TAG
CERCA IN QUESTO BLOG
MENU
ULTIMI COMMENTI
« Messaggio #10 | Messaggio #14 » |
Post n°12 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da mareamare84
Il sipario è calato. Lo spettacolo è finito. Nessuno è venuto a trovarmi. Sono salito nel mio camerino, solo. Che strana sensazione, sempre, quella di essere ancora truccati e restare così ‘a metà’ tra il teatro e la vita laica. Mi sono sentito commosso e turbato da una specie di perdita di identità che mi ha fatto paura. La platea era un cratere che fiammeggiava in silenzio, un riverbero quasi insostenibile. Io, dicevo il mio testo come sull’orlo di un abisso con il terrore di urtare su una parola e precipitare giù. Ma come ‘fare il teatro’ senza pensarlo, senza porsi delle domande? Come stare in mezzo alla gente e non guardarla, e non chiedersi, e non interrogarsi sul teatro e sul mestiere dell’attore? Su quello che ‘il teatro’ è? Perché è? Perché lo si fa? Per me il teatro è questo: una cosa dello spirito, un culto dello spirito. Lacerato tra sentimenti contrari, la mia vita è passata nel teatro, in una servitù volontaria dove il disgusto e la vergogna si sono mescolati sempre con il fervore e la fiducia e lo scoraggiamento con l’entusiasmo. Ma nonostante tutte le delusioni che ho provato in questa vita di illusioni, tutto mi appare ancor oggi, meraviglioso, anche se incomprensibile. Continua la ricerca. È l’effimero del teatro che mi fa presentire in lui qualcosa di più grande dietro? Eppure io sento, che in questa vita del teatro c’è una specie di corruzione, viene da fuori, da coloro che vogliono entrare nel teatro senza averne diritto. Intrusi, profani, dilettanti, povera umanità che cerca in qualche modo il sublime. Il teatro: creazione degli uomini per arrivare più in là, più in su? Esorcismo per combattere i fantasmi che ci abitano? Gioco puerile che non va più in là di un gioco di bambini? Nessuno né riuscito a trovare spiegazioni vere che riempiano il vuoto di queste domande. È un mestiere quello del teatro in cui si rischia continuamente il disprezzo e la perdita di se stessi. Ma perché quelli mi guardano attoniti e commossi in silenzio? Forse perché il teatro è fatto per insegnare agli altri altre cose che avvengono intorno a loro, perché essi credono che coloro che recitano, sono là per rivelarli a loro stessi. Se è così io sono l’intermediario di un’operazione altissima. Il mio mestiere è l’arte di far credere qualcosa che non è. Fare questo come una maniera d’essere e in questo trovare un equilibrio per poter vivere. Un equilibrio nel suo dissequilibrio. Vivere nello sdoppiarsi. Perdersi nel teatro per ritrovarsi. Un attore che reinvesta, ogni sera, resuscita ogni sera il teatro con tutta la tenerezza che ha per amarlo meglio. È tardi. Tutto resta confuso come sempre. Mi strucco.
( dal prologo di 'Elvira o la passione teatrale') JOUVET
|
https://blog.libero.it/reginabianca/trackback.php?msg=3949868
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
|
|
Mi piace quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lontano e la mia voce non ti tocca.
Sembra che si siano dileguati i tuoi occhi
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
Siccome ogni cosa è piena della mia anima.
Tu emergi dalle cose, piena dell’anima mia.
Farfalla di sogno assomigli alla mia anima,
e assomigli alla parola malinconia.
Mi piace quando taci e sei come distante,
sembri lamentarti, farfalla che tuba.
E mi ascolti da lontano e la mia voce non ti giunge:
lascia che io taccia con il silenzio tuo.
Lascia che ti parli, anche con il tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e stellata.
Il tuo silenzio è di stella, cosi lontano e semplice.
Mi piace quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Poi basta una parola, un sorriso.
E sono felice, felice che non sia vero.
Inviato da: ruffetta83
il 06/03/2008 alle 20:36
Inviato da: ruffetta83
il 17/02/2008 alle 16:39
Inviato da: mareamare84
il 05/02/2008 alle 21:23
Inviato da: ruffetta83
il 04/02/2008 alle 13:56
Inviato da: tigrotta222
il 30/01/2008 alle 10:08