RespiraMi Dentro

Il gioco dei sapori al buio


Non era di certo la prima volta che ci incontravamo, ma quella volta volevi fare un gioco nuovo. Mi invitasti nel vecchio appartamento dei tuoi ormai disabitato da un po' di anni, in una vecchia palazzina a due piani. Quell'appartamento sarebbe stato destinato a te se forse un giorno avresti voluto andare a vivere da solo o in compagnia, tant'è che era riservato ogni tanto come rifugio dallo stress della routine quotidiana, sia per te, che organizzavi con i tuoi amici o con le tue amanti, che per i tuoi durante le festività tradizionali. In un sms mi indicasti il luogo e infine aggiungesti: "Sarà divertente, lascia fare a me ...". Il caldo di metà giugno induceva ad un abbigliamento leggero e comodo; e così scelsi di indossare due veli di gonna sottili in viscosa, e una maglietta un po' particolare, che si reggeva con un elastico poco sopra il seno lasciandomi le spalle scoperte, dal bordo merlettato e morbida sui fianchi. Quando arrivai in macchina davanti alla palazzina, il primo istinto fu di alzare lo sguardo dritto al secondo piano, notando che le finestre erano tutte chiuse, così pensai che forse ancora non eri arrivato.Ma osservai che il vecchio portone del palazzo era aperto e così entrai, salendo su per le scale fino a indovinare ad intuito l'appartamento. La porta era socchiusa, entrai con passo felpato riducendo al minimo il rumore dei tacchi, richiusi la porta pianissimo alle mie spalle e mi diressi in cucina, ma non vidi nessuno. Poi mi diressi  in soggiorno chiamando il tuo nome ma niente...infine notai la camera da letto, la cui porta era spalancata e ci entrai. Percepivo un intenso profumo di lavanda che avvolgeva tutta la casa, così pensai che ti eri ben organizzato per aerare l'appartamento e dare ( o far dare ad una colf occasionale) un colpo di straccio ai pavimenti. Era tutto così pulito e odoroso come una casa pienamente vissuta ... Presi a chinarmi per toccare il lenzuolo bianco sul letto, quando d'improvviso sentii dei passi dietro di me che richiusero la porta e, rimessami in posizione eretta, mi bloccai ... "Lascia fare a me" - davanti ai miei occhi mi apparve la visione delle tue parole sul display del cellulare. Ti sentivo arrivare da dietro ma non mi voltai, intuivo che volevi fosse così quando d'improvviso mi vidi davanti una benda nera ad oscurarmi la vista. La mia eccitazione crebbe di colpo, da quel mometno gli altri sensi avrebbero sopperito allo spazio circostante sottrattomi per proiettarmi in un altro da costruire con gli altri sensi e tutto era un immaginare il tuo sguardo sulla mia figura che si ergeva morbida e appetitosa davanti a te. Mi sfiorasti la schiena con un dito portandolo quasi a ridosso del sedere, per poi risalire dritto scostandomi da un lato i capelli per inzupparmi di saliva il collo. Con la mano cercai il tuo petto premendo sulla ruvidità della tua pelle oltre la camicia sbottonata davanti, sentendo sotto i miei polpastrelli i tuoi peli inumidirsi dal leggero sudore; tu mi stuzzicavi un lobo mordicchiandolo e succhiandolo come un acino d'uva bianca, con la lingua andasti dietro l'orecchio sfiorandone appena la pelle e questo mi provocò una piccola scarica elettrica. Ti vedevo, dall'oscurità di quella stoffa avvolta intorno alla mia testa, ti vedevo goloso insinuarti in ogni mio pertugio erogeno senza dire una parola, solo lievi sospiri intercalati ai miei disegnavano una melodia fatta di piani e pianissimi ... di colpo ti staccasti invitandomi a tenere, con un dito, la bocca semi-aperta... introducesti qualcosa, era un frutto, lo morsi piano, sì, era impossibile non indovinare che era una succulentissima mora di Vignola. Prendesti il nocciolo che feci affiorare sulle labbra e continuai a masticare quella succulenta ciliegia fino ad inghiottirla, e con la lingua ancora piena del succo disegnai il contorno delle labbra, immaginando la tua reazione verso quel piccolo cratere, che odorava di zuccherino succo di ciliegia, dove volevo farti sprofondare, ma anticipasti il mio pensiero. La tua lingua iniziò a  scavare nell'antro della mia bocca, a strapparmi il succo di quella mora e non solo, mentre la tua mano mi sfilò in un rapido gesto la maglietta e restai a seni scoperti. Erano lì, le altre due piccole ciliegie da stringere tra le labbra, ero il tuo albero che partoriva le delizie più generose, i miei gemiti crescevano e adesso la musica cominciava a cambiare registro e intensità ... fin quando non mi portasti alla bocca qualcos'altro ... Una carnosa fragola mescolata a un po' di fiordilatte, ne riconoscevo il sapore, sapevi quanto mi piaceva ... ne morsi metà, e l'altra metà la passasti sulla punta dei miei seni, sul solco.... immaginavo il suo colore rosso pitturarmi la pelle bianca. Sbriciolasti la fragola fino al mio ventre nel frattempo che mi adagiasti a letto. Adesso ero un campo di fragole tutte da raccogliere e gustare nella caverna del tuo palato, volevo il tuo sesso da mischiare a quel sapore. Aprii le gambe perchè il frutto più bello era lì, ma ancora tu eri intenzionato a ripulirmi il seno e il ventre. Un mezzo sorriso uscii tra i miei gemiti e non so se tu lo avessi notato, ma pare di sì visto che mi infilasti un dito in bocca per raccogliere i miei umori. Lo trattenni un bel po' prima di rilasciarlo, perchè volevo farti capire quanto desiderassi il tuo sesso. E con la mano andai a premere sulla tua durezza, abbassando la cerniera ... lo portasti alla mia bocca e iniziai a succhiarlo avidamente ... il sapore dolciastro della fragola intinta nel fiordilatte si mischiò al tuo che era salato, così ne venne fuori un mix che sapeva di  burroso avocado. "No piano ti prego..." sussurrasti a un certo punto . Ma io allontanai la tua mano dalla mia bocca. Eh no, tesoro, pensai, adesso non puoi staccarti dalla mia voglia di te. Lasciami ancora assaggiarti un po' per farmi restare in gola la tua parte più vera che aveva voluto questo gioco. Mi sfilasti la gonna e gli slip per cercarmi il frutto più bello, quello per cui ero venuta in questa casa e in questa stanza, o, visto il periodo, cercavi il fiore, ma non uno qualsiasi. Lo paragonavi a un fiore di zucca, a un "ciuriddu" da farci le famose crespelle fritte, dal sapore dolciastro ed essenziale. Andavamo matti entrambi per i ciuriddi fatti a crespelle uniti ad altri pochi essenziali ingredienti. E costano cari, questi fiori così delicati di colore arancio-verde.Ti tuffasti a raccogliere le goccioline d'eccitazione di questo fiore che colavano al di fuori, si era dischiusa la sua corolla verso la colonia invasiva dei tuoi occhi, delle tue dita e della tua bocca. Dal buio della benda vedevo solo flash brevi e potenti di giallo desiderio, mio e tuo,  a dirmi che ero viva, che ero tua e che avevo prenotato un volo diretto verso l'universo, verso te, dentro te. Volevo sentirmi scuoiata, oltre che assaggiata, sminuzzata, divorata. Il tuo sesso intanto dentro di me premeva trovando la sua strada, ed io mi aggrappavo alle tue spalle come uno scalatore a un fianco di montagna, in ripida scalata usando le ginocchia e le mani come ganci. E non ricordo affatto quanto fosse lungo questo percorso in verticale salita a tagliare il fiato ad ogni orgasmo come fosse una fatica, uno sforzo disumano anche il piacere ... dal buio della benda tu eri tutto lo spazio desiderabile ed estendibile, non esistevano il letto, la stanza e la casa. E nemmeno il tetto, perchè nuda in te ero nuda in mezzo a tutto e volevo comunicarlo al mondo intero. I miei gemiti pronunciavano il tuo nome come la poesia più bella del mondo, ripetendolo quasi a volermi convincere che fosse davvero così, e aveva un bel suono, il tuo nome, anzi era il suono più bello, il più buono, ora scandito in fretta dopo un brivido caldo ora assaporato e quasi trattenuto sulla labbra come a non volerlo farlo uscire dai miei stessi confini fisici... fin quando ti svuotasti in me e restammo nudi incollati per un po', sudati fradici dal caldo e dall'impresa di arrivarci in alto percorrendoci in profondità. Alla fine ti alzasti dicendomi "Resta qui, non toglierti la benda..." Dopo pochi minuti tornasti, mi invitasti di nuovo a sdraiarmi e sentii colare del succo ...mi misi a ridere chiedendoti "Ancora? si ricomincia?" con voce alterata come un'ubriaca che storpia le parole intontita dall'alcool. Mi leccasti lungo il ventre quella sostanza liquida, mi slegasti la benda, e, porgendomi l'altra coppa mi dicesti "Per te, lo so che ne vai matta"... E mentre ancora il fiato andava trovando la via del normale, mi dissetai volentieri con quel drink al succo d'ananas.Eva