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Renato d'Andria e la rubrica del sito Genesi journal

 

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Il principio di proporzionalità nell’esercizio del diritto all'autodeterminazione dei popoli (da Genesi journal Renato d'Andria)

Post n°8 pubblicato il 29 Agosto 2011 da renatodandria2
 

Per affrontare la questione relativa ai diritti di sovranità su questo piccolo lembo di terra, è necessario comprendere i legami che ogni popolo rivendica sui territori di quella regione: la questione è molto complicata poiché riguarda non solo le etnie in sé e il loro stanziamento sul territorio, ma l'intero contesto socio-politico della regione che vede il piccolo Stato ebraico immerso nel grande mondo arabo. E’ impossibile trovare un movimento nazionale palestinese che ammette l’esistenza d’Israele come Stato. Per essi esiste solo la Palestina. Come è anche impossibile trovare un movimento nazionale ebraico che ammette l’esistenza della Palestina in terra d’Israele. Ammettere l’esistenza di una sovranità altrui in questo contesto è molto difficile da entrambe le parti.

Certamente la situazione al problema richiederebbe una soluzione che soddisfi tutti i gruppi etnici, ma questo non è possibile se tutte le etnie vogliono realizzare il diritto all’autodeterminazione attraverso uno Stato. Intanto l’accusa che viene mossa dai nemici d’Israele o dai suoi critici è che dal 1948 fino ad ora un gruppo di “sionisti” ha allargato i confini del proprio Stato ebraico su tutte le regioni popolate da etnie non ebraiche. I palestinesi arabo-musulmani rivendicano l’affermazione di una nazione separata palestinese sulla stessa terra. Israele ha cercato di mantenere degli accordi di pacifica convivenza con il resto delle popolazioni stanziate sul territorio nel pieno ed effettivo rispetto dei diritti civili, politici e sociali di ogni minoranza etnica che volesse far parte dello Stato d’Israele. Lo stesso non si può dire delle politiche dell’autorità palestinese che non ammette che gli ebrei vivano in pace nei propri territori. Si potrebbe anche dire che la democrazia israeliana abbia creato un sistema giuridico – amministrativo che, esclusi i territori palestinesi, rispetta degli standard di diritti delle minoranze probabilmente in una maniera più alta di quelli di altri paesi della regione. L’autorità palestinese è molto lontana dall’applicazione di questi standard.

Se si prendono in considerazione sia l'etnia della maggioranza della popolazione residente in una determinata area, che il contesto generale della situazione e la possibilità per gli individui di esprimere pienamente la propria identità religiosa, degli usi e costumi identitari e la propria visione dell’ambiente nei contesti confinanti si potrebbe dedurre che, mentre l'individuo ebreo disperso nella diaspora può magnificare la propria identità solo trasferendosi nel piccolo Stato ebraico, l'individuo palestinese, nell'eventualità estrema in cui avversasse la vicinanza ebraica, può magnificare la propria identità arabo-musulmana non solo nella “Palestina storica” (come i palestinesi hanno comunemente chiamato quella terra), ma anche nell'immenso mondo arabo che lo circonda. La Palestina non fa parte dell’espressione religiosa del palestinese arabo musulmano: egli non ha nessun obbligo a vivere in Palestina anche se Gerusalemme è diventata posto di culto di forte importanza per l’Islam. La Terra d’Israele per l’ebreo fa parte del suo pensiero spirituale e delle suo credo che si esprime quotidianamente. Gerusalemme e Sion, insieme a tutta la Terra d’Israele è il luogo in cui l’ebreo obbligatoriamente deve risiedere per fruttificarle. Sebbene per l’uomo laico occidentale questa esigenza sia priva di senso, le nazioni dovrebbero rispettare gli imperativi religiosi positivi dei popoli e anche di quello ebraico. ("Genesi journal" di Renato d'Andria)

Questo assunto apre un principio di proporzionalità che conduce alla conclusione che l'estensione dei territori statali, soprattutto per ciò che riguarda la Giudea e la Samaria, o Cisgiordania come dir si voglia, non può quindi essere decisa solo sulla base dei numeri demografici e sull'attuale “confine” riconosciuto informalmente tale dalla comunità internazionale (noto come Linea Verde), ma anche sul rispetto della proporzionalità tra le terre assegnate agli arabi o agli ebrei seppur considerando i numeri dei propri abitanti. I palestinesi arabi sono parte integrante dei paesi circostanti mentre gli ebrei in quei luoghi sono in costante pericolo di vita. La differenza è estrema. Da qui proviene la necessità di ridisegnare i confini, ed eventualmente effettuare uno scambio territoriale ove opportuno, tenendo conto di queste peculiarità, soprattutto dello svantaggio dell'identità ebraica rispetto a quella arabo-palestinese di esprimere se stessa nei quadri socio-culturali limitrofi. ("Genesi journal" di Renato d'Andria)

In ambito israeliano vi sono vari livelli di interpretazione di questo principio: da parte di alcuni si sostiene la necessità socio-culturale e socio-religiosa di esercitare un completo controllo statale sulla Giudea e la Samaria, avversando quindi la soluzione dei due Stati, ma riconoscendo ai palestinesi tutti i diritti socio-politici e socio-culturali derivanti dallo status di minoranza etnica, incluso l'esercizio del principio di autodeterminazione interna in un quadro di “autonomia territoriale” in quei territori in cui la popolazione palestinese rappresenta la maggioranza. Da parte di altri, invece, si sostiene un'interpretazione più ristretta, comprendente la nascita di uno Stato palestinese con confini da definire secondo vari parametri socio-culturali, politici e legati alla sicurezza. Tra queste due posizioni, infine, esistono vari punti di vista intermedi.



Dr. Jonathan Curci

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Data di creazione: 27/08/2011
 

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