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BOLOGNA, TRA OGGI E L'ALTRO IERI


TRA  IL VERDE  E  LA  PIOGGIA
 Avevo aderito a una simpatica manifestazione bolognese: la lettura di un brano del mio racconto “Progetto europeo”, quello del pranzo con Daniel Pennac in una trattoria fiorentina, quello inserito in una antologia di racconti sulla cucina. Proprio da questa organizzazione era nata la manifestazione: tanti scrittori (più o meno dilettanti), tante letture sull'arte culinaria.In un'ambientazione particolare: sulla torre di una delle porte bolognesi, porta Saragozza. Pochi gli eletti per ogni turno di letture, visti gli spazi esigui, pochi gli invitati, qualche musicista, i presentatori.Contemporaneamente a Bologna c'è stata la manifestazione Giardini Aperti, la possibilità di visitare giardini “segreti”, perché privati, nascosti dietro muri o cancellate di ville e palazzi, oppure all'interno di insospettabili strutture edilizie tipiche antiche del centro cittadino.Ho unito le due possibilità e mi sono lanciata all'avventura di una giornata bolognese alla scoperta di tutto questo.Ma quasi due mesi fa, quando tutto si  è concretizzato, chi poteva immaginare questa primavera disastrosa dal punto di vista meteorologico? Per fortuna a Bologna ci sono i portici, non avrei rinunciato per niente al mondo! Bastava attrezzarsi di giacca impermeabile, cappello, ombrello e stivaletti a prova di pozzanghera. E così ho fatto.Che strana giornata, il cielo grigio e la pioggia a tratti, più o meno forte, hanno accompagnato la mia scoperta di alcuni suggestivi giardini, a partire dall'Orto Botanico, che quando abitavo là non avevo mai visitato: immenso, in alcuni tratti un vero bosco suggestivo di alberi altissimi e fitti, con radure, laghetti, ciuffi di piante fiorite e scompaginate dalle piogge. La suggestione dell'acqua mi faceva sentire in un grande nord, pensare a troll e folletti, in un silenzio innaturale per un centro cittadino, col traffico lontano, scomparivano dietro al verde anche i palazzi delle vie attorno.Prima dell'appuntamento alla torre, dove la lettura si è dovuta fare all'interno, in una sala del museo, meno suggestiva dell'altezza del terrazzo, ma comunque austera e bella ugualmente, sono riuscita a visitare qualche altro giardino più piccolo, tra quelli vicini in zona, alcuni gioiellini di verde  e di fiori nascosti tra le case antiche. 
 Era la zona dell'istituto Magistrale che ho frequentato da ragazza, nel grigio dell'aria sono emersi i ricordi della mia adolescenza e quella dolce malinconia che porta ad uno straniamento, fa riaffiorare sensazioni lontane tanto che a tratti non so più se sono la persona di ora o quella di tantissimi anni fa. Mi chiedo se la vita mi ha cambiato poi così tanto, se ciò che era allora è davvero finito, se forse ciò che provo adesso nasce da qualcosa di quell'epoca che è rimasto nell'aria e nella storia di quelle pietre che mi videro a quel tempo e che ora risento vivo. La scuola c'è ancora, è liceo psico pedagogico con annesso liceo musicale “Lucio Dalla”, e già questo mi commuove, fa parte del mio animo bolognese. Il portone era aperto, non ho potuto trattenermi dall'entrare: era uguale il corridoio con le bacheche sui muri ai lati, il piccolo cortile in fondo, da cui partivano le scale per i piani superiori. Ricordavo… sì, ricordavo tutto. Oltre questo cortile, si intravedeva quello più grande, palestra all'aperto, e quando stavo nell'aula a pianterreno quante volte ero tra quelle che si distraevano guardando fuori dalla finestra, se i nostri “ragazzi” facevano educazione fisica nel cortile… Dove siete ora, compagne di classe, ragazzi? Era quasi l'ora dell'uscita, fuori ho rivisto come i leggeri fantasmi di qualcuno che saliva sul muretto sotto il portico per farsi riconoscere da noi ragazze che uscivamo sempre dopo i maschi, per prepararci con cura, perché qualcuno ci avrebbe sorriso, preso sottobraccio e accompagnato alla fermata dell'autobus… Dove siete tutti, ora? Siete felici? E nel bar di fronte, dall'altra parte del portico, c'è ancora traccia di chi arrivava al mattino presto per un caffè, il controllo di una versione di latino, una supplica ad un professore? Perchè non eravamo solo noi ragazzi a frequentarlo, ma anche molti insegnanti, e lì si chiacchierava insieme, senza la rigidezza del timore del registro e dei voti.Infine, poco distante, un grande giardino pubblico, non nell'elenco dei giardini da visitare, ma per me luogo denso di ricordi: vi andavo da piccola, con la zia Maria e mio cugino, lei ci accompagnava là a giocare in certi caldi pomeriggi estivi. Vi andavo negli anni dell'Istituto Magistrale, e non da sola: era uno dei nostri luoghi preferiti nella bella stagione, per quelle poche ore bellissime in cui riuscivamo ad incontrarci: qual era la “nostra” panchina? Forse l'ho riconosciuta… Quegli enormi alberi, abeti, cedri, platani, che ci sono ora sono gli stessi centenari che ci vedevano allora… che sanno e che restano muti, mantengono per l'eternità i segreti di chi è passato e si è fermato sotto le loro chiome. Data la pioggia il giardino era quasi deserto, facilmente affioravano i ricordi; dalla terrazza della torre, dove mi sono potuta affacciare in una breve interruzione di pioggia, dopo la lettura, ho abbracciato tutto questo giardino, insieme all'emozione che accompagnava il ricordo di un periodo così difficile nell'adolescenza, ma anche, indubbiamente, così felice.