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LEI

Post n°1029 pubblicato il 02 Novembre 2013 da atapo
 
Tag: memoria

 

AVERE UNA FIGLIA



Le brevi conversazioni che ho avuto con mia figlia dopo la “scoperta” della bimba in arrivo mi hanno poi lasciato nella mente qualcosa... tra la riflessione e i ricordi, uno stato d'animo coltivato anche dai commenti che ci sono stati al mio post precedente.

Avere una figlia... come è stato per me?

A quei tempi durante la gravidanza l'ecografia non si faceva (cioè, erano rarissime e solo se c'erano gravi problemi di salute), io però ero sicura che sarebbe stata una femmina, mi stupivo di questa certezza che tenevo nel cuore e frenavo a volte la mia voglia di comperare qualche vestitino da bambina, così non mi stupii affatto quando nacque... proprio lei, mi dispiacque solo che in quei primi momenti fosse...tanto più brutta di come era stato suo fratello! Ma recuperò in fretta, restando però scura di occhi e di capelli, come suo fratello era biondo e chiaro, quasi nordico.

Non avevo più le paure e le ansie dell'allevamento del primogenito e questo accade a tutte le mamme. Lei però presto fu diversa: come il fratello era indipendente, così lei era appiccicosa ed io a questo non ero abituata e mi sentivo un po' soffocare. Forse per carattere era così, o forse perché nei suoi primi anni la figura paterna le fu pochissimo presente: abitavamo a Bologna, mio marito lavorava già a Firenze, partiva prestissimo la mattina e tornava a tarda sera per un bacio ai bimbi che subito dopo andavano a dormire. Le conseguenze di questo strano rapporto purtroppo si sono trascinate per moltissimi anni...

Il periodo più bello fra noi due fu circa dai tre ai dieci anni: stavamo molto insieme, facevamo tante cose, seguiva volentieri le mie proposte, amava scrivere, disegnare, inventare storie, pasticciare in cucina... con me al suo fianco, avrebbe voluto anche essere mia scolara (avevo alunni proprio della sua età), allora non la iscrissi nella mia scuola per non favorire questa simbiosi, però tra i suoi amici c'erano alcuni dei miei alunni (una è rimasta l'amica del cuore). Adorava addirittura i miei abiti e mi diceva, molto tranquillamente: “Mamma, quando muori li dai a me i tuoi vestiti?”

In quinta elementare la sua adolescenza cominciò contestando terribilmente la sua anziana maestra di italiano che fino a pochi mesi prima era il suo idolo, poi la ribellione dilagò e anno dopo anno “infierì” sempre più pesantemente sui professori, su di me, su suo padre... solo col fratello andava ancora d'accordo, pur restando gelosa di quella primogenitura che le era stata negata.

Anni terribili, venivano al pettine con perfidia tutti i nodi irrisolti e pareva che le facessimo solo del male. I periodi si susseguivano: il mutismo, gli abiti stracciati, le amicizie strane, gli orari impossibili, i disordini nell'alimentazione, il cattivo comportamento a scuola, il rifiuto del proseguire gli studi,... per fortuna trovò una scuola superiore che la attirò, altrimenti aveva minacciato di fare la parrucchiera. Noi genitori ne siamo stati angosciati per anni, mio marito mi accusava che era colpa mia, che non pensavo alla famiglia, a volte diceva che ero troppo “morbida”, a volte che non avevo fiducia in lei. Io ne venivo distrutta, avevo la sensazione di perderla, di non saper che fare, sembrava mi odiasse... non riuscivamo a trovare un linguaggio che ci avvicinasse almeno un poco. L'adolescenza di suo fratello non era per noi così tremenda.

Il caos totale ci fu quando a 18 anni nel giro di pochi mesi fu prima ricoverata per un malore dovuto ad una sbornia fra amici, poi insieme ad un amico ebbe un grosso incidente d'auto (...quelli del sabato sera...), per lei fortunatamente con conseguenze limitate. Allora sia lei che noi genitori, in sedi separate, dietro suggerimento dei medici, iniziammo un percorso di aiuto con gli psicologi e altre coppie nelle nostre condizioni e anche peggiori: finalmente cominciammo a capirci qualcosa, a scoprire che le “colpe” ce le avevamo un po' tutti...

Lei si è tranquillizzata quando ha cominciato a lavorare e quando io ho imparato a vederla come... un'altra donna, piuttosto che come una figlia. Ha sempre un carattere un po' irruento, però ora mi pare che i rapporti tra noi siano buoni, anche se ci sono cose che non possiamo soffrire l'una dell'altra, ma credo sia naturale tra esseri umani. Lei continua a cercarmi, mi racconta, mi chiede... e mi contesta, come ha sempre fatto. Io cerco di ascoltarla, di non essere invadente nella sua famiglia, di essere disponibile quando ha bisogno perché mi piace stare insieme a lei e ai bimbi, ma senza esagerare... sono la nonna, sono di un'altra generazione, i figli sono suoi ed ora insieme a lei sono felice e ansiosa di affrontare questa nuova avventura al femminile...

 
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