ricomincioda7

AL TEMPO DEL VIRUS 18


 RIABITUARSI 
Piazza della Signoria, oggi E mettiamo il naso fuori, ben coperto dalla mascherina. E’ finito il silenzio quasi assoluto, il vuoto quasi completo nelle strade attorno casa mia. Le rare volte in cui uscivo, prima, per il giornale e la spazzatura, camminavo in mezzo alla strada, scarsissimi erano i veicoli di passaggio, c’era più deserto di ferragosto; dal 4 maggio stanno aumentando sempre di più, certe sequenze di auto quasi mi infastidiscono… naturalmente ora resto sul marciapiede e se attraverso guardo bene. Il traffico riporta il rumore, che pace c’è stata negli ultimi due mesi! E tanta gente ora gira a piedi, incontra conoscenti, si ferma a parlare, a debita distanza, con l’entusiasmo di chi non si è visto da tempo e, vuoi per la distanza vuoi per la mascherina, pare che tutti alzino la voce più del solito, insomma spesso c’è un bel vociare per strada! Vociano anche i bambini e i ragazzi spesso in giro, ancora senza scuola. E quando un bambino col parente accompagnatore entra nella cartoleria-edicola, fuori la fila in attesa si allunga a dismisura: i bambini comprano sempre un nuovo giocattolo o giornalino e si sa che è una scelta difficile… Ormai dopo due mesi hanno esaurito le risorse di intrattenimento in casa e bisogna rinnovare! A parte queste situazioni, sono calate le file chilometriche davanti ai supermercati, se si ha un colpo di fortuna si riesce anche ad entrare direttamente. Fra chi è tornato a lavorare e chi andava a fare la spesa giusto per avere una scusa di uscita, ora si sta normalizzando, così anch’io sono già tornata al supermercato, coi guanti di plastica che si appiccicano ai bigliettini del prezzo da incollare sui sacchetti e gli slalom tra le corsie per mantenere la giusta distanza da ogni altra persona, non so quale delle due cose sia più complicata. Alle prime uscite provavo un certo disagio, pareva che mi mancasse l’aria anche se ne avevo di più, e più ventilata, che a stare dentro casa, sembra che sia una situazione abbastanza comune: la casa come guscio protettivo, la fatica a distaccarsi, dato che in fondo non è che il pericolo sia superato, ma del rischio c’è sempre. Mi facevo quasi rabbia: -Guarda, ho tanto sospirato la libertà e ora ne ho paura.- Cercavo di rimandare lo sforzo di affrontare di nuovo lo spazio esterno, mi sono lanciata per la necessità urgente di andare in farmacia a prendere le medicine per mio marito, che ora è steso a causa di coliche renali: proprio in questi ultimi giorni, quando si poteva già pensare al futuro prossimo… Speriamo in bene. Se esco di fretta dimentico la mascherina, arrivata all’angolo naturalmente torno indietro a prenderla: senza quella andrei poco lontano. Siamo buffi tutti così seminascosti, con gli occhi ognuno misura lo spazio per cercare di non avvicinarsi troppo: qui in periferia non è un problema, ma in strade e in luoghi più centrali e affollati? Forse NON tanto affollati, visto che i turisti non esistono più e questo per l'economia di Firenze è un disastro. Credo che sarebbe il momento buono per prendere coraggio, affrontare tempi e spazi del bus e fare un po’ la vita da turisti, per le strade famose e nei musei quando riapriranno. Mi sento divisa tra l’impazienza di organizzare questo nuovo tipo di vita convivente con la pandemia e il timore che le “aperture” siano state troppo precoci, che vengano gestite male, che ci sia il rischio di dover tornare tragicamente indietro. Però voglio essere ottimista, voglio dire “andrà bene”, senza aggiungere “tutto” perché qualche intoppo sarà inevitabile; allora ho deciso che questo sarà l’ultimo raccontino della serie “AL TEMPO DEL VIRUS”.