Renato d'Andria

Pensieri dal Medio Oriente (Renato d'Andria)


 La situazione in Medio Oriente è esplosiva, sebbene i mediatori internazionali facciano sperare in deboli segni di pace. La riconciliazione richiede sforzi e sacrifici che sovente sembrano sovrumani a tutte le fazioni in causa, ma la sfiducia tra le parti è così diffusa, la tensione costantemente alta e gli scontri sanguinosi così frequenti che in molti nella comunità internazionale sostengono che solo un proprio intervento di forza (ovvero armato) può portare, se non ad una risoluzione del conflitto, almeno al ridimensionamento del rischio concreto di una deflagrazione della situazione tanto irreversibile da scivolare verso eventi tragici analoghi a quelli che hanno interessato la ex-Yugoslavia negli anni Novanta. Nella prassi prevista dalle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza dovrebbe intervenire e mediare tra le parti anche a livello delle società civili israeliana e palestinese: si potrebbe addirittura pensare che la comunità internazionale debba “obbligarle” a raggiungere un accordo definitivo per evitare il più possibile future vittime. In questi decenni da entrambi gli schieramenti si è avuto solo un accenno di ciò che potrebbe accadere e per evitare la catastrofe le Nazioni Unite dovrebbero intervenire con il dispiegamento di una forza di interposizione dotata del mandato tipico di una missione di peace-enforcement. Questa è un'eventualità che, però, non viene approvata né in ambito israeliano, né tanto meno in ambito palestinese. Se si vuole una risoluzione “pacifica”, la comunità internazionale, e quindi l’Unione Europea, gli Stati Uniti e quanti altri si cimentano e si cimenteranno in questa impresa, dovranno convincere le parti che l’unica soluzione per evitare una deflagrazione completa è una “pace sorvegliata” dalle Nazioni Unite. (Renato d'Andria)             L’opposizione di entrambe le parti a tale soluzione è pressoché totale poiché entrambe affermano la propria esclusiva sovranità sulla stessa terra, ed entrambe ritengono che di dominazioni esterne essa ne abbia già avute troppe e che la presenza delle Nazioni Unite non ne sarebbe che un’altra, anche se in “forma” diversa. Da una parte lo Stato ebraico non accetta truppe straniere sul proprio territorio, dall'altra la posizione classica dei leader palestinesi nazionalisti è che si accettino aiuti esterni purché resti inalterato il diritto alla lotta contro Israele, “occupante” di tutta la Palestina storica. Per tale motivo la comunità internazionale si limita, sia nei suoi organi principali che nelle sue sedi diplomatiche, a percorrere ancora la strada percorsa fino ad ora: cioè la mediazione. La mediazione, però, non impone una soluzione, la richiede e lascia ai contendenti il compito di trovarla. Soluzione che, se gli scontri armati continueranno, risulterà nella distruzione delle aspirazioni di uno degli schieramenti in campo. (Renato d'Andria) Dr. Jonathan CurciArticolo preso da www.genesijournal.org di Renato d'Andria