Appuntanate

Post N° 222


C’è una fortissima componente etica, nell’arte, che resta però innanzitutto e perlopiù inavvertita, o peggio fraintesa.Essa non consiste, come comunemente siamo portati a ritenere, nel fatto che attraverso l’opera si esprimono giudizi di tipo morale, ma al fatto che l’opera per così dire basta a se stessa.E la causa del fraintendimento è l’oggetto stesso dell’agire artistico. Pensare ad una opera come ad un ‘qualcosa realizzato in vista di’, sia pure per un fine etico che eccede, trascende l’opera stessa, significa riprodurre quello schema di produzione che domina il mondo della tecnica, e che corrisponde al nostro modo d’essere quotidiano. È quella mentalità metafisica che concepisce il mondo come vorhandenheit – disponibilità – e per il quale l’oggetto di produzione è mera funzione dello scopo per il quale viene costruito. A questo punto, rispondendo alla semplice ‘necessità’, la scienza ha quanto basta per giustificare se stessa; e la capacità produttiva si separa dall’etica, la quale assume lo scomodo ruolo di guardiano dell’agire. Ed ecco perché, come dice Heidegger, ‘la scienza non pensa’.In taluni artisti contemporanei, come Andy Warhol o David Bowie, questo atteggiamento etico è particolarmente evidente. Essi infatti si limitano, riproducendoli, a mostrare gli esiti della produzione, sino a fare di loro stessi delle opere d’arte. Criticarli come meri opportunisti, privi di reale capacità espressiva autonoma, significa fraintenderne clamorosamente il senso. Concentrare lo sguardo sul contenuto, separandolo dal contenente, per accorgersi che nella loro opera oltre al contenente non c’è altro, non è la dimostrazione della loro pochezza, ma della nostra presbiopia, che ci impedisce di cogliere il semplice fatto che per noi contenente e contenuto sono cose distinte, per cui produzione ed etica finiscono per essere distinte. E l’etica, delle due, è la parte debole e destinata a soccombere.La mancanza di una presa di distanza da ciò che ri-producono non è piatta adesione al modello che raccolgono: è tutt’altro che cinismo, c’è più pietas in un disco di David Bowie o in una serigrafia di Warhol che in Guernica di Picasso. La mancanza di critica etica che si suppone un artista debba esprimere, è soltanto il segnale della profondità della separazione che abbiamo operato tra due sfere che in origine erano una. Non è la dimostrazione della loro banalità, ma della nostra.