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SEDUTA


VERSO LA FINE DEL CARNEVALE
 Seduta su una panchina in un luminoso e ventoso pomeriggio di sabato grasso, in una piazza del centro città. C'è la festa di Carnevale del quartiere: musica, pagliacci, giocolieri, danzatori esotici, profumi dei dolci fritti nelle bancarelle. Tanti in maschera e non solo bambini, anche molti adulti di tutte le età, ci sono famiglie intere mascherate "a tema". Il vento solleva e trascina coriandoli, gli allunga la loro vita effimera, a volte li rialza di nuovo da terra in nuvole colorate e cangianti. Sono tutti bellissimi e colorati, i bambini soprattutto... vorrei fotografarli tutti, ma le regole della privacy mi trattengono, nessuno è mio parente, potrei passare qualche spiacevole guaio con i genitori. Mi accontento di guardarli, batto i piedi ai ritmi delle musiche, mi accorgo che sto sorridendo, che tutta quella allegria mi ha contagiato, ricordo altre mie feste di carnevale lontanissime nel tempo con gioia non con rimpianto, credo che questo momento che mi sono ritagliata sarà una medicina che allontanerà per un poco certe malinconie... Seduti come me ci sono altri "nonni", è questo il mio gruppo d'età e di ruolo ormai, ma io lì non ho nipotini insieme a me. Prima di rientrare a casa mi concedo dal fornaio molto quotato un grosso trancio di "schiacciata alla fiorentina" farcita, il dolce tipico della città, sarà per la colazione della mattina successiva.  Seduta in una poltrona di teatro nel pomeriggio della domenica "grassa". Per uno spettacolo di cui molti parlano in città: "La bastarda di Istanbul", che, anche se è un'altra storia, prosegue il mito e il successo dell'"Ultimo harem" dello stesso regista. Non è da meno, si avvia sulla stessa strada trionfale e verso anni di repliche: intrecci ed emozioni di fatti storici, di epopee familiari, di tragici segreti, di tentativi e speranze di chiarimenti, accettazioni e riconoscimenti. Per non dimenticare ciò che ha forgiato il presente e per cercare di non ripetere altri tragici errori nel futuro. E' terribilmente attuale ciò che viene rappresentato sul palcoscenico, anche se i colori, le invenzioni sceniche, la narrazione coinvolgente creano l'illusione che possa essere tutta una fiaba e che dunque si arrivi al lieto fine come nelle fiabe. Non c'è ancora, è tutto da costruire. Esco dal teatro affascinata e desiderosa di saperne di più, c'è il romanzo da cui è tratto lo spettacolo ed è accresciuta la curiosità. Non solo a me, anche alla coppia degli amici di Bologna che sono venuti a trovarci e a vedere con noi lo spettacolo. Mio marito resta silenzioso: è stanco, è incupito, il lavoro forsennato di questo ultimo periodo gli accresce lo stress di tutti questi anni. Lo guardo e mi sento impotente: mi è sempre più difficile scovare risorse per aiutarlo... Non sento molta atmosfera allegra in questa fine di Carnevale.