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Salute: rapporto Cei, oltre 14mila servizi Chiesa per sanita' e sociale


(ASCA) - Citta' del Vaticano, 14 giu - Sono 14.246, concentrati per quasi la meta' nel nord del Paese, i servizi sanitari, sociali e assistenziali di matrice cattolica attivi in Italia. Una rete capillare che si appoggia sul contributo di 420 mila persone, due terzi delle quali volontari. A censire questa realta', fondamentale per la tenuta sociale dell'Italia, e' il rapporto ''Opere per il bene comune. Rilevazioni dei servizi socioassistenziali e sanitari ecclesiali in Italia''. Tra i servizi censiti, oltre alle strutture ospedaliere, ci sono le banche del sangue, le comunita' educative passando per i centri di ascolto, di disintossicazione, le mense, le case di riposo per anziani o per i disabili. I dati contenuti nel volume parlano anche di una capacita' spontanea del mondo ecclesiale di adattamento e risposta ai bisogni che cambiano della popolazione, soprattutto in un momento di crisi e di tagli drastici al sistema del Welfare, con l'emergere di nuove poverta' e disuguaglianze. Delle oltre 14mila attivita' registrate nel rapporto, 916 operano nell'ambito dell'assistenza sanitaria e 13.298 in quello dell'assistenza socio-sanitaria o sociale (oltre a 32 servizi che non hanno indicato il tipo di assistenza svolta). La maggior parte dei servizi e' risultata operante nell'ambito dell'assistenza socio-sanitaria e non residenziale (8.858, pari al 62,3% del totale), poco meno di un terzo in attivita' di assistenza socio-sanitaria e sociale residenziale (4.440, pari al 31,2%) e il 6.4% (916 servizi) nel campo dell'assistenza sanitaria. La distribuzione dei principali tipi di assistenza e' sensibilmente diversa per zona geografica: spiccano, in particolare, la percentuale di servizi di assistenza sanitaria nel Centro (11,5%), quasi doppia rispetto al valore nazionale, e quella dei servizi di assistenza socio-sanitaria e residenziale nel Nord (35,8%). Per mons. Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, la Chiesa e' sempre ''stata presente, anzi, in un certo qual modo ha prevenuto quello che doveva essere l'intervento dello Stato. Prevenire non significa sostituirsi, ma significa sempre cooperare a quello che e' - appunto - il bene comune''. Per mons. Giuseppe Merisi, presidente della Commissione episcopale carita' e salute e della Consulta ecclesiale nazionale degli organismi socio-assistenziali, i dati del rapporto sono un ''segno di vicinanza della Chiesa al nostro popolo''. ''La Chiesa - ha aggiunto - e' vicina a tutte le altre sofferenze sociali che, in conseguenza della crisi, colpiscono ampie fasce della popolazione nel nostro e in altri Paesi''. Quella che viene fuori dal censimento di oggi, per mons. Merisi e' ''una rete capillare di servizi, non in termini di supplenza, ma in termini di solidarieta' e sussidiarieta', che deve essere di stimolo per tutte le istituzioni centrali e territoriali''.