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LANZAROTE 3

Post n°1074 pubblicato il 01 Febbraio 2014 da atapo
 

 

LE CASE BIANCHE

Ogni mattina alle 7,45 il sole sorge a Lanzarote. E nella nostra stanza rivolta ad est, con vista mare e alba, io spesso mi divertivo a fotografare le albe... così diverse una dall'altra...

Impossibile però trarre auspici sul tempo della giornata: i capricci del vento, le pazzie ancora più forti di questo strano inverno... spesso dopo un'alba luminosa

 


 

c'erano umide e ventose sorprese, mentre non era scontato che dopo un'alba nuvolosa ...

 


 

non si liberasse rapidamente il cielo per una giornata piacevole e calda.

Ma questo non ci impediva di partire per lunghi giri di esplorazione attraverso l'isola, con l'auto rifornita di asciugamani, costumi da bagno e creme solari, insieme a ombrelli, sciarpe e giacche a vento. E tutto, prima o poi, ci è servito!

 


 

Una caratteristica che forse avrete notato già nelle foto che ho pubblicato sono le case: della loro non-altezza ho già parlato, è una scelta ecologica. Ora aggiungo che, di colore, sono quasi tutte bianche. E anche le forme sono caratteristiche: è come se fossero tutte nate partendo dal modulo CUBO, poi moltiplicato, rimpicciolito, messo di traverso, tagliato... Ci sono zone in cui le porte, gli infissi, le terrazze, sono tutti marroni, altri in cui sono tutti blu o tutti verdi. In alcune case le parti bianche si alternano a parti o rifiniture di pietra lavica nera. Nell'insieme sono sempre molto gradevoli da vedere. Il bianco e il nero giocano anche nelle chiese, negli edifici pubblici, nei giardini pubblici sempre molto curati, con fontane, palme e piante tropicali, macchie colorate di fiori.

 


 

Girare per le cittadine è un piacere per gli occhi, è un contrasto con l'aridità di gran parte del territorio. In alcune zone del centro però la roccia vulcanica è ricoperta di cespugli e la valle della città di Haria è piena di palme. Tutte le cittadine sono molto tranquille, ci è stato detto che non ci sono problemi di ordine pubblico e di delinquenza.

 

Era veramente piacevole, dopo chilometri e chilometri su e giù tra i vulcani, arrivare in una di queste cittadine, parcheggiare senza problemi e fare una bella passeggiata per le vie, esplorarne i negozietti, ammirare la chiesa o i palazzi più importanti, arrivare nell'immancabile punto panoramico verso paesaggi incredibili, dalle onde di coni vulcanici a strapiombi di vallate, allo scintillio delle onde oceaniche... Ogni paese con la sua caratteristica: il presepio che aveva ricostruito tutti i punti tipici dell'isola,

il museo del timple (mandolini) e delle maschere locali,

 

 

 

un museo antropologico che dice tutto sulla vita nell'isola nei tempi passati,

 


 

il castello che ospita il museo della pirateria dove impari quanto le isole Canarie siano state rifugio e preda di pirati e corsari non solo Europei, ma anche Algerini, con storie terribili di stragi e devastazioni...

 


 

Una sola volta alla settimana, in una sola cittadina, c'è confusione: il mercato della domenica a Teguise, che era stata l'antica capitale prima di Arrecife. Seguendo i consigli della mia guida, ci eravamo stati in un giorno qualsiasi, godendoci tra rari turisti la sua calma quasi sonnolenta, gli edifici e i giardini. Poi ci siamo tornati di domenica, quando tutta, dico tutta, la città era riempita di bancarelle con ogni tipo di mercanzia e i pullman dei turisti arrivavano da tutta l'isola: è il mercato più importante! Lì abbiamo pranzato con cibi di strada tipici, il più tipico senz'altro è il menù a base di cactus: spiedino, frittata e muffins. Buono tutto!

 



 

E io a scattare foto su foto... non avrei voluto dimenticare nulla...

Invece qualcosa ho dimenticato, l'ho scoperto ora riguardando e mettendo a posto: a Lanzarote si raccoglie e si lavora una pietra vulcanica semipreziosa: l'olivina.

pezzetti di olivina grezza venduti per strada

Spesso unita alla lava, viene usata per fare gioielli: i più raffinati si trovano nelle gioiellerie, ma collane, braccialetti, orecchini con l'olivina sono venduti dappertutto nei mercati e nei negozi per turisti. Ebbene, non ho nemmeno una foto di tutto questo! Forse perché mi incantavo a guardare i gioielli...

A volte in certi buchi di negozietti abbiamo trovato cose pregevoli e originali... ed io ho comperato proprio lì, a prezzo irrisorio, qualcosa di unico che non ho visto da nessun'altra parte...

 

collana di olivina e quarzo rosa

 

anello d'argento con olivina

La venditrice, nel darmi l'anello, ha detto che avevo fatto un'ottima scelta perché la pietra è tagliata molto bene ed ha un alto grado di purezza, senza intrusioni...

Spesso coi i negozianti, oppure con gli osti, facevamo qualche chiacchiera, in un miscuglio di spagnolo, inglese, italiano; ricordo persone gentilissime, simpatiche, che spiegavano del loro lavoro, ci davano suggerimenti e informazioni sui luoghi e... i ristoranti migliori!

Uno in particolare mi ha colpito: un ceramista di Haria, dall'aspetto fiero di un antico Guanche, che ha fatto sotto i nostri occhi un vaso secondo un'antica tecnica originale, senza tornio né colombino: eccolo nella sua bottega... Naturalmente gli abbiamo comperato due ciotole, sfidando il peso Ryanair...

 


 

Quanto ancora vorrei raccontare di questa vita tranquilla e serena, almeno all'apparenza, su questa isola!

Dirvi delle coltivazioni che crescono grazie ai sassolini di lava sparsi a ricoprire i campi, in modo da trattenere tutta la scarsa umidità...

 


 

delle vigne che producono ottimo vino e che crescono basse, ciascuna protetta dal suo muretto di sassi di lava e questi muretti sembrano decorazioni su interi versanti delle montagne...

 


 

dei gatti, numerosi ed enormi, visti in giro dappertutto, dallo sguardo selvaggio, ma disponibilissimi a farsi coccolare...

 


Ma ora finisco, regalandovi una storia, o forse una leggenda: a Teguise dicono che la casa più bella sia il palacio Ico, Ico era una principessa, laggiù su un antico documento visto in un museo ci sono stata mezz'ora a leggere la sua leggenda e a tradurla dallo spagnolo... Tornata in Italia, l'ho ritrovata in internet, già tradotta...

Regnava Re Zonzamas, sposo di Fayna e padre dei principi Timanfaya e Guanareme, quando il navigatore spagnolo Martin Ruiz de Avendaño ebbe l'avventura di gettare l'ancora di fronte alle coste dell'isola a causa di una violenta tempesta. Correva l'anno 1377. Comprese le intenzioni pacifiche, fu proclamato un periodo di festa. Infine Ruiz de Avendaño fu ospite nella dimora del Re Zonzamas, ad Acatife, per parecchi giorni, fino alla sua partenza verso altri lidi.

Nove mesi dopo..., Fayna diede alla luce una stupenda pargoletta, chiamata Ico. La piccola presentava una particolarità: la carnagione era lattea ed i capelli rossi, stranamente proprio come quelli di quello straniero ospitato pochi mesi addietro... In fondo "l'ospitalità di letto" non era certo un peccato, anzi era una regola, ed era lo stesso sposo ad offrire all'ospite il talamo nuziale! Col tempo, Ico divenne una splendida ragazza dall'incarnato sempre più chiaro e dai capelli sempre più fulvi, allevata con affetto dall'anziana Uga, fedele governante della famiglia reale. Zonzamas e Fayna, come vuole la legge della natura, passarono quindi a miglior vita ed il trono fu affidato dal Consiglio dei nobili, i Guaires, al giovane Timanfaya.

Da qui in poi la storia si complica e si intrecciano varie versioni; quella che abbiamo scelto è quella più semplice, quella per noi turisti: navi spagnole alla ricerca di schiavi sbarcarono sull'isola, uccidendo, razziando e facendo prigionieri una moltitudine di abitanti. Gli uomini capaci al lavoro furono deportati verso i mercati di schiavi e Timanfaya fu uno di questi. Con la scomparsa del Re, i Guaires si riunirono per deciderne il successore, che avrebbe dovuto essere Guanareme; però nessuno si sentì di avanzarne la nomina per via delle "incerte" origini di Ico, dalla pelle chiara e dai rossi capelli: se Ico non era figlia di Zonzamas, come tutti pensavano, non avrebbe potuto portare la corona di regina e quindi neppure Guanareme, fratello e sposo, avrebbe potuto regnare. Dopo lunghe sedute di consiglio, si deliberò la "prova del fumo": rinchiusa ermeticamente in una caverna riempita di fumo, assieme ad altre tre donne del popolo, se il suo sangue fosse stato davvero nobile, sarebbe sopravvissuta. Al contrario, sarebbe morta come sarebbero dovute morire le altre poverette. Con il pretesto di farle animo, la vecchia ed astuta Uga le portò una spugna, raccomandandosi di impregnarla d'acqua e di tenersela sul viso per tutta la durata della prova. E così fece Ico: alla riapertura della caverna, la principessa poté uscire con le proprie gambe, certamente un poco affumicata ma viva, al contrario delle tre incolpevoli compagne di sventura, asfissiate tra atroci tormenti. Da quel momento nessuno mise più in dubbio la nobiltà di Ico, e vissero tutti felici e contenti.



 
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