecchi del suo libro “Magari in un’ora del pomeriggio”, opera vincitrice del Premio Fara Excelsior 2011 e pubblicato da Fara Editori, Rimini.

Evanescenze di suoni, profumi ed istanti che raccontano una mancanza, qualcosa di molto più profondo ed intimo dell’assenza. Qualcosa che non c’è ancora, ma che il cuore già sente come sua: “Oggi ho indossato la tua mancanza/in ogni luogo che ho occupato: /un’intera giornata nel tuo segno/come se conoscessi il tuo sapore.”

Una mancanza che non apre vuoti, ma dischiude mondi, che non toglie, ma aggiunge. Una mancanza che non ferma, ma spinge. Va oltre: “ho voluto vedere l’arcobaleno /che ti ha visitato a metà del giorno,/nonostante fossi dall’altra parte,/al principio o alla fine della curva”.

E se è vero, come ha sostenuto Maria Luisa Spaziani che il “ritmo è sovrano di tutte le cose che hanno senso a questo mondo”, gli   endecasillabi di Valecchi non sono solo ben strutturati, sinuosi ed avvolgenti, ma come vere e proprie partiture tracciano armonie e fughe su scale di sillabe: "I contorni di ogni cosa si accendono/ di una grazia inesorabile e quieta/ solo per qualche minuto di gloria/ che forse non ti comprende nemmeno".

C’è dunque musicalità nella mancanza tratteggiata da Valecchi, ma anche la ricerca di uno stile che sappia dipingere il reale con le ombre di un conosciuto ed interiorizzato stato d’inquieto garbo: “E’ la prosaica mancanza di fiato/che mi procurano certe tue note/feroci di grazia quando ti muovi/o quando getti in mezzo alle tue frasi/echi celesti inconsape volmente.”

La mancanza è musa ispiratrice che accompagna e guida il poeta facendolo oscillare tra il rapimento di un semplice sguardo e gli inevitabili laconici giorni: “resta delle ore/alle spalle una polvere sparuta/di pertinenza incerta”.

La poesia allora diventa un vento leggero, quasi un alito che soffia ed alimenta la brace calda dei desideri: “La primavera fomenta gli inganni/della mente: echi della tua forma/riempiono ogni luogo naturale”.

 

Elena Varriale

L'autore

Davide Vallecchi è nato a Firenze nel 1974. E' un grande appassionato e cultore di poesia italiana del novecento e contemporanea. Ha una laurea in Letteratura italiana con tesi su Maria Luisa Spaziani. Sue poesie sono apparse in riviste (cartacee ed on line) e in vari blog letterari.

Nell'aprile del 2011 una sua poesia, accompagnata da un video, ha vinto il premio "Poesia in video" presso il centro di Poesia Contemporanea dell' Università di Bologna.

Polistrumentista, è attivo come musicista fin dall'adolescenza: ha fatto parte di numerose band spaziando in generi musicali diversi: rock, metal, new wave, sperimentazione, elettronica.

Attualmente è impegnato con due formazioni: Video Diva (new wave, rock, elettronica) e Downward Design Research (elettronica, ambient, industrial). Con lo pseudonimo di aal  (almost automatic landscapes), a partire dal 2001 ha intrapreso un percorso di ricerca sonora in campo elettro-acustico, concreto, elettronico e ambient, pubblicando lavori per varie etichette italiane ed internazionali. L'attività poetica e quella musicale sono profondamente interconnesse.

 

 

 

 

 
 
 

TRA SACRO E PROFANO, IL VIZIO SI FA VIRTU'-Recensione di "Il nipote di Monsignore" di Anna Rocco

Post n°12 pubblicato il 03 Febbraio 2012 da elenavarriale1

 

TRA SACRO E PROFANO, IL VIZIO SI FA VIRTU’

Recensione di “Il nipote di Monsignore” di Maria Rocco

 

 

Image and video hosting by TinyPic

Ambientato negli anni cinquanta, in  un paesino lucano del Sud Italia,  il bel libro “Il nipote di Monsignore” di Anna Maria Rocco edito dalla 0111 Edizioni racconta l’amore profondo ma contrastato di due ragazzi: Lola ed Alberto. Ad ostacolare il loro amore sono la tradizione e le consuetudini di un piccolo e chiuso ambiente sociale dove i destini sono già stabiliti per nascita.

Il loro è infatti un amore impossibile perché figli di due famiglie diverse per rango e per destino. Alberto è il nipote del Monsignore e perciò destinato ad un matrimonio con una famiglia del suo stesso ceto, mentre la bella ed appassionata Lola è figlia di una famiglia senza ruolo sociale e prospettive. Un universo sociale che non prevede mobilità, che si arrocca sulle sue tradizioni ed in esse trova ed afferma la continuità delle sue origini.

L’incipit del romanzo è il ritorno al paese, dopo anni di emigrazione, di Giovanni, lo sfortunato marito di Lola: “Esattamente cinquant’anni erano passati dall’ ultima volta che Giovanni aveva percorso, in senso contrario, quella strada; tanti, troppi ricordi, faticosamente tenuti a bada per troppo tempo, stavano riemergendo e straripavano dall’animo in tumulto.”

Comune a molte storie del Sud, anche Giovanni dopo aver sposato Lola ed aver avuto con lei una bambina, ha dovuto lasciare la sua terra e la sua famiglia in cerca di lavoro e di fortuna in America. Normali storie di emigrazione e di distacco di un’Italia post-bellica. E’ il 1952 ed il racconto comincia con la Processione della “maestosa” madonna Nera: “portata a spalle da una ventina di uomini forzuti, si muoveva velocemente lungo il sentiero aspro che, dal paese, portava verso la montagna, sulla cui cima una chiesetta, ossequiando un’antichissima tradizione, ospitava la Madonna dalla prima domenica di maggio fino alla prima domenica di settembre, quando, con una grande festa, la statua sarebbe stata riportata in paese.”

 

Ma sacro e profano, nelle terre del Sud Italia, convivono da sempre: nella comunità dove tutti tendono a salvaguardare apparenze e valori tramandati, Monsignore ama ricambiato Annina e Lola sposata con Giovanni aspetta un figlio dal suo vero ed unico amore: Alberto! Lo scandalo è insopportabile per l’Italia di allora che non conosce il divorzio e dove  l’adulterio femminile è considerato un reato. Figurarsi, in un piccolo paese dove tutti conoscono tutti e non esistono segreti.

L’autrice con uno stile convincente e ricco di particolari ci racconta, in fondo, come eravamo. Il suo è uno sguardo antropologico e culturale sulle piccole tradizioni popolari che si evolvono senza mai sparire completamente dal tessuto sociale. E sono proprio le donne del paese, le più accanite sostenitrici della salvaguardia delle tradizioni: Vincenzina è la donna che mormora, racconta, condanna e consiglia. Il suo giudizio è temuto perché è sentenza di paese: “di bocca in bocca, di casa in casa: «Quella sfrontata uno come Giovanni non se lo meritava proprio…»; «Tiene sempre il pensiero al nipote di Monsignore…»; «La colpa è del padre che non l’addrizza…»; «La colpa è della madre che l’ha cresciuta come una principessa…». Ognuno, dopo aver riferito il pettegolezzo, ben infiocchettato con un’aggiunta personale, chiosava con: «Mi raccomando, non dire niente a nessuno.»

E’ l’ipocrisia, dunque, a tenere insieme la comunità e l’amore, quello vero, non può essere vissuto, non ha legittimità, va solo cancellato, sepolto e dimenticato. Ci sono gerarchie ed ordini sociali che non si possono mettere in discussione, ma l’autrice ci dice che, in fondo, come sosteneva La Rochefoucauld, se è vero che l’ipocrisia tiene insieme tradizioni è anche “un omaggio che il vizio rende alla virtù”.

Elena Varriale

 

L'Autrice

Maria Anna Rocco, lucana di nascita, dopo aver conseguito la maturità classica, si è trasferita a Napoli, dove si è laureata in Biologia e dove vive tuttora. Lavora nel settore informatico. Sposata, due figli, da sempre appassionata alla lettura, “Il nipote di Monsignore” è il suo primo romanzo.

 

 

 

 
 
 

NON CAMMINARE SCALZO DI RITA PACILIO

Post n°11 pubblicato il 30 Dicembre 2011 da elenavarriale1

 

 

Nella carne vivida degli spasmi

Recensione di

Non camminare scalzo

di

Rita Pacilio

 

 

                                       Image and video hosting by TinyPic

 

Dolore, cicatrici e ferite insanabili che dilagano ed ardono nelle viscere di bambina violata  e di donna incompiuta. Sono questi i protagonisti dell’intenso monologo teatrale “Non camminare scalzo” di Rita Pacilio, pubblicato da Edilet.

“Io scrivo della carne che brucia, dell’aria che penetra l’umido che respira e si apre in penombra, in silenzio, in un senso disperso, nell’unico senso che conosce un dito, la mano” scrive l’autrice. L’intento è dunque chiaro: non solo raccontare, dare voce al dolore altrui, ma affondare con le mani e con le parole nella carne vivida degli spasmi. Precipitare “scalza” nella sofferenza e nel delirio del patimento usando un doppio binario stilistico in cui la prosa del racconto evolve fino a diventare poetica del tormento.

Ha infatti bisogno del verso Rita Pacilio per raccontare l’orrore dello stupro subito da una bambina: “Era mio padre. Avevo cinque anni/e due mesi, la sua schiava bambina,/la sua puttana, forse persi i sensi,/quella prima volta, forse persi/la ragione, forse persi per sempre, la mia parte migliore, quella che ognuno ha dentro/in quella macchia di sangue e fuoco sul lenzuolo”.

Ciò che sorprende e colpisce nella scrittura della Pacilio è il rispetto, la leggerezza ed il senso pieno della pietas anche quando deve narrare la crudeltà di una madre che si accanisce sul corpo della sua bambina: “Mia madre era l’unica persona/a cui avrei voluto dare un bacio./La seguivo per casa. Ne conoscevo gli umori./L’amavo senza remore,/i miei pensieri le imploravano/ una carezza. A me sapeva dare/solo dolore.”

George Bernanos ha scritto: “Chi cerca la verità dell’uomo deve farsi padrone del suo dolore”. Fare i conti col dolore significa quindi conoscere l’uomo nella sua essenza più intima e l’autrice sa che il dolore spesso è l’altra faccia del piacere. Non a caso, l’incontro sessuale e d’amore tra la protagonista ed il suo uomo che divide con un’altra viene raccontato senza veli e senza falsi pudori: “Giro con un dito in girotondo/al clitoride in piazza…e fa fontana!”

Non camminare scalzo è dunque un testo che non si limita solo a dare voce agli abissi umani, ma ricerca ed osa, nello stile e nel racconto. Va oltre, entra e fruga nelle cicatrici con la consapevolezza che solo attraversando tutte le spirali, le doglie del patimento, è possibile sfiorare, comprendere e “dominare” le afflizioni dell’anima: “rosa mi chiamano ma nasco spina/non so dirti l’attesa senza fondo,/è livida la mia profondità”.

 

                    Elena Varriale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

SOLO 800 BATTUTE...L'ASSENZA!

Post n°10 pubblicato il 14 Novembre 2011 da elenavarriale1

Image and video hosting by TinyPic

 

800 battute è il gioco letterario con scadenza quindicinnale del movimento culturale Liberiamo il Cratere che chiede di riflettere in prosa o in prosa poetica ed in sole tassative 800 battute su di un tema letterario.

Ecco pubblicati i  testi sull’…ASSENZA


…CIRCONLOCUZIONE MARMOREA

La luna piena si è fatta spazio nella cupola di vellutata oscurità che mi sovrasta. E’ una sfera perfetta, circonferenza lattea di mesto volto eburneo. Ha uno sguardo albicante, terso mentre riversa, in questa calda ed umida notte d’estate, fulgida luce di cangiante malinconia. Sono avvolta da un perimetro di luce argentata, circonlocuzione marmorea di domanda irrisolta. Afflitta dall’assenza. Troppi anni senza. Giorni, mesi, anni, ore…senza.  Il mio non dire, assenza che scivola nel ventre e lo ingravida di torbida mestizia. Privata del mio dire sono aureola disincantata dell’oscurità, mi epuro da false attese e da sogni incandescenti. Rincorro intermittenze, sospiri del buio e nel candore irradiato delle mie consapevolezze, ritrovo l’estro e la poesia che temevo persi.

Elena Varriale

 

…NON SONO PIU’

E se è vero che la fede esige l’umiltà dell’intelletto per far posto alla grandezza dei misteri, la tua assenza nel susseguirsi di stagioni misura senza posa la fatica del mio amore.

Un vuoto che si fa ma...linconia, nostalgia di desiderio.

Senza te, ogni cosa vive d’ombra senza luce.

E tengo il cuore tra le mani, il passato è memoria che ritrova il volto d’avvenire, e il tuo nome si distende sulla vita tra armonie dissonanti e ondate di dolcezza che l’anima confonde ai sogni di quest’ infinito mondo liquido dove senza te, ormai, non sono più.

Letizia Vitale

 

…E’ DI LACRIME PURE

L'assenza è da stasera, da quando è venuto un angelo a portarti altrove, l'assenza sarà il posto vuoto ad ogni compleanno, sarà l'affetto e la dolcezza di cui piango già il rimpianto, l'assenza quello strappo nel cuore che il ricordo non lenisce. l'assenza stasera è di lacrime pure.

Mariangela Ruggiu

 

 

 …FRAGILE RESISTENZA

La notte somiglia al nulla, se la percorri è andare oltre dove tanti vanno e non sai se si perdono o magari si ritrovano. Ti assale l'angoscia del tempo andato e di quello che deve ancora andare, il tempo dell'assenza! Ti soffoca, sai di no...n contenere la necessità di avere quel calore, quella voce, quel corpo e il dolore giunge al massimo livello, il pensiero decide se sopravvivere! Non è semplice guidarlo, va come fosse un peso che cade da un altissimo grattacielo, la corsa è sempre più veloce verso la terra e se non trovi il punto non puoi evitare lo schianto! Se lo trovi non sai risalire e resti ferma in bilico, in attesa. Guardi dove i tuoi occhi possono arrivare, a sperare che qualcuno possa capire. Consapevole impotenza di non poter andare sola. Fragile resistenza che chiede solo una mano per non cadere.

Elzide Giovagnetti


 

…E’ UN VUOTO DIFETTOSO

E’ quel vuoto difettoso, incompleto, irrisolto, incolmabile, tra una cosa e un’altra, una persona e un’altra. Una forza che non sposta, non crea e nulla modifica. Una statica tormenta che sottrae, respinge, inghiotte. Una crudele mutilazi...one dell’anima, senza anestesia. E’ uno che sceglie mentre un altro non ha scelta. ··E' uno ·che si dona mentre un altro si nega. E’ uno che sta mentre un altro se ne va. E' uno ·che ricorda mentre un altro dimentica. E’ uno che sopravvive mentre un altro vive. E’ uno che corre mentre un altro rincorre. E’ uno che ·spera mentre un altro dispera, e gioisce mentre ·un altro patisce. E’ uno che perde la libertà, la luce, l’aria, il respiro mentre un altro qualcosa trova. ·

           Tina Ceraso

 

 

…IN CONTROLUCE

Un tonfo improvviso di anni, un distacco, un abbozzo di pena, l’assenza.  Finisce così! Spesso finisce così.   La recita è finita, cala il sipario, il teatro si svuota. Tra fine e preludio  strisce di vita.  Vuoto, adesso. Resettare speranze, mettere in circolo nuove illusioni. Il sangue è prosciugato come una fiumara d’estate,  passa attraverso campi bruciati,  ha memoria di tumulti, di cascate di vita. Come un rabdomante cerco di individuare ancora  l’acqua chiara dei tuoi occhi nel sottosuolo di questa  solitudine,  l’oro delle tue mani nel ventre molle di questa miniera di malinconia. In controluce mi appaiono macerie di sentimenti. Un lontano latrare di cani squarcia l’indicibile silenzio.  Trabocca la tua assenza   oltre le ombre della notte, si fa tempo   imbalsamato nel tempo che scorre.

Lorenzo Curti

 

 

 

 
 
 

AMBIVALENZE DELLA MEMORIA-Recensione di "Come Muschio su pietre" di Lorenzo Carmine Curti

Post n°9 pubblicato il 29 Ottobre 2011 da elenavarriale1

AMBIVALENZE DELLA MEMORIA

Recensione di "Come Muschio su pietre" 

di  Lorenzo Carmine Curti

Image and video hosting by TinyPic

“Fermare il tempo. Privilegio crudele dei poeti vedere oltre lo specchio che riflette” scrive Lorenzo Carmine Curti nella sua intensa silloge Come muschio su pietre, ed. Ilmiolibro.it.

L’intento del poeta è chiaro: attraversare il terreno franoso dei ricordi, per fermarli e fotografarli nei sensi. “Tempus edax rerum” scriveva Ovidio nelle sue Metamorfosi. Il tempo divora e restituisce. Ma rivivere per l’autore diventa subito sinonimo di vita e di presente: “Non oltre quest'inezia/non grandi sogni, strade d'oro lastricate:/cerco il sole,/l'estate,/un corpo caldo di passione /e turbamento,/il tuo amore,/di questo son contento.” 

Il tempo è dunque misura dell’ esistere e dell’essere. E’ “muschio” che si attacca all’anima che affianca e segna il ritmo dei passi e delle scelte, per poi cancellare impietoso i labili confini tra i ricordi che sfumano e le immancabili consapevolezze sopraggiunte.

La memoria, come il tempo ha le sue ambivalenze. Accompagna, fissa e poi trasforma prospettive, visioni: “E come corda tesa su un abisso/ m’annodo a rocce laviche, sospeso/in una scoria di tempo a ripensare/a come muta vento e muta mare.”

Nella vita tutto scorre ed evolve facendo smarrire, a volte, anche il senso dell’andare o del tornare: mutevoli  colori, le stagioni s’inseguono/sfrenate; preludio e  fine sono appese /un filo di tempo, non sai se si discende/o si sale dentro gli anni, se cammini o/sei fermo nei tuoi giorni che vanno.

Eppure, si chiede l’autore la percezione del tempo non è mai uguale a se stessa perché esistono gli attimi in cui filtra sabbia più lenta la clessidra e la corsa del divenire si attenua per dare spazio alle emozioni (l'amore, la famiglia, le figlie), così come esistono gli istanti in cui il tempo sembra fermarsi per sempre ed  implodere nelle vene:  Ritorno/ora il sangue ha dentro frane/scorre lento al traino dei bisogni,/non dei sogni è volano/che detriti ne rallentano il cammino.

Curti viaggia nelle ambivalenze della memoria, ma per ritrovare il senso e l’energia del sono: m’invada voglia nuova che s’esalti/di poche cose  semplici,  leggère

 

Elena Varriale

L'AUTORE

Lorenzo Carmine Curti è nato a Torano Castello (CS) nel 1967 e vive a morano calabro (CS). Docente di chimica ha pubblicato le raccolte poetiche:

Compendio di giorni migliori (1999)

Tracce (2010)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

NAPOLI, L'INCANTO DELLA REALTA'- Recensione di "Anima Azzurra" di Argia di Donato

Post n°8 pubblicato il 18 Ottobre 2011 da elenavarriale1

NAPOLI, L'INCANTO DELLA REALTA'

         Recensione di Anima Azzurra

           di Argia Di Donato

Image and video hosting by TinyPic

 

E’ nel cuore pulsante di Napoli, nel labirinto dei vicoli dei Quartieri Spagnoli che si snoda la trama di “Anima azzurra”, il romanzo della giovane scrittrice partenopea Argia Di Donato, in uscita per Photocity Edizioni.

Anima azzurra è una favola post-moderna che sovrappone alla realtà, l’incanto della fiaba. Alla parola, le bellissime illustrazioni di Mirella Menciassi. E non è un caso che i protagonisti siano dei bambini già adolescenti come Cesco ed Antonio ‘OBotto, cresciuti e vissuti per strada a contatto con il degrado della pietra e la violenza dei corpi. Loro sono segnati da un destino di non speranza: “Perché i sogni non possono mai trasformarsi in realtà? Perché le cose non vanno come noi vorremmo?” si chiede il piccolo Antonio. Eppure, nel dedalo di vicoli e di sofferenza aleggia un sogno che unisce e redime tutti: il tifo per la squadra del cuore, il Napoli che può finalmente entrare nella Champions League e riscattare un’intera città.

“Il Napoli” scrive l’autrice “è l’unica cosa bella che esiste, l’unica vera ragione per credere in qualcosa, l’unico momento dove tutti, invece di sputarsi in faccia come fanno al solito, si abbracciano e ridono e piangono per lo stesso motivo”.

La passione per il calcio, dunque, ma anche per Romilda, una ragazzina costretta sulla sedia a rotelle, eterea come una fata e dolce come un sogno. Romilda è l’altra Napoli, quella di Posillipo, quella che si specchia nel mare e nella bellezza del golfo. Ma Romilda è anche il dolore del corpo costretto su una sedia a rotelle a cui si aggiunge la perdita precoce della mamma ed un padre in perenne assenza per viaggi. Un dolore che Romilda ha saputo interiorizzare, superare e sublimare nel sorriso e nel dono. Lei è la fata che conquista tutti e portarla al San Paolo diventa un obiettivo fondamentale dei piccoli scugnizzi. C’è infine anche la strega o la maga, mamma Rosalia che in un umido basso dispensa filtri d’amore, riti propiziatori ed illusioni divinatorie. 

La Napoli raccontata da Argia Di Donato è dunque una città alla ricerca del riscatto, una città che non si arrende, che sogna e spera. E’ la Sirena Partenope che vuole ancora incantare. 

 

                                          Elena Varriale

 L' AUTRICE

 

Argia di Donato è nata e vive a Napoli. Laureata in Giurisprudenza, è specializzata in diritto di famiglia e diritto minorile. Dal 2007 è iscritta all’Albo dei Giornalisti della Campania ed è direttore responsabile del trimestrale di informazione giuridica Juris News.

Ha pubblicato Favole - per grandi ancora fanciulli (Albatros Edizioni, 2009), raccolta portata in scena in occasione della XX Edizione di “mOmENTi 2009 - Festival internazionale di teatro, video, musica e cultura giovanile” di Perugia;

un suo racconto, Il mondo nascosto, è stata pubblicato nell’antologia curata da Giuseppe Cozzolino Napoli. Geografie del mistero (Giulio Perrone, Roma, 2010).

Un altro racconto, Un amore fatto a mano è stato pubblicato nell’antologia Se mi lasci non male – penne d’amor perdute (Kairos, Napoli, 2010).

Ha pubblicato Luna tonda (Boopen Led, Napoli, 2010) con Luciano Marangon.  

È illustratrice e pittrice. Il suo sito internet è www.argiadidonato.it

 

 

 

 

 
 
 

I SOGNI SONO DARDI SENZA META-Recensione di Tutte noi abbiamo un Mister Big di Oriana De Iulio

Post n°7 pubblicato il 15 Ottobre 2011 da elenavarriale1

 

 

  I SOGNI SONO DARDI SENZA META

Tutte noi abbiamo un Mister Big

         Romanzo d'esordio

        di Oriana De Iulio

 

 

 

 Image and video hosting by TinyPic

Napoletana, una laurea in lettere col massimo dei voti ed un cassetto pieno di sogni e speranze: questa è Giulia Contini, la protagonista di “Tutte noi abbiamo un Mister Big”, romanzo d’esordio della giovane scrittrice Oriana De Iulio in uscita per la 0111 Edizioni. Un romanzo generazionale che  racconta e riflette sul dramma della precarietà lavorativa: “ho all’attivo un centinaio di colloqui di lavoro, una decina sviluppatisi in impieghi, tutti sottopagati, la maggior parte in nero o peggio ancora con contratti a progetto il che significa: no ferie, no malattie, no paga fissa, no buoni pasto, no tredicesima, no maternità, no orari di lavoro stabiliti, ma una vera e propria condizione da schiava moderna.” Ma nell’avvincente plot c’è di più: la protagonista, l’io narrante sembra infatti chiedersi di continuo quanto la precarietà vissuta nel lavoro e nella professione si rifletta poi nelle sue scelte d’amore e di vita?  Non è dunque solo il racconto di un’esistenza da precaria, ma la consapevolezza di vivere una vita precaria in cui anche l’amore è sfuggente e mai certo. “Lavori e amori a progetto”, come scrive l’autrice.

 

 

Giulia appare dolce, sensibile, insicura ma in realtà è una combattente che non vuole arrendersi e rinunciare ai suoi sogni. Insegue promesse, curriculi, esperienze di lavoro, master, stage, insegue tutto per dare un senso alla sua vita. Anche con gli uomini: non le mancano le esperienze, le tentazioni, le occasioni ma lei rincorre  il suo sfuggevole Mister Big, Lorenzo, saltuaria presenza/assenza della sua vita, il suo brivido sulla pelle. Da sottofondo alla storia, c’è  infine la consapevolezza di vivere in una città complessa e difficile come Napoli: “mi fa male dirlo ma è così: nascere al sud significa portarsi dietro un handicap che ti rende la vita più difficile, perché devi essere necessariamente più bravo, più colto, più flessibile degli altri, disponibile a lasciarti alle spalle la tua città, la tua famiglia”

Tutte noi abbiamo un Mister Big  è dunque anche un romanzo di denuncia perché mette a nudo l’anima di chi ha imparato ad adattarsi, a piegarsi, Giulia si chiede: ma dovevo laurearmi per scrivere al computer e ordinare il caffè? Ecco,  è un’anima che si specchia in se stessa, che si flette fino a formare una curva, un arco teso in cui i desideri e i sogni sono  dardi senza méta.

        Elena Varriale 

 

  L'AUTRICE

Oriana De Iulio è nata e vive a Napoli. E' redattrice (Cultura e spettacoli) c/o l’Agenzia di Stampa “IlVelino Campania”,   Articolista c/o la redazione del Settimanale "Ephemerides". Si occupa del settore artistico - culturale e di progettazione di corsi di giornalismo e cineforum nelle scuole.

 

Autrice del soggetto e della sceneggiatura del testo teatrale “Uomini in ombra” messo in scena dalla compagnia amatoriale Li Guitti al Teatro delle Arti- Torre del greco.

Autrice soggetto e sceneggiatura del cortometraggio “Amore palindromo” della regista Fabiola Catalano.

Autrice soggetto e sceneggiatura del cortometraggio “Un ricordo rubato” regia Fabrizio Bancale (in lavorazione).

 

 

 

 

 

 

 
 
 

SDRUCCIOLI BRIVIDI D'ALTERITA'..."Segreta" di Daniela Cattani Rusich

Post n°6 pubblicato il 08 Ottobre 2011 da elenavarriale1

SDRUCCIOLI BRIVIDI D’ALTERITA’

                    “Segreta”

       di Daniela Cattani Rusich

                Image and video hosting by TinyPic

 

Io e gli altri, il me ed il sé, l’ossessione dell’alterità, la dualità dell’essere, il dilemma dell’identità: “ma chi è io, se essi non sono io?” si chiedeva Paul Valery.

Ed è proprio la dualità: aria/fuoco, io/tu, io/le donne, nonché il sottolineato confronto sinergico con  altri artisti ad ispirare ed attraversare ogni singolo verso della bella ed intensa silloge “Segreta” (Onirica Edizioni, 2010) di Daniela Cattani Rusich.

L’anima è segreta” scrive l’autrice “sorgente di profumi/amplesso di Aria/ e/ Fuoco/fremente di poesia”.

Aria e Fuoco, dunque, le due parti in cui è suddivisa la silloge che apparentemente sembrano contrapporsi ed annullarsi vicendevolmente,  ma che nella dualità ideale della  Rusich diventano un unico che dà forza, senso e ragione alla poesia. E’ infatti nel caos dell’anima che la poesia ritrova la perduta, segreta o nascosta armonia: “ha più cicatrici che fiori/la strada che porta alle stelle…”

E nella dualità dell’essere ci sono gli opposti: maschile/femminile, giorno/notte, terra/cielo. Polarità che convivono e si conciliano in sintesi di accettazione: “Tra terra e mare/è quel che amo di te:/ciò che non somiglia”. Comprensione e rispetto dell’alterità fino all’estrema sintesi nel destino condiviso: “Antitetica armonia sei/- presente - estro d’assenza/a sciogliermi il respiro/ pulsando acute sintesi in destino”.

E le parole per  rincorrere e rappresentare la dicotomia ordine/ disordine non possono che disporsi, distendersi e sistemarsi in versi liberi. Versi che sperimentano e ricercano ritmi e lemmi. Osano, in una vera e propria “sinergia fra parole e segno, tra fonema e significato”, come ha spiegato Ivan Fedeli nella sua prefazione.

L’autrice anche nello stile predilige l’alterità: esplora con la mente, senza dimenticare la pelle, un’ interessante e stimolante sperimentazione fonetica e semantica.  “Lungo la schiena,” scrive “-sdruccioli brividi d’accenti acuti -reazione chimica che cerca e svolge”.

                       Elena Varriale

 

 

L' AUTRICE

Daniela nasce per caso a Milano, da madre greca e padre friulano. Il suo sangue misto pullula anche dei geni turchi della nonna, di quelli slavi del nonno e di quelli armeni dei bisnonni. In lei convivono aspetti e culture diversissime.

Di formazione umanistica, ma estremamente eclettica, dopo aver frequentato lo IULM, si specializza in relazioni pubbliche e fa praticantato presso due testate locali della provincia di Milano, ottenendo il libretto di pubblicista.

Inizia a scrivere poesie all’età di otto anni; poi, col tempo, oltre alle altre passioni - la fotografia, la musica, il canto, il ballo - approfondisce sempre più il suo primo grande amore: la scrittura in tutte le sue forme. La sua prima opera edita, una fiaba del 2006, viene inserita nel volume L’angolo fatato -collana Fantagraphia, LDS editore. Numerosi suoi testi, sia in prosa, sia in poesia, sono presenti in antologie di autori vari, pubblicate da Aletti, Giulio Perrone, Albus, Liberodiscrivere, Liminamentis, Onirica edizioni.

La sua prima silloge “Rendimi l’anima”- Edigiò, arriva terza al concorso nazionale “Poetando” della Albus e finalista a quello della Montedit nel 2008.

Ottiene alcuni riconoscimenti, segnalazioni di merito e il primo premio nella sezione racconti con “Porrajmos- l’olocausto zingaro” al concorso artistico internazionale “Them romano” 2008; l’anno dopo si classifica prima al concorso “Un monte di poesia”, con la lirica “Segreta”, che dà il titolo alla sua seconda silloge, premiata da poco (settembre 2011) al concorso “Massa città fiabesca di mare e di marmo”.

Nel 2009 si concretizza l’esperienza di “Malta Femmina”: un romanzo corale pubblicato con Zona editrice e scritto da quindici autrici di tutta Italia, al quale ha partecipato nel ruolo della zingara Kali. Nel 2010 la poesia “Mia viandante senza tempo è premio della giuria al concorso nazionale “Massa città di mare e di marmo” e al Trofeo Colle Armonioso dell’Accademia Alfieri di Firenze.

Nel 2011 esce il suo primo romanzo breve “C’è Nessuno?”, che sta già riscuotendo un buon successo di pubblico.

Daniela è scrittrice, poeta, pubblicista, editor e performer; redattrice del sito Poetika.it, direttore creativo di Onirica Edizioni, realizza videopoesie, videoletture e segue progetti collettivi. Pubblica articoli sul web, partecipa a eventi, reading, presentazioni e performance, che organizza anche per altri autori. Ha curato alcune antologie per Onirica e Albus Edizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

RITA PACILIO: QUANDO IL PECCATO CANCELLA DIVIETI

Post n°5 pubblicato il 28 Settembre 2011 da elenavarriale1

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 QUANDO IL PECCATO CANCELLA DIVIETI

            "Alle Lumache di Aprile"

                    di RITA PACILIO

Se è vero, come ha scritto Francesco De Sanctis che la poesia “è la ragione messa in musica”, leggendo il bel libro “Alle lumache di aprile” (Lietocolle, 2010) di Rita Pacilio si ha la sensazione di sfogliare uno spartito in cui le parole trascinano ed avvolgono in flussi di sensi, allegorie dell’oltre,  aritmie dell’istante.

Versi liberi, endecasillabi impuri ha sottolineato Adelio Regamonti nella sua prefazione, che seguono liberi ritmi del pensiero spinto fino al limite, oscillante tra  nuda realtà e visione poetica, tra lo stare e l’andare nella ricerca infinita dell'oltre: “Abito due case/quando chiudo gli occhi e non esisto./Una è verso il porto e il vento/per scostare le costole del mare./Una è poco distante da te/dove porto i giorni a morire/dove oscillo al soffitto rosso/come una lampadina di nebbia.”

L’ossimoro nel verso della Pacilio dà respiro e spazio all’incertezza, al dolore, alla solitudine. All’ inevitabile consapevolezza di un destino da “peccatrice”.  Alda Merini ha spiegato che per raccontare il peccato è sempre necessario cancellare divieti: “O labbra, labbra disunite e bianche/nel valore del pianto penitente,(…) è pronto il gran segreto, /vengo meno a un divieto.”

Dunque, trasgredire, peccare, cancellare divieti con la parola, ma soprattutto con la pelle, con le mani, con le labbra:  “e se la sua bocca fosse stata socchiusa,” scrive l’autrice “piena di /voglia e di umida aria, lei, sì lei avrebbe portato le vene del /polso destro a percorrere la carne interna della bocca di lui.” L’oltre è proprio in questa ricerca di una congiunzione intima, interna, complessa dell’anima col corpo. Della parola con la pelle.

Rita Pacilio sembra dialogare con un ipotetico tu, ma si tratta in realtà dello specchio riflettente di un indomabile io difficile da trattenere: Pretendimi, Sceglimi, Riconoscimi, invoca nei suoi versi l’autrice,  sapendo però bene che “la sporgenza/ delle dita mi proiettava nell’aria in modo deciso e austero.”

 

                    Elena Varriale

 

L' AUTRICE

 Pacilio Rita è nata a Benevento, Sociologa, si occupa di Poesia e di Musica jazz e di Orientamento e Formazione nell’ambito dello Sviluppo delle Politiche del Lavoro e nelle progettualità della Casa Circondariale di Benevento, di Mediazione familiare e dei conflitti interpersonali, di Prevenzione delle dipendenze.
Alcune poesie edite e molte inedite sono state declamate durante serate di degustazione letteraria da attori d’eccezione come Enzo Garinei nell’anno 2004 e nello stesso anno alcune filastrocche sono state rappresentate in manifestazioni teatrali.

Pubblicazioni
.
• “Luna, stelle…e altri pezzi di cielo”; Edizioni Scientifiche Italiane – Prefazione Felice Casucci - anno 2003
• “Tu che mi nutri di Amore Immenso” Silloge Sacra Nicola Calabria Editore (Patti, ME) settembre 2005
• “Nessuno sa che l’urlo arriva al mare” Nicola Calabria Editore (Patti, ME) settembre 2005
• Ciliegio Forestiero” LietoColle collana Erato maggio 2006
• “Tra sbarre di tulipani” LietoColle collana Aretusa giugno 2008
• “Alle lumache di aprile” LietoColle collana Aretusa giugno 2010 prefazione A. Rigamonti e postfazione G. Linguaglossa
• “Di ala in ala” (Pacilio – Moica) LietoColle collana Aretusa febbraio 2011 prefazione Dante Maffia.

La poesia Mettimi in rima è stata inserita nel poetico diario Il segreto delle fragole 2007 Lietocolle; Inghiottimi nella sera stanca è inserita nel poetico diario Il segreto delle fragole 2008 Lietocolle; Ho puntellato l’orlo della gonna e Eros e santità (scritta a quattro mani con Adelio Rigamonti) è inserita nell’Antologia Rosso 2010 Lietocolle; la poesia ‘Sotto il salice’ è inserita nell’Antologia ‘Il segreto delle fragole 2011’ Lietocolle; la poesia ‘Si è avvicinato un buco nero’ nell’Antologia Verba Agrestia Lietocolle 2010; la poesia Nel terzo mistero del dolore’ finalista al Concorso Nazionale di Poesia ‘Tra cielo e mare: poesie sparse sulla spiaggia’ 2011. Nella puntata del 21 settembre 2010, la trasmissione ZAPPING, condotta da Aldo Forbice su RAI RADIO 1 ha dedicato l’angolo della poesia a Rita Pacilio con la poesia Tutta la mancanza di te mi prende tratta dalla ultima raccolta ‘Alle lumache di aprile’ – LietoColle Edizioni 2010. Alcune liriche, tratte da "Alle lumache d'Aprile" e dal volume ‘Di ala in ala’ sono state tradotte in lingua rumena da Leliana Ionesco.
Enrica Bonaccorti a Radio Rai 1 durante la trasmissione ‘Tornando a casa’ e Ida Gugliemotti a Radio Rai 1 International durante il ‘Nottuno italiano’ hanno ospitato l’Album ‘INFEDELE’ di Rita Pacilio.

Molte poesie hanno partecipato a concorsi nazionali ricevendo la segnalazione della critica e la pubblicazione in Antologie nazionali.


Premi:
• “Luna, stelle…e altri pezzi di cielo”; pubblicato nel luglio 2003 (vince il Primo Premio sezione “libro edito al Concorso Nazionale “Calicantus” I Edizione indetto da “ Il Gazzettino del Tirreno” (ME anno 2005)”.
• “Tra sbarre di tulipani” (riceve la Menzione d’onore Premio Bellizzi anno 2010),
• “Alle lumache di aprile”: riceve segnalazione speciale della Giuria a Rita Pacilio con la raccolta ‘Alle lumache di aprile’ (2010) Lietocolle Edizioni - 15^ Edizione Premio Letterario Nazionale di Poesia e Narrativa ‘Città di San Leucio del Sannio’ (Sezione C-Poesia edita); il riconoscimento di Merito Artistico Premio Made in Italy S. Agata de’ Goti per lo stesso anno 2010 e la medaglia ArTelesiaFestival 2010 Premio speciale all’Autrice Rita Pacilio distintasi quale migliore Artista Sannita dell’anno. Finalista Premio Internazionale di Poesia ‘Il Saggio’ 2011.
• “Di ala in ala”: finalista Premio Nazionale di Poesia ‘Alessandro Contini Bonacossi 2011’


Nell’agosto 2006 l’autrice presenta al grande pubblico il progetto “Parole e musica” - Jazz in versi: contaminazioni.
Si tratta di una proposta progettuale ideata e curata dalla Pacilio che sceglie per alcune sue liriche la musica di Claudio Fasoli, noto compositore, arrangiatore, sassofonista di fama internazionale, il pianoforte di Massimo Colombo e di Antonello Rapuano, la chitarra di Giovanni Francesca e la tromba di Luca Aquino.
Gli accompagnamenti jazzistici, l’utilizzo delle improvvisazioni degli strumenti e l’educazione al suono tecnico, colto e raffinato creano la giusta atmosfera per parlare attraverso la poesia un linguaggio universale: l’emozione.
La scelta del repertorio è legata alla voglia di proiettare con immediatezza il senso profondo dell’esperienza umana e musicale della tradizione ormai consolidata del jazz moderno. C’è la sottile ricerca della poesia jazzistica capace di conciliare con arcana naturalezza swing e colloquialità di fraseggio, immaginazione musicale e intimità comunicativa. Carisma.

Collaborazioni artistiche:

Ha collaborato con Pietro Condorelli, Luca Aquino, Gianluca Grasso, Gianluigi Goglia, Claudio Fasoli, Massimo Colombo, Antonello Rapuano, Giovanni Francesca, Stefano Capobianco, Corrado Aloise, Carlo Lomanto, Peppe Timbro, Luigi Polsini.
Ha seguito masterclass con Jay Clayton, Eva Simontacchi, G. Mena, Rossella Mollo, Paola Arnesano, Carlo Lomanto, M. Tamburini. Ha partecipato a manifestazioni di settore come “Sannio Fest”, “Ceppaloni jazz e blues”, “Quattro notti e più…di luna piena” “Artisticamente parlando”, Festival jazz ‘Special event’ al Doria a Milano, “Festival jazz di Torre Gaia”, ‘Ore di jazz’ al Club jazz Charleston ad Avellino, Estate a Roma 2009: “Roman’s lungo il Tevere”, Festival Padova jazz 2009. Semifinalista Kantafestival 2009.

Discografia: ‘Infedele’ Splasc(h)Records


 

 
 
 

Lo stile popolare di Carol Ann Duffy

Post n°4 pubblicato il 26 Settembre 2011 da elenavarriale1

REALPOETIK

rubrica del quotidiano d'abbruzzo

di ANDREA CATI

 

 

 Image and video hosting by TinyPic

 

       Carol Ann Duffy

 

 

La poesia non piace a tutti "e neppure alla maggioranza, ma alla minoranza." Senza contare le scuole dove è un obbligo ..."; così scriveva la poetessa premio Nobel Wislawa Szimborzka. Ed aveva ragione. Uno dei massimi esponenti del panorama poetico contemporaneo di casa nostra, Valerio Magrelli, ha spiegato come mai la poesia non è letta da un vasto pubblico, sostenendo che essa "rimane appannaggio di pochi" perché "chi affronta una poesia, fa un esercizio fisico"; tocca al lettore "mettere in moto il testo" e, si sa, l'uomo è per natura pigro e ha bisogno di essere guidato. Prosegue ancora Magrelli su La Repubblica: "tanto l'analisi quanto la narrazione immergono il lettore in in flusso potente e continuo, in una corrente di senso che lo trascina via quasi suo malgrado"; ecco il motivo per il quale narrativa e saggistica sono generi letti da milioni di persone. La 'magia' (o strategia) consiste nel "trascinare" il lettore, nel rapirlo in una "corrente di senso". E i poeti, sono così incapaci nel saper "trasportare" coloro che li leggono "in un flusso potente e continuo"? Pare di proprio di sì. O quasi. Tra i pochi casi di poeti contemporanei in grado di comunicare al cuore di milioni di persone, la poetessa Carol Ann Duffy rappresenta un esempio su cui soffermarsi.

 

Se vuoi leggere il testo completo clicca qui: http://quotidianodabruzzo.it/rubrica/realpoetik/11286/lo-stile-popolare-di-carol-ann-duffy.html

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

LA POESIA CANTO DELL'ANIMA di RINA ACCARDO

Post n°3 pubblicato il 25 Settembre 2011 da elenavarriale1

 

  POESIA CANTO DELL'ANIMA

di RINA ACCARDO

La poesia non si spiega. È. Un soffuso alitare del tuo io, il respiro contiguo della tua anima, la levità impalpabile del profumo …una rosa è una rosa perché poesia vi è racchiusa; che profumo di rosa, che profumo di poesia. Trascende l’oggetto, esula da schematiche classificazioni, si innalza sulla materialità. Immediata nella percezione, inafferrabile nella descrizione. Poesia è l’acqua salmastra che inonda le mie narici del tuo odore… Poesia non ha definizione, poesia è astrazione, poesia è sensazione. Poesia non è routine, poesia non è ovvietà, poesia è sogno impossibile che accarezza l’anima oltre il tangibile. Scolpita nell’aria, incisa nel cuore, poesia tu la senti, poesia non la discuti. Poesia ti scava dentro quando tu la trovi. Poesia fa male più di un fendente. Poesia sa essere balsamo. Poesia tu la ingoi senza saperlo, la ingurgiti e la vomiti se ti appartiene. Poesia ti sbrana più una belva, ti ammalia più di una stella …e scudisciate al tuo corpo dormiente in quell’onda sferzante che scuote.
Dalla gioia che ne ricavi, come un archeologo a ogni nuovo reperto, tu la riconosci.

Parole palpitano, intrise di intensità difficilmente traducibili, che solo la poesia per magia (Mallarmé) riesce a dire.
..non sapevo come sarebbero venuti fuori, i versi risuonavano spontanei.

La poesia, affinché abbia un positivo ascendente, va “ascoltata” perché non è direttamente proporzionale a un intimo lindore; può innalzare, ma ne ha le stesse possibilità di diniego assoluto.

Materializzata nella poetica la poesia sigilla la sua esistenza.

 
 
 

SOLO 800 BATTUTE...PLOT INGESSATI

Post n°2 pubblicato il 20 Settembre 2011 da elenavarriale1
Foto di elenavarriale1

SOLO 800 BATTUTE... E' UN GIOCO LETTERARIO PROPOSTO DAL MOVIMENTO CULTURALE "LIBERIAMO IL CRATERE" DI CUI SONO PORTAVOCE CON ARGIA DI DONATO ED ORIANA DE IULIO.
IL GIOCO HA  SCADENZA QUINDICINNALE... 800 BATTUTE PER RACCONTARE IL SILENZIO!
DI SEGUITO, VI PROPONGO IL MIO SCRITTO E SE VOLETE PARTECIPARE INVIATE I VOSTRI A: elenavarriale1@libero.it

PLOT INGESSATI

Visione iodata di una rarefatta atmosfera salmastra,  il silenzio si popola di volti. Rincorre storie di salsedine inumidite in salsa di psiche, racconta tumefazioni dell’oscurità, edemi, gonfiori dell’incerto. Sono trame inesistenti di vite non vissute,  parole senza suono, dispersione di fonemi, evaporazione di plot ingessati. Sono abissi di tradizioni putrefatte, liquefazione di un presente assente, fanghiglia di speranze perdute. Sono specchio riflettente di eccessi dettati dalla moda e dalla noia, scheletri fonoassorbenti programmati per i talk show, i reality, i licenziamenti ed i miniappartamenti. Sono calchi del bitume, fughe dell’asfalto, risonanza poliedrica di ugole sovralimentate. Nel buio, sono il rifugio e l’arresa della mia penna sfinita da giorni senza mèta e senza esempi.

                     Elena Varriale


IL SILENZIO HA LA TUA VOCE

"Il silenzio ha la tua voce, mutevole dondolio dei tuoi sguardi assenti posati come gabbiani su scogli a guardare mari tormentati da
onde fluttuanti ..il silenzio ha le rughe e le tue mani nervose lasciate sul mio corpo ancora tiepido, lontano dall'acqua..il silenzio vive di te, nel mio assurdo inconscio, nella perpetua amarezza di ogni parola non detta.."
                      Roberta Pederoda



        LA FORMA DEI TUOI SILENZI

"La forma che ho dato ai tuoi silenzi è solo arbitrio di pensiero, io l’ho chiamata sogno ma altro non è che attesa d’un castigo ch’è già pena. Eppure il cuore canta e il fato silenzioso guida, vuole strapparti una carezza che illumini come foto d’altri tempi i giorni e le notti in cui senza di te respiro… "
                           Letizia Vitale                 
 

SILENZI CHE S'ASCOLTANO D'OCCHI

Dovrei dirti che è noia impastata d’idee, ma non posso mentire di penna, o all’armonia del mio volere. Un tocco d’inchiostro e vita sarà! E urlerò a sogni di rapiti lettori, stresserò del mio scrivere menti, cucirò d’anime i sensi,... legherò il sole costringendolo a bagnarsi nel mare, la carta d’amare di fantasia descrivere. Far vivere il mio stesso sentire, in silenzi che s’ascoltano d’occhi, in ciò che nessuno sa, ma è curioso di sapere, su pagine di nero penna, di quel me che d’altre vite, vuol vivere scrivendo.

               Roberto Ioannilli

 

             APPESI AL SILENZIO

Sul letto nostre impronte si dissolvevano alle mie spalle e il vitreo diaframma che separava le pagine della storia si imperlava di iridescenti bugie recitate a fior di labbra, mentre la tua sagoma barava sul selciato pallide ombre. Il dolore fu allora la mia veste e inarcata una parte di me, ebbi un moto di sofferta ripulsa dell’inevitabile fine, invano. Sottilissimi fili come corde di arpa dolente mi trattenevano, vibravano risplendenti proiettando lame di luce accecante.

L’agonia dell’amore in quell’alba ebbe la voce del silenzio.

               Franco Pucci

 

  VERTIGINE SULL'INFINITO VUOTO

Il silenzio è una fase d’attesa lungo i limiti dell’inesprimibile; è la vertigine sull’orlo dell’abisso aperto all’orrido vuoto infinito; è l’angoscia che cresce sui penosi, striscianti confini d’un’incurabile malattia interiore; è andar ben oltre qualunque orizzonte di vita; è infine restare immoti sotto lo sguardo cieco della morte.
Il silenzio è, e sarà sempre presente nell’anfratto più oscuro dentro di te. Sempre fino alla fine.

                Vittorio Fioravanti Grasso

    HO IMPARATO A PARLARE TACENDO

Ho imparato a parlare scrivendo, tacendo. Nel marmoreo bianco del foglio  il suono si è  appallottolato,  si è rimpicciolito fino a farsi inconsistente, come statua d’argilla erosa dagli anni e dal vento; il rumore si è capovolto, ha assunto la silenziosa natura  dei sassi, accordandosi  con il fluire delle nubi nel cielo,  contiguo, fraterno  all’ombra più fonda. Ed è allora, nella condensata armonia del silenzio, l’anima trascritta in sillabe ha urlato le sue parole più vere, si è fatta inchiostro la coscienza, risalendo come lava  dal suo abisso alla pagina,  vomitando sulla sua superficie  mute parole a raccontare i sogni e la vita, la passione e i rimorsi.   Nel vuoto spinto  di suoni ho ascoltato parole di vita , osservando un fiore sbocciato in un campo, la mano del vento  protesa a  sfiorare colline.

                          Lorenzo Curti

              LEGGERA CORNICE                    

Il gioco delle parole

è finito.

Il tempo del silenzio

si impone.

Le parole hanno

svuotato l’anima,

anche l’amore  consuma,

duole  ogni fiato.

Il silenzio temuto

limite

tra l’anima ed il mondo,

il silenzio temuto

ora è  scudo,

baluardo alle invasioni quotidiane.

Prima era resa,

ora  una scelta,

il silenzio,

leggera cornice

di ogni parola.

                      Mariangela Ruggiu

 

 
 
 

LA COMEDIA COMMENTATA DA MASSIMO SANNELLI (FARA EDITORE)

Post n°1 pubblicato il 18 Settembre 2011 da elenavarriale1

Image and video hosting by TinyPic

 

 

LA TRAMA EMOTIVA E CREATIVA DEL GENIO

 

Se con una sola opera sfidi l’eterno, la lingua, lo stile e scrivi il primo libro di poesia italiana, sei un genio oltre che un poeta. Ed è con questa consapevolezza che Massimo Sannelli ha curato le note ed i commenti della “Comedìa” di Dante Alighieri, pubblicata da Fara Editore, Rimini, 2010 ed arricchita dalle belle illustrazioni  di Francesco Ramberti. Ma il suo, come avverte lo stesso autore, non è “un nuovo commento o un commento o ancora meno il commento”. Sannelli vuole sfidare se stesso e la sua conoscenza profonda, accurata, colta del testo e dei commenti. Al cospetto del genio, l’autore dichiara che il suo è un “laboratorio che spera e dispera”.

E in un laboratorio sperimenti, delinei fughe, apri parentesi, rincorri digressioni, proponi icone, metafore, allegorie. Innanzi al vate che consacra l’eterno, con la semplicità del fanciullo e la grandezza dell’artista visionario, si possono solo “scalare”pensieri ed ipotesi.

“Genio e follia” ha scritto Arthur Schopenhauer “hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri.” Sannelli vuole penetrare col pensiero e con la parola, non solo l’universo che sottintende la commedia, ma anche la trama emotiva e creativa del genio.

Un faro, è senza dubbio la pietas, l’attributo fondamentale di Dio, elemento unificante dell’opera. Pietas nel raccontare gli umani vizi e la relativa punizione, ma anche pietas per beatificare i premiati e gli scelti. La Commedia è, in fondo, ciò che vorremmo che fosse, l’incarnazione dei nostri desideri, baluardo di giustizia.

È dunque l’umano sentire che detta il verso e sostiene l’opera. Se questo è vero, il poeta allora non dispiega sensi, ma cuore. E lo fa celebrando l’amore per la poesia, gli dà il volto di Beatrice, di colei che accompagnerà ed illuminerà il suo viaggio divino. E solo quando lei sparirà, ci sarà l’incontro con Virgilio, con il padre, ovvero con Dio. Sannelli ci spiega che Dante ha scritto una fiction sull’eterno, “maledettamente” vera e facendolo ha sublimato l’ amore per la poesia e la speranza umana di una giustizia divina che cancelli per sempre il dubbio di una materia senza respiro.

elena varriale

 

L’AUTORE

Massimo Sannelli è nato(27 novembre 1973), vive e lavora a Genova.

Nel 1992 si diploma al Conservatorio di Genova, nel 1996 si laurea in lettere Moderne Università di Genova sotto la guida di Edoardo Sanguineti.

Nel 2004 ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Filologia Latina Medievale, presso la Sismel (Firenze).

Tra il 1994 e 2004 ha scritto su riviste nazionali ed internazionali di poesia, italianistica e filologia classica e romanza.

Dal 2002 tiene corsi di poesia presso la Scuola “Centurione” di Genova.

Dal 2004 scrive testi teatrali e collabora alla regia del film “Bocca del lupo” di Pietro Marcello, premiato al festival di Torino e di Berlino.

 

 

 

 
 
 
« Precedenti
 

IL BELLISSIMO BLOG DI REGINA RESTA!

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

elenavarriale1hermes09GiuseppeLivioL2Stolen_wordschristie_malryfrancesca632psicologiaforenseseveral1ioeilmarenoibartriev1ghionnamarcotobias_shuffleshara_ssphilippe.1_2013
 

ULTIMI COMMENTI

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963