Respira Sano

La gabbia dorata del vittimismo


Perché ci lamentiamo? Perché ci identifichiamo nell’essere delle vittime di eventi ai quali non possiamo opporci?Lo facciamo per cercare attenzioni. Dagli altri per esempio, cercando di stimolare uno spirito di aiuto e soccorso che ci metta al centro della loro attenzione. Ma anche di noi stessi, perché attraverso un atteggiamento di vittimismo noi affermiamo la nostra unicità a noi stessi. Purtroppo non attraverso i nostri meriti, ma attraverso il fatto che sentiamo di essere così unici che gli altri non possono comprendere appieno il nostro dolore e la nostra condizione di miseria, una vera devianza del proprio orgoglio personale. Inutile dire che questo genere di atteggiamento diventa spesso e velocemente abitudine, che mettte radici sempre più forti e difficili da sradicare. Come è assolutamente prevedibile, una mentalità negativa, scoraggiata, passiva, non genererà di certo azioni attive e di successo. Machi si crogiola nel vittimismo rifiuta ogni responsabilità al riguardo.Anche se richiamato dall’esterno su questo punto, il soggetto troverà conforto in un ulteriore isolamento, sospinto dalla convinzione che nessuno riesca a comprendere realmente la sua condizione, in una spirale di masochismo destinata a portarlo sempre più a fondo in un perverso compiacimento.Più che dalla coscienza di bisogni insoddisfatti, il nostro vittimismo nasce dal timore di dovervi personalmente far fronte.Roberto GervasoC’è anche un fattore di forte autocolpevolizzazione nel processo che porta al vittimismo: il soggetto non è in grado di affrontare le difficoltà per mancanza di qualcosa che avrebbe dovuto apprendere in passato ma di cui, per cause proprie o esterne, non può disporre al momento, come strumento per risalire e riemergere.
Sia chiaro, non stiamo dicendo di ignorare dolore, difficoltà o altro: sono lati della medaglia della vita che è inevitabile incontrare e non si possono eludere. Sfogarsi, piangere, sono reazioni emotive giuste: ci svuotano di queste emozioni ed allo stesso tempo ci permettono di avere spazi nuovi da riempire di emozioni nuove e positive, che ci spronino a fare. Ciò che è stato è stato un regalo, di cui dobbiamo essere grati, non qualcosa che ci deve intralciare il cammino attraverso la sofferenza per la sua perdita. Perché noi dobbiamo andare avanti, partendo dal presente e da ciò che c’è ancora, o addirittura che potremmo incontrare o creare noi stessi.Aspeera ti invita a frequentare e condividere il seminario esperienziale 1-2-3 maggio Corso ISP a Tarzo (Treviso)