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INCONTRO A SORPRESA


 I   TAGLIAGOLE
Bruxelles, la Grande Place Con la coda dell'occhio li avevo già notati, dietro di me, mentre camminavo dalla Stazione Leopolda verso Porta al Prato: due ragazzi sui vent'anni che parevano l'articolo il: uno altissimo e magrissimo con maglietta e pantaloni troppo larghi e ciondolanti, l'altro basso e più tarchiato, infagottato dentro un giubbotto informe. Olivastri di carnagione, scuri di capelli, aspetto zingaresco (nel senso negativo del termine...), parlavano tra loro con voci alte e sgraziate, come quelli che vogliono farsi notare, che vogliono fare i bulletti.Due tipi che non ispirano nessuna fiducia se li incontri di sera in una strada buia e solitaria...ti viene da stringerti la borsetta e da accelerare il passo...beh, anche lì nel viale non eravamo in molti...Camminavano più veloci di me, ormai mi raggiungevano...“Professoressa!” uno di loro ha detto, mi sono guardata attorno: lì ero l'unica persona che avrebbe potuto essere chiamata in quel modo... Chi mi chiama in questo modo sono i miei ex-scolari di quando insegnavo solo il francese, per loro chissà perchè sono “professoressa”, quelli che mi hanno avuta come maestra normale, di tante materie, mi continuano a chiamare “maestra”. Allora mi sono fermata e li ho guardati meglio : è stato quello alto a chiamarmi: “Si ricorda di me? Sono S.” Un nome fra l'arabo e lo slavo, di quei nomi che appena te li trovavi sul registro ti mettevano sul chi va là, perchè molto spesso in quegli anni e in quei casi portavano con sé problemi di vario tipo e davano filo da torcere agli insegnanti...E S. non era stato da meno, immigrato arrivato in terza elementare aveva buttato all'aria la sua classe e sfinito i suoi maestri: irascibile, rissoso, insofferente alla disciplina, poco scolarizzato e ancor meno alfabetizzato. Faceva parte di quella categoria di alunni che un collega, durante gli incontri tra noi insegnanti, aveva battezzato col nome di TAGLIAGOLE...e rendeva benissimo l'idea!Io avevo lezione di francese con la sua classe tre ore alla settimana, ma inspiegabilmente in quelle ore era un'altra persona: seguiva, partecipava rispettando le regole, si impegnava nei lavori scritti anche se con un disordine pazzesco, disegnava...disegnava ...e in questo era bravissimo! Forse perchè la mia materia prevedeva momenti giocosi e tanto disegno, forse perchè quasi mai davo voti o giudizi, forse perchè in fondo nella nuova lingua era alla pari con gli altri, forse perchè...non so, ma nelle lezioni di francese si era inserito bene, riceveva e dava soddisfazioni e, cosa importante per me, non mi rendeva la vita impossibile. A quei tempi era piccino, scuro e pieno di riccioli, ora, a più di vent'anni, era altissimo...ma lo sguardo... sempre uguale! Questo ho scoperto e questo mi aiuta a riconoscere chi non vedo più da tanti anni e magari era un bambino ed ora è adulto, oppure era adulto ed ora è...diversamente giovane: lo sguardo di solito non cambia, se guardo nel profondo degli occhi ritrovo sempre quello che c'era un tempo e che aveva creato un legame tra di noi.Anche per S. ho ritrovato nello sguardo le tracce del bambino di tanti anni fa. Si vedeva che era contento di avermi rivista, mi ha chiesto cosa faccio ora, se insegno sempre...Io gli ho domandato cosa faceva lui, con una piccola ansia e timore della risposta che mi prende sempre in questi casi: vorrei che tutti fossero felici, che si fossero sistemati bene, con un lavoro... E lui apparteneva a quelle categorie per le quali tutto questo non era affatto scontato... Invece...ha fatto i corsi e lavora come meccanico sulle auto, il lavoro c'è... visto che le automobili non mancano...A un tratto sospirando ha esclamato: “Ah! Come mi piaceva il francese! E mi piace ancora tanto! Sa che sono stato a lavorare in Belgio?” E mi ha raccontato di Bruxelles, di Charleroi...Anche l'altro ragazzo è entrato nella conversazione, anche lui era stato in Belgio: ricordano il clima freddo e umido, la grande nostalgia che avevano del sole italiano...Mi raccontarono la stessa nostalgia altri giovani operai italiani che incontrai anni fa quando andai in vacanza in Belgio... Ero contenta per loro, per le loro esperienze, per l'energia che sentivo nelle loro voci. Qualcuno dei passanti gettava un'occhiata incuriosita a questo strano terzetto: una signora di una certa età e due giovani dall'aspetto poco raccomandabile che camminando lungo il viale si raccontavano allegramente del Belgio. Presto le nostre strade si sono divise, io da una parte, loro dall'altra. “Buona fortuna! Bonne chance!”, gli ho augurato, dopo che ci siamo salutati. E mentre li guardavo allontanarsi nella loro camminata dinoccolata e baldanzosa mi è venuto da sussurrare tra me e me: “Che tagliagole!” e sentivo la mia voce che lo diceva con un' affettuosa allegria.
Bruxelles, Manneken Piss