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REGISTA


NOSTALGIA 
Sivio Orlando in "La vita davanti a sé"Ultimamente sono andata due volte a teatro, stavolta come spettatrice. I due spettacoli avevano qualcosa in comune, entrambi erano tratti da romanzi contemporanei che in passato avevo letto, dunque ne conoscevo l’argomento e la storia. Ho visto “Accabadora”, un monologo in cui l’attrice pian piano conduce gli spettatori a scoprire il crudele mestiere della donna che lei ama e chiama “zia”, che l’ha presa con sé da piccola togliendola a una famiglia povera e a una madre poco accudente; la scenografia è molto evocativa, giocando sulle luci colorate e i cambi d’abito che diventano sempre più cupi. Un lavoro notevole. Ancora di più mi ha emozionato Silvio Orlando in “La vita davanti a sé”. Il libro l’avevo amato tantissimo e nello spettacolo ho ritrovato le identiche sensazioni della lettura, alla fine mi sono ritrovata commossa ad asciugarmi le lacrime, uguale a quando finii la lettura del romanzo. Anche questo è un monologo: l’attore interpreta tutti i personaggi, ci sono intermezzi di musica etnica, le vicende del piccolo Momo sono quanto mai attuali, tra le problematiche della diversità e dell’accoglienza, smuovono compassione e coinvolgimento, suscitano riflessioni… per chi lo vuole. Al di là della bellezza delle due serate, mi sono sorpresa a pensare quanto sia affascinante costruire uno spettacolo teatrale da un romanzo o un racconto. L’ho fatto tante volte quando insegnavo, spesso nelle classi gli spettacoli in cui ero regista nascevano così, lavorando su un testo per decidere le parti da mettere in scena, scegliere le battute, poi organizzare la scenografia, sempre con mezzi tecnici scarsissimi. Eppure venivano rappresentazioni suggestive, era importante riuscire a trasmettere il nostro messaggio al pubblico di compagni, di familiari, di amici. E ho provato nostalgia di quei tempi, di quei lavori, delle fatiche e delle soddisfazioni. I messaggi che si possono diffondere attraverso il teatro sono forti, spesso quando incontro qualche antico scolaro mi rievoca le parti che aveva recitato, gli aneddoti del palco e dei “fuori scena” che abbiamo vissuto insieme. Mettermi a organizzare ora gruppi teatrali di ragazzi o bambini nelle scuole, nelle associazioni? So che ce n’è richiesta e ce ne sarebbe anche tanto bisogno, con i problemi di autocontrollo e socializzazione che hanno i giovani, ma… so che non avrei più le forze fisiche per portare avanti un impegno simile, che implica una fatica fisica non indifferente. Strana coincidenza, in quelle ore di preparazione e attesa prima di andare in scena venerdì scorso, chiacchierando col regista, mi ha chiesto: - Perchè non scrivi testi teatrali? - Gli ho raccontato che nello spettacolo sulle trecciaiole una scena l’avevo completamente scritta io e che quando insegnavo scrivevo molte sceneggiature, praticamente una ogni anno, più o meno ricca e impegnativa: era una delle attività che preferivo e che considero importantissima per lo sviluppo completo dei ragazzi. Chissà se nel mio futuro ci sarà ancora qualcosa del genere… o se ci sarà soltanto nostalgia?