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Post N° 94

Post n°94 pubblicato il 02 Dicembre 2004 da paolikkja

5. LA CENA

Lasciamo le Candele bruciare nel silenzio e nel buio. Su di noi solo stelle. Tantissime stelle esplose in un blu mai visto, in un blu che lentamente aveva iniziato a colorare ogni angolo. Non più bianco. Solo un azzurro via via più intenso filtrato attraverso i rami spogli. Azzurro che lascia posto a un tenue blu, ma che rapido come un battito d’ali si trasforma in oscurità.

Sono le 15.

Varchiamo la soglia e un tepore meraviglioso ci cinge e ci accompagna al tavolo. Gli occhi di tutti si incrociano. E ci guardiamo. Per la prima volta.
Ci guardiamo e scopriamo che siamo tutti pelle, muscoli, cuore e risate. Una birra ancora sollevata al cielo alla salute di chi ha permesso tutto questo, e musica. Una calda musica jazz. E’ la band del papà del Lappone. Chitarrista.

All’improvviso, un bussare alla porta.
Uno di quei suoni banalissimi che in un posto del genere ti scuotono dal tuo stato di ebbra incoscienza, un suono che non ti aspetti.
Una folata gelida lo precede. E’ lui. L’eroe. E’ Veesa.

Un volto che è un’unica ruga di vento, freddo e vita. Asciutto, alto. Due occhi che sono due fessure ma che emanano tutta la saggezza e l’esperienza del mondo. Con un cenno saluta il Lappone, senza formalità, senza fingere. E’ felice che lui sia qui, e lo dimostra passando a salutarlo. E portando con sé due pentole enormi. Dentro, uno spezzatino di alce e un passato di patate lapponi. Le migliori di tutta la Finlandia, patate piccolissime a virgola che crescono inspiegabilmente dolcissime solo in questo posto remoto e gelido.

Il padrone di casa sapeva di questa visita, e in città aveva comprato una bottiglia di Vana Tallinn da donargli in segno di riconoscenza. Senza dire nulla gliela porge. Lui guarda la bottiglia perplesso. Il suo sguardo lasciava presagire quello che altrove sarebbe potuto accadere. Una serie di cerimoniosi ringraziamenti, con insinceri tentativi di restituzione. Veesa a quello sguardo perplesso fa seguire solo un impercettibile accenno di sorriso agli angoli della sua bocca segnata dal tempo. Prende la bottiglia, se la mette sotto braccio e senza dire nulla, senza ringraziare e salutare nessuno, senza farsi ringraziare da nessuno, esce.
Ho adorato quell’uomo.

Ci sistemiamo come meglio riusciamo per questa cenaperloro-pranzoperme, e gustiamo una delle meraviglie della natura. Mai mangiato alce prima di allora. Mai più lo mangerò così buono.
Momento di beatitudine generale. Nessuno sembra intenzionato a voler far proseguire in alcun modo il pomeriggio. La serata sembra destinata a sedersi un attimo con noi a scaldarsi accanto al camino. Quando l’Inglese, che era uscito e rientrato dal cottage apparentemente per fumare qualche sigaretta, rientra proclamando: la Sauna è pronta!

Io e Ka ci guardiamo. Lei terrorizzata, io incuriosita. Andare in Finlandia, starci per tre mesi e andare via senza mai aver provato una sauna è una scelleratezza. Andare in Lapponia, avere a disposizione la Sauna, quella vera, quella con la stufa a legna, in mezzo a una foresta di nulla, circondati dalla neve e dai laghi ghiacciati e non provarla è un crimine contro l’umanità.

Decido io per tutte e due. Si fa.

Ci facciamo spiegare come comportarci. Chiaramente nessuno ci avrebbe accompagnato. La sauna non è un’occasione di adescamento. La sauna è la sauna, come amano ripetere loro.

Ci spiegano che prima di entrare si devono bere due sorsi di birra, si entra, si versa dell’acqua sulle pietre roventi poste sopra la stufa, si riesce, si beve altra birra, si rientra e si inizia la sauna. Quando il tepore inizia a scendere, quindi ogni paio di minuti, si aggiunge altra acqua sulle pietre, si aggiunge un po’ di legna nella stufa, ci si siede sulla panchetta di legno. Poi ancora acqua. E quando il corpo lo chiede, battersi la schiena con dei ramoscelli di betulla, e poi battersi le gambe, e poi ancora la schiena.

Io e Ka ci guardiamo ancora. Pronte? Forse no, ma non possiamo tirarci indietro.

I ragazzi ci affidano due bottiglie di birra a testa, dicendoci che all’interno del vestibolo avremmo sicuramente trovato un apribottiglie. Non manca in nessuna sauna. L’imposizione è: rientrerete solo se saranno vuote le bottiglie. Le prendiamo per non sentirci insultare ancora prima di entrare, prendiamo asciugamani, e affrontiamo il gelo prima di entrare nella casupola della sauna.

E’ l’ora. E’ il momento.

La mia pressione bassa si inalbera e mi schiaffeggia. Ma non mi faccio intimorire. No, non più. Stavolta decido io.

Apro la porta. Ed entriamo.

 
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