Creato da aribeca il 04/11/2009

LaLuceNeiTuoiOcchi

Romanzo

 

 

Articolo su Famiglia Cristiana: Si fa formazione anche attraverso la narrativa

Post n°76 pubblicato il 10 Settembre 2011 da aribeca
 

Gli adolescenti d’oggi, l’impresa della loro formazione, i momenti in cui tutto sembra destinato a fallire, e poi i recuperi, e chi li aiuta, e chi li realizza. E come. Presenta efficacemente tempi, ambienti e persone il romanzo La luce nei tuoi occhi, opera prima di Alessandro Ribeca, di San Benedetto del Tronto: laureato in Economia e commercio, si è fatto anche scrittore. Impegnato da anni nell’attività educativa per i ragazzi, Alessandro Ribeca usa qui lo strumento narrativo come un contributo appunto all’opera di formazione. E la storia che ne ha ricavato, oltre ad avere una sua validità di sussidio educativo, ha l’attrattiva di essere una vicenda originalmente narrata e di indubbio interesse per il lettore anche adulto e maturo. Il libro è stato pubblicato da: Edizioni Creativa, Collane Nuove voci (pagine 217, euro 14). (Da Famiglia Cristiana n. 36 del 4 settembre 2011)

 
 
 
 
 

L'unica via

Post n°74 pubblicato il 08 Febbraio 2011 da aribeca
 

Ho bisogno di persone, non solo capaci di indicarmi la via da percorrere, ma che, a guardarle camminare, io la riconosca come l'unica strada possibile alla mia felicità.

 
 
 

Intervista. Dal sito Mushroom

Post n°73 pubblicato il 06 Febbraio 2011 da aribeca
 

Dal sito: http://mmushroom.splinder.com/post/23934025/intervista-ad-alessandro-ribeca

Intervista ad Alessandro Ribeca
Iniziamo una nuova settimana con una nuova intervista. A parlare con noi è Alessandro Ribeca, autore de La luce nei tuoi occhi, edito per Creativa edizioni, un romanzo molto interessante, rivolto ai giovani, che sta avendo un grande successo di vendite.

 

1 - Domanda di rito: chi è Alessandro Ribeca?

Ecco! Lo sapevo, iniziamo subito con una domanda difficile. Io vivo proprio per rispondere a questa domanda, vivo per capire chi sono, vivo per capire qual è il mio destino. In questo momento mi sento padre. Più di ogni altra definizione mi sento di risponderti così: Alessandro Ribeca è padre, di due figli, e marito. Ma qualsiasi definizione ci limita perché siamo molto più di qualsiasi definizione. In realtà, ho bisogno di un rapporto, di una relazione che mi faccia esistere che mi faccia dire “io sono”. Il punto è con chi mettersi in relazione. Chi mi realizza pienamente?

2 - Alessandro Ribeca, autore con il suo romanzo d'esordio "La luce nei tuoi
occhi", edito da Creativa. Presentiamolo ai lettori.

La luce nei tuoi occhi si apre proprio con una domanda impegnativa: “cosa desidera il tuo cuore?”. Il protagonista di fronte a tale interrogativo si trova costretto a fare un percorso, un’esperienza, che non lo porterà a trovare risposte definitive, ma a trovare nuove domande. È lo stesso percorso che farà il lettore e che ha fatto l’autore, ovviamente. Il protagonista è un giovane ragazzo in crisi per un amore non corrisposto, è disorientato e per la prima volta si trova ad interrogarsi sul senso della vita. Per sua fortuna incontra un uomo che lo aiuta in questo suo percorso e lo illumina fino a considerare quell’esperienza un punto di riferimento in tutte le decisioni importanti della sua vita.

3 - "La luce nei tuoi occhi" è un romanzo di formazione in cui si parla di giovani in maniera fresca e genuina; ragazzi adolescenti alle prese con gli entusiasmi e le piccole crisi tipiche della loro età; giovani che, a dispetto di quanto si senta spesso in giro, sanno ascoltare. Ascoltare mi sembra una delle parole chiave del tuo romanzo, un verbo che fa da motore alle vicende vissute dai protagonisti.

Dico sempre che il peccato più grave è la distrazione ed io sono un distratto incallito. Molto spesso, vivo senza consapevolezza e così la realtà e il significato degli avvenimenti mi sfuggono. Per questo nel romanzo insisto molto sulla necessità di avere un cuore aperto, disposto all’ascolto. Non si può vivere con il gomito puntato in avanti proteggendosi il volto. Staremmo sempre a respingere la realtà invece di accoglierla. Dobbiamo fare come i bambini che si stupiscono di tutto. Mio figlio non ha neanche due anni e continuamente mi chiede “questo che è?” e non si ferma mai alla prima risposta. Spesso ti chiede la stessa cosa anche dieci volte di fila. Mio figlio è intelligente (Intus Legere "Leggere in profondità"), vuole andare a fondo, vuole che le cose gli vengano ripetute più volte per fissarle meglio: questa è la natura dell’uomo.
Fin da piccoli esprimiamo la nostra sete di conoscenza. Perché crescendo dobbiamo nasconderla e fingere di non avere più bisogno di domandare? Perché quando ascoltiamo qualcosa di già sentito ci distraiamo con la presunzione del “già lo so”?Dovrei vivere come mio figlio. L’atteggiamento che dovrei avere nei confronti della vita è quello dello stupore.

4 - Armando, uno dei personaggi chiave del tuo romanzo, è un signore non più nel fiore degli anni che prende sotto la propria ala il protagonista e, successivamente, il resto del suo gruppo di amici di scuola.
Ci troviamo di fronte a dei ragazzi che vedono in quest'uomo un importante
punto di riferimento e questo, mi verebbe da pensare, quasi a dispetto della società attuale, che tende a far percepire gli anziani come un peso per le ultime generazioni.
Cosa ne pensi?

Non è una questione di età. Se parliamo di testimonianza non possiamo dire che
tutti gli anziani siano buoni testimoni. Ho incontrato ragazzi che mi hanno illuminato più di tanti libri o persone colte. Mai nessuno mi ha saputo illuminare come oggi mi illuminano i miei figli. Quei ragazzi sono stati fortunati ad aver incontrato Armando, ma avrebbero potuto incontrare un personaggio pericoloso e chissà cosa sarebbe successo… In realtà, a ricevere maggiore beneficio dal loro incontro è soprattutto Armando: alla fine è Armando che incontra la luce negli occhi del ragazzo e a quel punto tutta la storia prende un significato nuovo.  Se, invece, il discorso è sull’attenzione verso gli anziani sono d’accordo con te tanto è vero che nel romanzo i ragazzi vivono un’esperienza di carità frequentando un ospizio e per raccontare questo ho preso spunto dall’esperienza che ho fatto nell’anno del servizio civile proprio in un centro per anziani. Ho scoperto una realtà che non conoscevo. Persone che hanno perso la loro dignità perché abbandonate dai propri familiari. Anche qui entra in gioco l’ atteggiamento dello stupore: un cuore aperto ti permette di valorizzare l’altro per quello che è; il gomito puntato in avanti invece ti fa vedere tutto come un problema, una difficoltà da superare e non come un’opportunità da vivere
pienamente.


5 - Una domanda che suonerebbe indiscreta, ma che so di poterti rivolgere
senza alcun timore . Cosa c'è, di Alessandro Ribeca, nel romanzo?

C’è la mia esperienza di vita. Mi sono impegnato per tanti anni nella mia parrocchia in attività educative per i ragazzi e per i giovani di Azione Cattolica. Per tanti anni l’impegno non aveva un grande senso, ero lì, percepivo la necessità di starci, ma non capivo il perché, tanto è vero che mi sono spesso allontanato da quella realtà. Poi, proprio lì, è accaduto l’ inaspettato, un incontro che mi ha donato un modo nuovo di guardare la vita. Nel romanzo non faccio altro che raccontare questo incontro, questa esperienza che necessariamente mi ha cambiato. Gli eventi, i personaggi sono di pura
fantasia, ma le sensazioni, i sentimenti, le ragioni di tutta la storia sono vere. Ho raccontato la storia di un gruppo di ragazzi che si imbattono in una novità assoluta, un uomo che prova ad introdurli al reale, al significato delle cose. Ho raccontato ciò che è accaduto a me e a un gruppo di giovani, in un anno trascorso insieme. Perché ho deciso di farlo? Perché è stato bello e le cose belle non puoi tenerle per te. Se ti innamori, la prima cosa che fai è raccontarlo al tuo amico e io ho pensato che raccontarlo a parole non bastava, occorreva scriverlo, scriverlo in modo che fosse fruibile da tutti. Ovviamente un libro non può cambiare il lettore, ma se il lettore ha un cuore aperto potrebbe essere stimolato ad approfondire nel reale, nella propria vita, negli incontri, ciò che di bello ha percepito tra le righe del romanzo.


6 - Che rapporto hai avuto con i tuoi personaggi? Ce n'è stato uno
particolarmente "sofferto"? Anche in senso positivo, s'intende! Ma in ogni
caso, perché?

Con i personaggi si è instaurato un rapporto vero come se fossero di carne ed ossa. Ho imparato a conoscerli nel tempo. Nessuno di loro mi è veramente simpatico, forse perché in ognuno rivedo me stesso: sono lo specchio della mia anima, di quello che sono o che vorrei essere. Addirittura lo stesso Armando che dovrebbe essere il punto di riferimento, lo trovo inadeguato, limitato e pieno di difetti. Eppure il bello è proprio questo: la coerenza non sta nell’ essere perfetti, ma avere un cuore costantemente teso verso Colui che è perfetto. Cercare di essere perfetti è l’inganno della nostra superbia perché non lo saremo mai.

7 - Credi che esista veramente, nella vita di ognuno di noi, una persona che abbia negli occhi una luce particolare, capace di colpirci come Armando ha fatto con il protagonista del tuo romanzo?

Non è che lo credo, ma l’ho sperimentato. Nella mia vita ho incontrato queste persone eccezionali, ma questo non significa che sia per tutti così. Forse molti non hanno la fortuna di incontrarle o le hanno incontrate, ma il loro cuore era troppo indurito per accorgersene. La luce di cui parlo nel romanzo è la luce di Dio e il metodo più usato da Dio per entrare nella nostra vita è concretissimo, è l’incontro! Dio si fa presente attraverso altre persone. Questo è sconvolgente per noi perché non riusciamo ad ammettere fino in fondo che la nostra conversione possa essere il frutto di un incontro, che possa essere così concreta! E’ più assurdo convertirsi per via di un miracolo o per mezzo di un’amicizia, una compagnia? Per conversione intendo il guardare verso una nuova direzione. Non che prima guardassi in una direzione sbagliata, solo che ora ho raddrizzato la rotta, l’ho migliorata, ho punti di riferimento migliori. Non solo è sconvolgente incontrare Dio attraverso un incontro, ma è anche drammatico. E’ drammatico perché ti impone di guardare gli occhi dell’altro e vederci Dio. Guardarlo negli occhi e dire: “c’è Altro”. Queste persone portano la luce, una luce che non è loro, ma che hanno ricevuto da Dio e l’hanno ricevuta perché l’hanno accolta. Accogliere! Questa è l’unica cosa che ci è chiesta. Non siamo neanche chiamati ad amare perché da soli non potremmo amare. Un bicchiere sotto la sorgente straborda. Un bicchiere lontano dalla sorgente è un bicchiere vuoto e basta. La carità è un amore che nasce da una sovrabbondanza. Io, nella mia vita, ho incontrato persone che amano per sovrabbondanza e sono i miei punti di riferimento. La loro eccezionalità sta nell’aver accolto l’amore di Dio.

8 - Rispetto ai ragazzi di quindici, venti anni fa, cos'hanno, secondo te, i
giovani di oggi che tanto non va?
Si parla tanto di bullismo, risse, droga, sesso, perdizione, suicidi. Però dei
giovani che fanno volontariato, di quelli che portano avanti i loro studi, non
si parla. Questi non fanno notizia. Tu cosa ne pensi?

I tempi sono cambiati, ma il cuore dell’uomo è sempre lo stesso. Ci lasciamo ingannare dai mezzi di comunicazione che non sono capaci di guardare la realtà tutta e ci mostrano un paese, una società diversa da quella che veramente è. La maggior parte dei giovani sono impegnati in attività di volontariato, sono dediti allo studio, aspirano a grandi ideali. Questa è la verità e quando non è così, spesso è perché vivono un disagio. Dalla mia esperienza con i giovani posso dirti che ognuno di loro ha un grande bisogno di risposte, di amore, di punti di riferimento. Se questi ragazzi non trovano negli adulti, nei genitori, nei professori, nell’allenatore di calcio, nell’insegnante di danza, nel prete, nei personaggi televisivi, dello sport, dello spettacolo, valide testimonianze di vita, prima o poi cercheranno risposte là dove domina l’inganno dell’immediatezza e dell’effimero.
Nel romanzo, pur se ricco di parole e frasi che aiutano a riflettere, insisto molto sulla testimonianza perché non sono tanto le parole a cambiarci ma l’incontro con persone che ci mettono di fronte ad un modo nuovo di vivere che rende molto di più. Subito, già in questa vita. Gli adulti trovano difficoltà ad educare le nuove generazioni ed è per questo che si parla tanto di emergenza educativa. Il crescente relativismo fa sì che nessuno sappia più riconoscere ciò che è bene da ciò che è male. Vedi? Nel romanzo, Armando non fa altro che donare ai ragazzi un criterio per giudicare il reale. Questo è un metodo educativo valido poiché riconosce la libertà dell’individuo anche se ciò implica il rischio di un rifiuto da parte dei giovani. Eppure dobbiamo rischiare, la società di oggi deve rischiare. Armando ha rischiato, ha fatto una proposta di vita ai ragazzi ma poi li ha lasciati liberi. Non si può educare senza libertà anche se questo, spesso, implica una sofferenza: Armando ha sofferto per la loro libertà. Essere relativisti e dire “fa come vuoi perché tanto è uguale” non rende veramente libero il giovane.
Educare significa dare all’altro strumenti validi affinché sia capace da solo di giudicare la realtà. Se non giudichiamo non possiamo sapere cosa è giusto o sbagliato. Per crescere occorre fare esperienza e si fa esperienza giudicando ciò che ci accade. Se non giudichiamo non facciamo esperienza e non cresciamo.
Altro compito dell’educazione è dare speranza alle nuove generazioni, non lasciare che si spengano i loro desideri. Abbiamo la responsabilità di tener desto il loro cuore, un cuore che desidera e questo è possibile solo se anche i nostri cuori desiderano cose grandi.


9 - Progetti in campo?

Per ora faccio corsi serali di vita: dopo il lavoro torno a casa dai miei figli e cerco di imparare da loro lo stupore per la vita. È una scuola bellissima e la auguro a tutti.

 

 
 
 

Marco Mazzanti intervista Alessandro Ribeca su mushroom's blog

Post n°72 pubblicato il 26 Gennaio 2011 da aribeca
 

Marco Mazzanti intervista Alessandro Ribeca su mushroom's blog: http://mmushroom.splinder.com/post/23934025/intervista-ad-alessandro-ribeca

Un grazie infinito a Marco che con le sue domande mi ha dato l'opportunità di guardare, ancora una volta, dentro la mia anima...

 
 
 

Demetrio dai capelli verdi

Post n°71 pubblicato il 15 Gennaio 2011 da aribeca

Lo stile inconfondibile di un giovane talento, le ambientazioni descritte come pennellate veloci su una tela, la storia ben raccontata, un ragazzo, Demetrio, che potrebbe essere il lettore stesso, perché è ciò che siamo tutti noi: uomini alla ricerca di una identità. Quanti spunti di riflessione...! Chi non si è mai sentito un pò come Demì? La diversità, la necessità di sentirsi accolti per quello che si è, il sentirsi continuamente in cammino perchè solo così scopriamo chi siamo. Il nostro passato dal quale non possiamo prescindere perché vogliamo sapere anche da dove veniamo.
Una storia che rompe un po’ gli schemi classici: sembra un fantasy ma non lo è, dovrebbe avere un lieto fine, ma in realtà termina con un’amara speranza, dovrebbe incontrare persone che lo aiutano, ma alla fine si sente tradito da tutti. Ci vuole coraggio a scrivere rompendo questi schemi!
In definitiva è una storia che fa sognare e riflettere e che non finisce con l’ultima pagina del libro… No! Decisamente no! Perché io continuo ad immaginarmi, ancora, Demì che, come un uccello, fugge e vola… Per dove però? Questo non lo so!

Vi allego il link: http://www.assonuoviautori.org/forum/index.php?topic=4791.0

 
 
 

Ciò che attendiamo siamo

Post n°70 pubblicato il 12 Dicembre 2010 da aribeca
 

Ciò che attendiamo siamo.

 
 
 
 
 

Questo oggi e questo luogo

Post n°68 pubblicato il 25 Novembre 2010 da aribeca
 

Ognuno di noi prova continuamente la sensazione di dover aderire o fuggire dal reale, da questo oggi e da questo luogo

 
 
 
 
 

Bisogna essere forti per obbedire

Post n°66 pubblicato il 19 Novembre 2010 da aribeca
 

L'obbedienza esige forza. Per obbedire, non basta essere umili, ma occorre anche uno spirito forte. Ed io non ho nulla di tutto questo.

 
 
 
 
 
 
 

L'artista conosce le regole

Post n°63 pubblicato il 19 Ottobre 2010 da aribeca
 

Se conosci le regole di un'arte, puoi fare ciò che vuoi, ma se fai ciò che vuoi senza conoscere le regole, tutto ciò che farai non sarà mai eccezionale. Quando ascolto Bach so solo che mi piace, ma non so il perchè. Un compositore che conosce le regole, la tecnica, può saperlo, io no... Ma la tecnica, nel tempo, cambia. Certo! Cambia, ma mai nessuno ha cambiato una tecnica, o una regola, senza conoscere la precedente.

Se hai attitudine, se segui le regole, se riesci a stravolgerle sei un genio.

 
 
 

Pisa Book Festival

Post n°62 pubblicato il 19 Ottobre 2010 da aribeca
 
Foto di aribeca

Venerdì 22 ottobre sarò al Pisa Book Festival insieme al mio editore Gianluca Ferrara.

 
 
 

Copertina

 

 

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Angela è bella e affascinante, ma non sarà mai altro che un’amica. Questo dice la realtà! Aderire al proprio destino o rifiutarlo? La domanda racchiude il dramma che deve affrontare il giovane protagonista di questa storia.

Improvvisamente, proprio nei giorni più critici della sua adolescenza, una presenza nuova si impone nella vita del ragazzo: un uomo diverso da tutti gli altri con il suo sguardo luminoso cattura l’attenzione del protagonista, dei suoi compagni e della stessa Angela, donando loro un nuovo modo di affrontare la vita.


Quale segreto è racchiuso nei suoi occhi? Tutto diventerà chiaro quando il protagonista, ormai adulto e nuovamente in crisi di fronte ad una decisione da prendere, tornerà nei luoghi dell’adolescenza per raccontare la sua storia.

 

ALESSANDRO RIBECA

 

 

Foto: Cinzia Camela Alessandro Ribeca è nato nel 1974

 a San Benedetto del Tronto (AP)

dove attualmente risiede.

 Si è sposato nel 2007 e nel 2009

è diventato papà.

 Laureato in economia e commercio, è impiegato di banca e si impegna

da anni in attività educative per i ragazzi.

 

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