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Creato da: antifascistavt il 06/07/2006
Coordinamento Antifascista della Tuscia

 

 
« Iniziativa in ricordo di...Messaggio #45 »

Post n°44 pubblicato il 20 Marzo 2007 da antifascistavt
 

Non una lacrima per il furto della targa Almirante!

Non si finisce mai d’imparare da questi raffinatissimi intellettuali della destra viterbese che tutto il mondo c’invidia. L’ultima lezione ce la dà Antonio Fracassini, assessore AN ai lavori pubblici del Comune di Viterbo, in una nota emanata a seguito del furto della targa d’intestazione della circonvallazione Giorgio Almirante  

(http://www.tusciaweb.it/notizie/2007/marzo/17_20almirante.htm). Fracassini ci informa che Almirante era un “noto statista” ma si dimentica di specificare di quale stato: se parla della Repubblica nata dalla Resistenza allora Almirante non ha ricoperto alcun ruolo di responsabilità istituzionale, pur avendogli questa Repubblica garantito una certo immeritata impunità e permesso di svolgere indisturbato la sua attività squadristica. Il discorso cambia però se Fracassini allude a quell’altra di repubblica, quella di Salò! Lo stato fantoccio dei nazisti che si prodigò a portare a termine una guerra assurda e a torturare, fucilare, e deportare ebrei, antifascisti, renitenti e civili inermi. È lì che Almirante è stato un “noto statista”, e che statista!

Questa richiesta di specificazione ci fa entrare nel merito delle reali motivazioni della nota nazional-alleata. Come Rifondazione, ANPI e CAT siamo da mesi impegnati in una raccolta di firme contro quell’imbarazzante intestazione (http://blog.libero.it/resistenze/) e per questo l’assessore non si fa sfuggire l’occasione di additarci come mandanti del furto. La complicata strada della petizione popolare e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul triste fatto presume lo scarto dell’ipotesi del furto o del danneggiamento nelle tenebre, assai meno dispendiosi in termini di energie e di tempo. Detto ciò non ce la sentiamo affatto né di condannare, né di prendere le distanze da chi in una di queste notti ha compiuto il gesto. Quando Fracassini scrive “azioni come questa fanno capire che c'è ancora molto da fare in termini di dialogo e valori condivisi” solleva la questione fondamentale: per motivi che dovrebbero essere ben noti a tutti non può esservi una memoria condivisa sulla figura di Almirante, che riassume la barbarie e il degrado civile nei quali il fascismo ha fatto sprofondare il paese! Proprio a riguardo, il periodico della Resistenza e degli ex combattenti “Patria indipendente” nel gennaio scorso ha messo in allegato la riproduzione fotostatica del 1° numero de “La difesa della razza” uscito nell’agosto ’38 in vista dell’emanazione delle infami leggi razziali, quando era ora che gli italiani si proclamassero “francamente razzisti”. Ebbene qui c’è un articolo del pivellino in camicia nera, che provava da “noto statista” (Giorgio Almirante, L’editto di Caracalla, “La difesa della razza”, n. 1, 5 agosto 1938, pp. 27-29), secondo il quale il declino dell’impero romano sarebbe stato determinato dall’immissione negli apparati statali di quanti non fossero di “razza italica”. Inutile soffermarsi sulle inesattezze e sulle sciocchezze che vi sono scritte, se non fosse che di lì ad un paio d’anni queste fesserie cederanno il passo ai fatti, con quegli epiloghi che dovrebbero essere noti a tutti; e mai il “noto statista” tornerà sull’argomento per fare autocritica. Questo è stato Almirante!

Ma alla fine Fracassini assicura: “rifaremo fare subito la targa intitolata a Giorgio Almirante per rimetterla al suo posto. Chi ha compiuto violentemente questo gesto può starne certo”. Ecco, magari sarebbe bene nell’occasione si ricordassero di dare una mano di bianco sulle scritte cubitali “Viterbo città fascista” che dànno il benvenuto sulle mura di tutti gli accessi in una città che è stata fascistizzata nel ventennio con la violenza, la repressione e la blandizie ma che nel 1921 rappresentò un fiero bastione contro l’avanzata fascista: unico centro in Italia, assieme a Sarzana (SP), ad impedire l’ingresso alle camicie nere all’interno della propria cinta muraria (http://www.resistenze.org/sito/te/cu/an/cuan6g11.htm), col plauso di Gramsci e lo sconcerto di Mussolini.

Questa è la storia della città, questa la memoria da recuperare, altro che il “noto statista” Almirante!

Vorremmo in fine chiedere alla giunta della Provincia se anche quest’anno alla cerimonia del 25 Aprile saranno invitati a prender la parola questi strenui difensori di Almirante che amministrano Viterbo. 

 

nota congiunta Comitato Provinciale ANPI e PRC circolo di Viterbo

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 21/05/07 alle 22:37 via WEB
lunedi' 21 maggio 2007 un po in ritardo ma meglio tardi che mai..... CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO VIA STOPPANI 15 (QUART. SANT’ANNA p.zza princ.) – BUSTO ARSIZIO – VA – uscita autostrada A8 Laghi. Dal blog : http://italiarossa.splinder.com/ Liberi ma schiavi Sono passati oltre sessant'anni dal 25 aprile del 1945, data che segna la liberazione delle principali città del Nord Italia dal dominio nazi-fascista e la fine di fatto della seconda guerra mondiale in Italia. Questa data segna un discrimine tra gli anni della dittatura fascista e la costruzione di un paese democratico-borghese. Da lì seguiranno la fine della monarchia, l'instaurarsi di una Repubblica parlamentare e l'elaborazione di una Costituzione democratico-borghese, basata sul(lo sfruttamento del) lavoro (salariato), che interpreta e incarna i valori borghesi nati dalla guerra di Liberazione e dalla Resistenza (8/9/1943- 25/4/45). In Italia il regime fascista, al quale le disfatte militari avevano fatto perdere l’appoggio delle stesse classi dominanti, e già minato alle fondamenta dai primi scioperi operai (Fiat di Torino; Pirelli, Borletti, Falck di Milano, tra l’8 e il 13 marzo), era caduto il 25 luglio 1943 in seguito ad una congiura della monarchia, che mirava a sostituirlo con una dittatura militare capace di portare il paese fuori dalla guerra mantenendo il pugno di ferro sul proletariato. Il nuovo capo del governo nominato dal re è infatti il maresciallo Pietro Badoglio il quale, però, non sapendo come evitare una dura reazione tedesca alla sua progettata defezione dall’alleanza con la Germania, e volendo impedire, contro di essa, la mobilitazione delle masse popolari, l’8 settembre 1943 lascia il paese in balia delle forze tedesche, fuggendo coi suoi ministri e con la Corte nell’Italia meridionale già occupata dalle forze anglo-americane, poco dopo che è stata resa nota al mondo la capitolazione dell’Italia. Contro le forze di occupazione tedesche, e contro una repubblica fascista costituita da Mussolini, responsabili di mille atrocità, si battono gruppi partigiani di diverse tendenze politiche. E’ il periodo che verrà chiamato della “resistenza” (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945), guidata dal Comitato di liberazione nazionale (Cnl). Ma all’interno del Cnl vi sono tensioni, contrasti e strategie divergenti, tra chi vuole salvare la monarchia e chi mira ad instaurare la repubblica. Le tendenze sinceramente comuniste (i gruppi internazionalisti di Torino, Milano, Asti, Casale Monferrato, Sesto San Giovanni, Parma, Firenze, Bologna; Stella Rossa di Torino; Bandiera Rossa di Roma; ecc.), verranno sistematicamente soffocate e i militanti rivoluzionari perseguitati e assassinati anche dagli stessi partigiani togliattiani Tra i tanti ricordiamo: Fausto Atti, ucciso il 27/3/45 a Trebbo di Reno (Bologna) da partigiani del pci; e Mario Acquaviva, ucciso a Casale Monferrato da un sicario del pci l’11/7/45. Tra il 1 e l’8 marzo 1944 gli operai delle fabbriche del nord attuano uno sciopero generale contro gli occupanti tedeschi e per una pace immediata. Nella primavera del 1945 le armate anglo-americane raggiungono il Po: i nazi-fascisti, stretti in una morsa, sono sconfitti. Primo capo del governo dell’Italia liberata dall’occupazione tedesca è il capo partigiano Ferruccio Parri, del cui ministero fanno parte tutti e sei i partiti che hanno partecipato alla resistenza anti-fascista, e cioè quello liberale, quello democratico del lavoro, la democrazia cristiana, il partito d’azione, il partito socialista e il partito “comunista” italiano. Col 25 aprile 1945, nel mentre si chiude la parabola fascista dell’imperialismo italiano, si apre la parabola democratica dell’italo-imperialismo. Se oggi fascisti e antifascisti si ritrovano insieme ciò avviene non perché il berlusconismo abbia rimosso la Resistenza, i fatti storici non si possono cancellare; ma perché fascismo e antifascismo rappresentano due modi diversi o contrapposti di perseguire gli stessi interessi borghesi, la medesima affermazione dell’italo-imperialismo. Il movimento partigiano nel suo insieme, fu uno schieramento patriottico a favore di una coalizione imperialistica (l’anglo-americana-francese appoggiata dalla Russia) contro l’altra (la nazi-fascista dell’asse Germania-Giappone-Italia). È naturale che i due tipi di borghesi, di controrivoluzionari e di anticomunisti si ritrovino insieme a difesa dello stesso interesse (la difesa dell’italo-imperialismo), anche se non è escluso che possano ritornare quanto prima a scannarsi da sponde opposte in nome della patria, della libertà o della civiltà occidentale. Quindi su questo terreno l’opera di mistificazione compiuta dal governo Berlusconi non è tanto più perniciosa di quella svolta dal governo D’Alema, per non andare più indietro nel tempo. Ricordiamo, pertanto, questo 25 aprile per attrezzarci meglio nella lotta proletaria contro l’italo-imperialismo, non per piagnucolare contro il revisionismo storico. Nell’immediato, rintuzziamo sul nascere gli attacchi dello squadrismo fascista, formando i comitati proletari di auto-difesa e di attacco alla borghesia e ai suoi scagnozzi. v.: La Sinistra comunista e la Resistenza
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Petizione Contro l'intitolazione della Circonvallazione a Giorgio Almirante

Il giorno 19/07/2006 il sindaco di Viterbo ha intitolato una parte della circonvallazione di Viterbo a Giorgio Almirante.

Almirante è stato uno dei redattori della rivista “La difesa della Razza” caratterizzata da feroce e becero razzismo ed antisemitismo.

Militante attivo della Repubblica sociale di Salò che, alleata dei nazisti, torturava e massacrava i cittadini italiani democratici, è stato, dopo la guerra, tra i fondatori dei Movimento Sociale Italiano, diventando poi segretario dello stesso partito. Il MSI di Almirante, si caratterizzò anche come organismo politico che mitizzava la dittatura mussoliniana e che esaltava anche le dittature contemporanee, come la dittatura greca dei Colonnelli, la dittatura militare Turca e il colpo di stato cileno, mentre denigrava ed offendeva il movimento antifascista e la democrazia repubblicana italiana. Il MSI di Almirante si rese protagonista inoltre di una miriade di aggressioni contro studenti, operai e militanti democratici con conseguenti ferimenti ed omicidi.

Lo stesso Almirante partecipò attivamente all’attacco violento contro la facoltà di giurisprudenza insieme al collega Caradonna.

Almirante ancora protagonista di un inquietante episodio collegato alla strategia della tensione. Viene infatti incriminato per favoreggiamento del terrorista Cicuttini, autore della strage di Peteano. Si salverà con l’amnistia.

La storia politica di quest’uomo, si chiude senza alcun riconoscimento delle battaglie civili che hanno contribuito alla costruzione della democrazia italiana.

Intitolare a questo personaggio una via di una città italiana, significa quindi offendere chi è morto lottando contro i nazifascismi ed offendere chi ha speso la propria vita per costruire e rafforzare la democrazia italiana.

Chiediamo rispetto per l’Italia. Chiediamo che questa targa sia rimossa dalle vie della città di Viterbo.

Per aderire inviate via e-mail il vostro nome e cognome all’indirizzo antifascistavt@libero.it

Iniziativa appoggiata dal Coordinamento Antifascista della Tuscia

 

 

 

 
 

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