ri-ciclette

Post N° 1


6 marzo 2008: parlando coi ragazzi africani che suonavano il campanello di casa mia, mi sono reso conto delle loro condizioni di vita qui da noi. Sono sempre stato sostenitore del motto confuciano: “non regalatemi pesci, ma aiutatemi a pescare”; ma il giorno che me lo sono sentito ripetere da un ragazzo senegalese in un misto fra italiano e francese, ho deciso di spremermi le meningi. Siccome le mie finanze sono come quelle di una gran parte di italiani, vale a dire in affanno l’ultima settimana del mese, dovevo trovare qualcosa da dare che costasse zero. Convinto che - in molti dei garages e delle cantine della mia città (Udine) ci siano biciclette inutilizzate, sgangherate, da riparare, - che per fare una bicicletta da due rotte, non ci vogliano grandi conoscenze tecniche - che, ridipinte con colori africani, possono essere per loro un buon seppur modesto oggetto da vendere - che anche per cercare un altro lavoro, una bicicletta ti permette di muoverti più agevolmente - che così concorrono a non inquinare e a riciclare un bene altrimenti abbandonato e da smaltire - che verso ragazzi anche senza permesso di soggiorno che vengano fermati per controlli dalle forze dell’ordine, trovati a distribuire un volantino che testimonia la volontà di lavorare , secondo me induce a un po’di clemenza. - che anche un modesto lavoro come questo, stimola i ragazzi e li tiene lontani da tentazioni illegali. Ed ecco l’idea: fornire loro semplicemente dei volantini da distribuire in luoghi affollati, e aspettare le chiamate: La prima cosa da fare era individuare qualcuno che avesse propensione al lavoro di meccanica, a cui l’idea piacesse, che trovasse un posto provvisorio dove lavorare, anche all’aperto, magari vicino a un centro di raccolta rifiuti ingombranti, dove poter smaltire i pezzi di bicicletta inutilizzabili. Il posto è stato individuato sotto un cavalcavia. Nei prossimi giorni saprò se la distribuzione di volantini ha dato buon esito. Un eventuale prossimo sviluppo di tale iniziativa potrebbe essere quello della realizzazione artigianale di rishò, come avvenuto a New York, Berlino, Copenhagen.