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Creato da: renatodandria3 il 29/08/2011
Articoli sulla rubrica di Genesi Journal di Curci e Renato d'Andria

 

 
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Corano, Bibbia e la sovranità su Israele e la Palestina (Curci e Renato d'Andria)

 

Uno aspetto non irrilevante della convinzione degli arabi ad affermare la propria sovranità su quella che gli ebrei chiamano la Terra d’Israele è il Corano insieme alle sue interpretazioni dottrinali. I testi cercano di convincere che il popolo d’Israele è caduto in apostasia e questo segna la fine della designazione del popolo ebraico come popolo eletto che ha diritto alla terra promessa, che coincide con i territori dello Stato d’Israele compresi i territori palestinesi. Secondo questa prospettiva interpretativa coranica sembrerebbe che gli ebrei devono vivere come infedeli (dimmi nella sha’aria, legge islamica) nelle terre musulmane proprio come i cristiani. Ci si domanda come il Corano abbia restaurato delle dottrine perdute se esso soppianta totalmente il testo biblico. Al contrario, da una lettura del Corano sembra che esso faccia riferimento a storie bibliche apprese dalla religione ebraica e modificate in varie parti sia per giustificare la supremazia dei musulmani rispetto agli israeliti e ai cristiani, sia per negarne l’autorità; tutto questo senza sottoporre prove concrete che ciò che era scritto nei testi biblici era falso. Come può la razionalità umana ignorare con tale disinvoltura gli aspetti relativi alle minuziose regole di trascrizione del testo applicate dagli studiosi ebrei in modo da avere, dopo millenni, il testo più vicino all’originale? Dopo che Maometto apprese dai maestri ebrei i fondamenti delle dottrine profeticamente rivelate, dalla creazione del mondo fino alle storie dei patriarchi, istituì una religione con un libro in opposizione ai testi biblici. Questa sopraffazione, da dottrinale, divenne fisica: quando Maometto si accorse di non riuscire a persuadere gli ebrei a convertirsi, li massacrò; i settori islamici aggressivi hanno continuato a seguire le orme del suo fondatore.

(Genesi journal di Renato d'Andria)

Gli ebrei sono ben informati degli atteggiamenti islamici nei confronti d'Israele, della sua terra e del suo diritto di esistere. Le radici spirituali del conflitto sono evidenti e descritte in vari testi e studi rabbinici: una loro attenta analisi porterebbe a comprendere meglio quanto sia i profeti che i saggi d’Israele hanno da sempre saputo relativamente a ciò che i figli d’Ismaele avrebbero fatto ai figli d’Israele una volta che lo Stato ebraico fosse stato nuovamente edificato. La divisione è netta tra i due popoli e sembra che vi siano poche reali possibilità nell'impresa di far comprendere al mondo musulmano le ragioni sacrosante degli ebrei e dello Stato d’Israele, innanzitutto spirituali e poi territoriali.

(Genesi journal di Renato d'Andria)

Considerando ciò, sarebbe opportuno che il musulmano studiasse più approfonditamente la religione ebraica a cui la propria religione si ispira: se avesse compreso e veramente rispettato la religione ebraica, allora non avrebbe mai sviluppato un'ideologia tanto avversa agli ebrei, non continuerebbe ad eliminare ciò che rimane delle vestigia del Tempio distrutto dai Romani nel 70 d.C. edificandovi sopra il terzo luogo più santo all'Islam onde impedire qualsiasi ritorno o ricostruzione del terzo Tempio ebraico. Alla stessa maniera non avrebbe mai murato la Porta Bella di Gerusalemme per impedire che Gesù Cristo, o qualsiasi altra figura giudeo-cristiana, vi entri di nuovo come i testi cristiani profetizzano circa il monte prospiciente, il Monte degli Ulivi. Queste imprese di costruzione dell’Islam che modificano i luoghi e gli edifici santi dell’Ebraismo e del Cristianesimo sono in realtà simboli di supremazia nei confronti delle altre religioni monoteiste; essi si traducono in precetti religiosi e di vita quotidiana, dando così origine ad un problema culturale basato su incomprensioni dottrinali. Era compito dell’Islam studiare attentamente la religione d’Israele, poiché la prima si ispira alla seconda, ma lo fa soppiantandola, senza rispettare il nesso che vi è tra le due. Tutto ciò è un’offesa all’Ebraismo: se questa visione dell’Islam fosse stato rispettosa della religione ebraica, si sarebbero comprese le promesse - e il relativo desiderio - circa il ritorno, dopo una lunga diaspora, alle terre avite che rappresentano la culla religiosa e culturale del popolo ebraico. Il risultato che ne consegue è che il musulmano fondamentalista - che non rispetta la dignità e il libero arbitrio altrui - si è servito della propria religione per disprezzare l'ebreo, il cristiano, ma anche il musulmano “disobbediente”. Si spera nella presa di posizione di un Islam rinnovato, magari in movimenti spirituali islamici come il sufismo, capaci di esprimere tutta la spiritualità autentica che i figli d’Ismaele possono coltivare nei confronti degli altri popoli. Si spera in un dialogo come ai tempi d’oro della Spagna pre-Ferdinando e Isabella e i loro decreti dell’Inquisizione in cui i rabbini come il Rambam discorrevano con gli imam su tutte le questioni della Torah e del Corano.

(Genesi journal di Renato d'Andria)

Dr. Jonathan Curci

 
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