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Messaggi di Dicembre 2012

BILANCI

Post n°915 pubblicato il 31 Dicembre 2012 da atapo
 

 

OGGI  e  DOMANI

 

 

Da alcuni giorni il pensiero mi balza in mente ogni tanto, ma è inevitabile che accada visto il periodo...

Io tento di scacciarlo o di concentrarmi su altro, con alterni risultati...

Vorrei che queste ore scorressero in fretta come se questo passaggio “annuale” non dovesse essere rimarcato in qualche modo più o meno intelligente o spiritoso, perchè in realtà è un passaggio convenzionale, esiste solo nell'uso, nell'abitudine, nel clamore che gli si fa attorno: i giorni sono tutti gli stessi, di 24 ore, di sole che sorge poi tramonta, di luna che ora è splendidamente piena poi tornerà falce poi sparirà e così via, e abbiamo deciso noi che oggi è l'ultimo del 2012 e domani il primo del 2013 e se non ci saranno sorprese ( ed è più probabile che non ce ne siano) il giorno che è oggi non sarà poi troppo differente dal giorno che sarà domani...

Ma come tutti la convenzione di una fine, bene o male, la sento, ed ecco la tentazione di fare il bilancio, quello che non vorrei fare. Perchè questo anno che sta finendo, 2012, per me è stato parecchio difficile.

Anno bisestile, chi è superstizioso ne diffidava fin dall'inizio, io non ci credo, però se dovessi definirlo con aggettivi lo direi senz'altro CATTIVO, con la perfidia di chi ti si presenta bene poi ti ferisce senza pietà. Come era diverso il mio stato d'animo alla fine del 2011! Ero serena, ottimista, oserei dire felice...

E il 2012 mi aveva conservato quel clima per alcuni mesi, poi si è quasi divertito perfidamente a togliermi... a complicarmi...a regalarmi sorprese sgradevoli...e in modo incalzante, con accanimento...

Ora mi sento...come mi sento l'ho già detto ultimamente, non voglio infierire.

Dire che vorrei dimenticare o cancellare questo 2012 non ha senso, perchè mi ostino a credere che tutto abbia un significato nella vita e il bello che c'era all'inizio è stato importante. Chiudo stasera l'ultima pagina di questo libro così strano e misterioso che mi lascia un gusto amaro e del vuoto nel cuore.

Domani sarà un altro giorno...sarà anche un altro anno, in cui continuerò a stringere i denti per vivere fino in fondo nel mio posto e nel mio ruolo, a cercare la serenità di qualche momento positivo, a sperare che prima o poi arrivi anche qualcosa di meraviglioso...come sempre succede nell'altalena del tempo.

E a tutti coloro che passano di qua lascio l'augurio che il nuovo anno sia meglio del precedente...con le parole di un grande poeta...


 

 

 
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IN GITA

Post n°914 pubblicato il 29 Dicembre 2012 da atapo
 

VIA  DALLA  FOLLA

 

Una bella giornata di sole,

una coppia di amici in visita,

ma il centro di Firenze in questo periodo è pieno di turisti

allora andiamo per le colline intorno...

tra le ville dei Medici...

 

tra gli uliveti del Montalbano...

 

per godere dei panorami...

verso Firenze

 

verso i monti pistoiesi.

Nella piccola chiesa di Carmignano

 

questo capolavoro:

Iacopo da Pontormo, La visitazione

 

 Infine a Calenzano,

all'esposizione di presepi da tutto il mondo, antichi e moderni.

 

 

E il pensiero va tra la Toscana e la Provenza!

 

 
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PROVENZA

Post n°913 pubblicato il 27 Dicembre 2012 da atapo
 

 

LES SANTONS

 


 

Nel dicembre del 1996 non era un buon periodo per me, un po' come adesso. Allora si trattava, fra l'altro, di miei problemi di salute: un intervento chirurgico due mesi prima, improvviso e improrogabile. Mi ero ristabilita fisicamente, ma psicologicamente no, ero entrata in un club del quale non si vorrebbe far parte e che fa vedere la vita e il resto in modo diverso da prima...

In queste situazioni un viaggio è quello che ci vuole per mettere come un muro tra il prima e il dopo, poi ricominciare. Avevo chiesto a mio marito di tornare in Francia. Da alcuni anni ci andavamo d'estate, mai d'inverno. Per convincerlo gli avevo ricordato che in Provenza c'è la tradizione natalizia dei santons (le figurine di grandi presepi, tipo quelli napoletani), di cui avevamo sentito parlare in estate, chissà che belle manifestazioni, esposizioni ecc...e per lui così amante delle cose religiose...e per lui che amava fotografare...

 


 

L'idea lo attirava, così per telefono fissammo ad Avignone un hotel nelle catene economiche dove andavamo d'estate e partimmo in auto (ancora non avevamo il camper) la mattina del 26 dicembre. Un bellissimo sole ci accompagnò per tutto il viaggio di andata, non sembrava neppure dicembre, arrivammo in tempo per cenare nel centro di Avignone, molto suggestivo con le luci natalizie, dopo il passaggio all'ufficio del turismo a chiedere informazioni sui presepi e sulle manifestazioni della Provenza relative ai santons. Il mattino dopo partimmo alla volta di un piccolo paese (non ricordo il nome) in mezzo ai monti provenzali, già il paese sembrava un luogo da presepe e in più aveva esposizioni di santons in tutte le case e i luoghi pubblici, oltre ad un panorama strepitoso molto godibile con quell'aria tersa della freddissima giornata invernale. Pranzammo a Vaison La Romaine, dove ammirammo il ponte romano e le “buches de Noel” nella pasticceria che faceva anche da brasserie, poi rientrammo ad Avignone, per finire di visitare le esposizioni cittadine.

Lì, una sorpresa: conobbi il mistral, il vento di cui avevo tanto sentito parlare! E che conoscenza! Era terribile, portava via, si infilava nelle strade ululando e pareva di non avere addosso niente che potesse riparare dal freddo penetrante... Un'esperienza che non dimenticherò più! Una vera serata da brivido... Tornammo all'albergo esausti.


santon che raffigura "le coup de Mistral"

Il mattino dopo, prima di partire da Avignone, andammo nel suo più grande centro commerciale (allora qui in Italia non esistevano ancora) per acquistare qualche prodotto tipico. Il cielo aveva uno strano colore opalescente, un po' inquietante a dire il vero... Una vecchietta che spingeva il carrello accanto a noi ci disse tutta agitata: “Bisogna sbrigarsi a fare la spesa, perchè nevicherà!” Cosa vuoi che sia un po' di neve, pensavamo noi due che abbiamo passato gli inverni infantili tra le nevi del nord Italia. Così dopo le compere partimmo per Arles, dove c'è uno dei maggiori salon (esposizioni) di santons.

 


 

Arles era gelida, ventosa (per fortuna meno di Avignone), con nuvoloni cupi che si addensavano e il cielo completamente buio già nel primo pomeriggio. Cominciava a nevischiare. Noi ora avremmo voluto arrivare al mare, in Camargue, a vedere l'aspetto invernale di quei luoghi dove andavamo in vacanza d'estate, ma la nebbia che si alzò ci fece cambiare itinerario: anziché a sud, saremmo andati ad est, fino ad Aix en Provence.

E qui fu l'odissea: c'è l'autostrada, ma l'avevamo appena imboccata che si scatenò una tormenta di neve incredibile, il tergicristallo andava al massimo, ma non riusciva a ripulire il vetro, eravamo incolonnati tra auto e camion e si avanzava a passo d'uomo, tra una sosta e l'altra...Quel territorio si chiama la Crau, è una zona particolare, quasi una steppa desertica, figuratevi in quella situazione: pareva di essere in un mondo nero e misterioso di ombre grigie e turbinii bianchi di neve... Ho ancora davanti agli occhi il paesaggio cupo e pauroso che vedevo dall'auto. Non arrivammo mai a Aix, ritenemmo più prudente fermarci a metà strada nella cittadina di Salon, dove arrivammo tardissimo, stravolti dal freddo e dalla stanchezza. Salon è la patria di Nostradamus, mi pareva non proprio di buon auspicio... Invece il mattino dopo era di nuovo limpidissimo, soleggiato, tutto pieno di neve e di grossi ghiaccioli che pendevano dai tetti e abbellivano le famose fontane provenzali. Uno spettacolo incantevole, ma dopo l'esplorazione della cittadina ne avevamo abbastanza di freddo. Così decidemmo di valicare i monti costieri e arrivare a Marsiglia, dove la bufera non era arrivata e il sole era tiepido: sembrava un altro mondo! Passammo lì il pomeriggio a vedere i santons e la mattina dopo salimmo alla chiesa di Notre Dame de la Garde, da cui si domina il porto e la città. Era il tempo di ritornare a casa, ci rimase la voglia di conoscere meglio Marsiglia (non ci siamo mai più tornati da allora!) e riprendemmo l'autostrada costiera verso l'Italia: c'era ancora tanto sole e si viaggiava bene, non sembrava nemmeno che pochi Km più a nord ci fosse stata quella bufera.

Eravamo molto rilassati... Quasi al confine con l'Italia l'autoradio cominciava a captare con interruzioni i programmi italiani e i comunicati sulle strade: “Prudenza...bufera di neve... interruzioni...” ma non si capiva dove.

Lo capimmo presto, appena varcato il confine: tutta la costa ligure era investita dalla bufera che aveva colpito la Provenza interna il giorno prima...e che ci accompagnò per la seconda volta, da Ventimiglia fino a Sarzana, con la complicazione che l'autostrada ligure è stretta e a curve, non larga e rettilinea come lungo la Crau... Un viaggio d'inferno! Avevano chiuso quasi tutti gli autogrill ed io, con quel gelo, mi ritrovai ad avere un disperato bisogno di andare in bagno! Passata la Liguria tutto finito, il cielo era addirittura stellato! Perchè ormai era notte fonda...

Eravamo sopravvissuti, arrivammo a Firenze stremati...in tempo per decidere come trascorrere il capodanno, in cui avremmo brindato anche allo scampato pericolo!

Mi è tornato in mente questo viaggio avventuroso, forse perchè ultimamente ho letto storie ambientate a Marsiglia, forse perchè avrei davvero bisogno ora di un viaggio di rottura (e non solo io). L'avevo proposto a mio marito qualche settimana fa, ma stavolta mi ha risposto col solito brontolio...è talmente stanco anche lui che non ha avuto voglia di imbarcarsi in un viaggio così...fai da te...

 
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CI SIAMO

Post n°912 pubblicato il 24 Dicembre 2012 da atapo
 

 

VIGILIA



 

Ci siamo arrivati, tra il maltempo, i ritardi, le organizzazioni e le disorganizzazioni.

Domani sarà Natale.

Dopo uno strano periodo, uno strano Natale: difficile, duro, in cui mi devo impegnare per far funzionare il tutto mentre … “non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade...lasciatemi qui...” diceva Ungaretti e se mi viene in mente in questi giorni questa poesia è perchè un poco la sento mia, lo stato d'animo è spesso quello.

Ma so che la cura migliore è rivolgermi verso gli altri, ascoltare chi mi sta vicino, cercare di trovarne il lato migliore, notare e ricordarmi assolutamente le cose positive che mi stanno attorno, impegnarmi attimo dopo attimo perchè mi resti in mente solo ciò che ho e non mi soffermi troppo su ciò che manca.

Non so se basterà, ma ho la testa dura e continuo a provarci per trovare equilibri nuovi.

C'è una fiaba di Andersen: La regina delle nevi che aveva il cuore di ghiaccio e se un pezzetto del suo ghiaccio entrava nel cuore di qualcuno lo rendeva duro, intristito, scontroso. A volte mi pare di avere anch'io nel cuore un pezzo di ghiaccio, che taglia, che gela, che mi rende insensibile come anestetizzata, mi sento cupa e insoddisfatta e ne soffro, mi sento una triste principessa di ghiaccio che fatica a sciogliersi, anche se esteriormente tutto pare immutato.

Sarà la stagione, forse occorre aspettare la primavera, o forse aspettare che passi del tempo, o che si risolvano certe situazioni...

Intanto ho preparato biscotti e impacchettato giocattoli e regali per il quasi-cenone della vigilia: figli, nipotini, quest'anno c'è anche il cognato rappresentante insieme a noi, conseguenza di ultimi terremoti familiari...


Vi offro uno dei miei biscotti...

 

I miei tre Bimbi-Natale sono tutti molto attivi e spericolati e faranno allegria e confusione, piccoli folletti portatori di gioia...

Per questo Natale vi regalo la canzone che hanno cantato i bambini più grandi alla festa della mia scuola: verso gli altri, è importante non chiudersi in noi stessi...

BUON NATALE A TUTTI!



 

 

 
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QUI EST-CE ?

Post n°911 pubblicato il 22 Dicembre 2012 da atapo
 

 

C' EST PAPA NOEL



 

Ultima lezione prima delle vacanze nel corso di francese ai miei Piccoli Principi.

Appena entrano in aula, notano su un tavolo un misterioso sacco sormontato dal cappello di Babbo Natale.

Qu'est- ce que c'est?” chiedono i più esperti.

E' Babbo Natale?” chiedono i pivelli.

Papa Noel arrivera plus tard, si vous etes gentils” spiego io e capiscono tutti.

Si mettono les chaussettes, facciamo subito un gioco teatrale di movimento, poi a sedere nei banchi leggiamo un piccolo testo che ho scritto dalle loro drammatizzazioni della lezione passata...

A un tratto uno di loro un po' nascostamente bussa sul banco e subito dopo dice: “Qui est-ce?”

Subito un altro sta al gioco e risponde: “C'est Papa Noel !”

Sto al gioco anch'io, vado ad aprire la porta, guardo fuori e dico: “Il n'y a personne!”

Riprendiamo il lavoro, ma dopo poco altri colpi da un altro banco e...la storiella si ripete, poi ancora qualche altra volta e ad ogni interruzione l'allegria cresce in loro, mentre io penso a come hanno sfruttato in modo creativo uno dei giochi ( e delle strutture linguistiche) delle lezioni scorse... e ne sono contenta, le mie proposte sono state fruttuose.

Presto arriva anche l'atteso personaggio perchè finita la lettura ognuno di loro, a turno, mette in testa il cappello e diventa Babbo Natale che, nella fantasia delle nostre piccole improvvisazioni, incontra un animale, in cui si è trasformato un compagno...

E che fa Papa Noel? A volte lo prende con sè, a volte gli offre del cibo, a volte scappa se l'animale è feroce, a volte... la fantasia dei piccoli si sbizzarrisce e tutti ci divertiamo: ogni incontro è una piccola sorpresa teatrale.

Un'ora passa veloce, è il momento di salutarci e di scambiarci gli auguri. Il cappello ora lo indosso io ed apro il misterioso sacco: c'è un pacchetto per ognuno di loro, con qualche cioccolatino e qualche adesivo...

BUON NATALE, anzi JOYEUX NOEL

dalla maestra di francese!

 
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LORO DUE

Post n°910 pubblicato il 18 Dicembre 2012 da atapo
 

 

QUASI INVERNO



Nella stanza arrivano leggeri i rintocchi delle campane nella chiesa alcuni isolati più in là: è mezzogiorno.

Come sempre Mariarosa sospende ciò che sta facendo, oggi legge una rivista seduta nella poltroncina accanto alla finestra. E' una donna precisa, abitudinaria, ripone la rivista in ordine, si alza e come tutti i giorni a quest'ora, avvisata dalle campane, va in cucina. Passando sfiora suo marito seduto al tavolo a leggere i notiziari sul computer. Lui sa già cosa accadrà fra pochi minuti, sente dalla cucina gli sportelli che si aprono ed ecco...

“Alberto! Vieni un attimo per favore!”

Tutti i giorni così. “Eccomi.”

Oggi c'è da prendere il pacco di pasta in alto, lei non arriva, se salisse sul panchetto forse inciamperebbe, ha le gambe un po' irrigidite dall'artrosi. Un altro giorno c'è da piegarsi a cercare qualche barattolo in fondo, negli sportelli bassi...oppure da scegliere il tegame giusto spostando gli altri e dopo a lei verrebbe mal di schiena. Lei cucina, semplicemente, ma con la cura che mette in tutte le cose della sua vita e lui...lui a stento saprebbe cuocere un uovo nel tegamino, ma lei trova sempre un motivo per averlo accanto e chissà che a forza di farle da assistente se si trovasse da solo ormai un poco se la caverebbe anche dietro ai fornelli! Ma non le ha mai chiesto di sostituirla, in fondo lui è pigro, a lei piace darsi da fare, quindi va bene così.

Alberto si siede in cucina ad aspettare altre richieste di aiuto, mentre Mariarosa continua i preparativi del pranzo, ora sta sulla salsa di pomodoro. A volte chiacchierano in quei momenti, oggi invece sono silenziosi, forse è l'atmosfera di questa giornata ormai invernale, molto grigia, molto cupa, con l'aria piena di umidità che promette pioggia o anche nevischio: è mezzogiorno e nella cucina ci si vede male, bisogna accendere la luce. E' il rito di tutti i giorni normali, di ogni pasto, ad orari precisi che non ammettono ritardi. E' un rito che dura ormai da tanti anni, cambiano i particolari a seconda delle stagioni, ma non la sostanza: loro due a preparare i pasti, insieme come in quasi tutti gli altri momenti della loro lunga vita in comune. Alberto guarda Mariarosa che gli volta le spalle intenta al suo lavoro e pensa a tutto questo, a tutto ciò che hanno vissuto insieme. E dire che si incontrarono tardi, non erano più ragazzini: lui fino ad allora era stato solo, amava viaggiare, conoscere gente, si appassionava al suo lavoro, non trovava nessuna che gli facesse battere il cuore come sognava che dovesse accadere per essere davvero felice, era uno spirito sognatore e fantasioso. Per caso aveva conosciuto Mariarosa: uno di quegli incontri senza storia che potrebbero passare con indifferenza in una vita se la casualità, come a volte accade, non avesse manovrato in una certa direzione... Così Alberto si era ritrovato ad incontrarla di nuovo, poi ancora, pian piano aveva conosciuto e apprezzato in lei delle caratteristiche così diverse dalle sue, a lei era accaduto lo stesso e avevano provato il desiderio di costruire qualcosa insieme. Non era stato un colpo di fulmine, nemmeno un'attrazione fatale o una grande passione, ma qualcosa di tranquillo cresciuto a poco a poco, due persone molto diverse che una strana alchimia faceva stare bene insieme. Non erano più molto giovani quando si erano sposati, non avevano avuto figli, ma familiari anziani da accudire, lavori di responsabilità da portare avanti e gli anni erano volati uno dopo l'altro.

Tanti anni, ora entrambi hanno i capelli bianchi, qualche acciacco per fortuna non grave e la tranquillità dei pensionati che li fa condurre una vita di piccole abitudini, giornate simili l'una all'altra al limite della monotonia ravvivate da qualche incontro con coppie di amici o con i nipoti e bisnipoti che non fanno rimpiangere la mancanza di figli propri.

Ci amiamo? Sta pensando Alberto. Perchè Mariarosa a volte dice: “Non saprei vivere senza di te”, lui...ultimamente si pone domande silenziose: è amore questa condivisione totale di ogni minuto della giornata, queste nostre lunghe chiacchierate tranquille, questo discutere per accordarci su ogni scelta, ogni decisione, ogni cosa da fare, queste premure l'uno per la salute dell'altro? O non è diventata solo una consuetudine per lui, un senso del dovere e del tenere fede a quell'impegno matrimoniale preso molti anni prima per il quale aveva cambiato così radicalmente la sua vita precedente? E' così che l'amore diventa quando si invecchia?

Ultimamente lui si sente come oppresso, vorrebbe avere dei tempi suoi in cui stare da solo, gli tornano in mente spesso le esperienze e gli entusiasmi dei suoi anni giovanili, ciò che finora non gli era mai pesato a volte gli provoca una fitta nel cuore, sente dentro un angolo vuoto che sa benissimo di non poter mai più colmare, il legame con Mariarosa di tanto in tanto gli pare diventato una catena soffocante. Ma ormai...come ha sempre cercato di fare nella sua vita si impegna al massimo per essere come tutti, e soprattutto lei, vogliono che sia, ormai ha un posto assegnato da cui non si allontana. Forse quell'angolo vuoto che sente dentro al cuore potrebbe riempirlo di sogni, o forse è meglio di no, rischierebbe di rendere la realtà più difficile.

Lui e Mariarosa hanno appena passato un altro anniversario di matrimonio, un numero abbastanza alto, anche se si sono sposati tardi ed ora hanno un'età ragguardevole: tutto continua, tutto è tranquillo, hanno festeggiato con un bel pranzo al ristorante, come gli anni passati e gli anni a venire per quanti ce ne saranno...

In fondo va bene così, ogni altro tempo e ogni altra scelta sono fuori discussione.

Nonostante i fornelli accesi in cucina Alberto ha un piccolo brivido di freddo. Fra poco sarà Natale. Dopo pranzo nel pomeriggio pensa che scenderà in cantina a prendere gli scatoloni con le decorazioni natalizie: a Mariarosa farà piacere, sarà contenta di non aver nemmeno avuto bisogno di ricordarglielo perchè lui anticiperà il suo aiuto in quello che per lei è un impegno importante: addobbare la casa per tempo, per fare tutto al meglio, come sempre.

 
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UNA SCUOLA PER SOGNARE

Post n°909 pubblicato il 17 Dicembre 2012 da atapo
 

 

PICCOLO SOGNO

 


 

L'avevo rivelato al mio regista, all'inizio dell'estate: lui, come già altre volte, mi aveva incitato anche se temeva che li lasciassi... Insomma, avrei voluto iscrivermi ad una VERA scuola di recitazione, di quelle collegate ai teatri cittadini: ce ne sono nella mia città, ma tutte distanti da casa mia, tutte in orario serale ed io non ho la patente...

Nella primavera scorsa infine ne avevo scoperta una a cinque minuti di autobus da me, in orario serale, le lezioni terminavano poco prima di mezzanotte...e mi era venuta un'idea: farmi venire a prendere da mio marito. Tanto lui non ha problemi a coricarsi tardissimo, con tutte le sue insonnie, e se in quelle sere avesse avuto impegni in parrocchia...sarebbero senz'altro finiti prima della mia uscita dal teatro!

Gli avevo chiesto se era disposto a prendersi l'impegno, era d'accordo. Poi c'è stata la lunga estate “nera” con mia suocera, poi al momento di decidere c'è stato il suo aggravamento, il non sapere quanto sarebbe durata la malattia, i viaggi improvvisi di mio marito a Bologna... avevo pensato di rinunciare o di rimandare ad un anno più tranquillo.

Mia suocera è morta giusto appena prima che scadessero i termini per assistere all'ultima lezione di prova e per fare l'iscrizione... così sono andata a questa lezione aperta, mi sono detta : “In fondo, perchè no? Tanto si rinnova l'iscrizione mese per mese, se vedo che non è il caso...”

E via!

Tutti i lunedì sera, dalle 20,30 alle 23,30 entro in un vero teatro cittadino, dove lavora una vera compagnia con un vero cartellone e...lavoro anch'io. E che lavoro! Tre ore molto impegnative: subito almeno un'ora di attività fisica, poi le improvvisazioni, i giochi teatrali di gruppo, la lettura scenica, le spiegazioni del nostro maestro che è un attore sulla quarantina, molto simpatico, ironico e pieno di energia, che ci stimola tanto, ci loda tanto, ma...non ce ne lascia passare una e critica (naturalmente in senso costruttivo) ogni minimo errore nelle nostre esibizioni. Però ci spiega molte cose in modo affascinante, trasmettendoci veramente la bellezza del salire sul palcoscenico.

Io ho tanto da imparare...e mi impegno, anche se sono in un periodo difficile, non mi sento affatto in forma. Quelle tre ore mi lasciano sempre alla fine delle belle soddisfazioni, ne esco contenta. Alcune attività le ripropongo, adattate, ai bambini del mio corso, vedo che funzionano anche con loro: è una specie di aggiornamento.

C'è dell'altro che mi rende questo corso non semplice: l'età dei partecipanti (siamo in 18). Io e un signore mio coetaneo siamo i più anziani, c'è una signora che avrà una decina di anni meno di me e gli altri sono tutti molto più giovani, tra i venti e i quaranta, lavoratori quasi tutti ancora precari, o studenti universitari. C'è poco da fare: sono diversi, la gioventù e tante cose simili nelle loro vite li accomuna, io non ho vissuto come loro, alla loro età passai quasi direttamente dalla protezione (e controllo) dei genitori alla vita da sposata e madre, allora funzionava così... I loro interessi, le loro esperienze, il modo di stare insieme, la loro fisicità di baci e abbracci, tutto ciò è molto distante da me...e anche il mio coetaneo mi confidava lo stesso modo di sentire e le stesse difficoltà: forse è proprio una questione storica. A volte mi pare di intuire in loro una certa timidezza e riserbo nei miei confronti, forse mi vedono mamma e nonna più che partner teatrale... e anch'io in certi momenti mi sento un po' fuori posto. O forse è solo perchè siamo all'inizio di questa esperienza che dovrebbe durare fino a giugno.

Una delle ragazze ha creato su Facebook un gruppo in cui ha iscritto chi di noi ha il profilo, per ora siamo circa la metà dei corsisti e stiamo cercando un nome alla nostra “compagnia”, forse sarà “Gli psicorigidi”, definizione lanciata dal maestro di fronte ad un nostro momento di lavoro non troppo brillante, che ci ha fatto ridere e ci ha dato la carica per l'esercizio successivo. In questo gruppo, in diversi mi hanno chiesto l'amicizia: mi piace pensare che forse non siamo poi così lontani.

 

 
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COSTUMISTE

Post n°908 pubblicato il 14 Dicembre 2012 da atapo
 

TRUCCO  E  PARRUCCO

Ieri sono stata tutto il pomeriggio a casa della mia regista, insieme ad un'amica che sarà anche lei clown nello spettacolo.

Pomposamente ci siamo candidate come COSTUMISTE e tutte e tre, fra un caffè e qualche biscottino per sostenerci, abbiamo consultato libri d'arte, esaminato immagini in internet, lasciata briglia sciolta alla nostra fantasia e abbiamo definito nei minimi particolari i costumi, gli accessori e il trucco per tutti i personaggi di "Quello che prende gli schiaffi".

E' stato un lavoro molto divertente, non l'avrei mai immaginato!

E creativo, senz'altro!

A pensarci bene, lo definirei anche ...molto femminile!

Ora si tratta di andare alla ricerca di tutto ciò che occorre...per case, cantine, soffitte e mercatini dell'usato mooolto economici!

 

guardate questo video del grande Totò

a me è piaciuto tanto e mi ha commosso

 
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DI ME E...

Post n°907 pubblicato il 12 Dicembre 2012 da atapo
 

 

...DEI MIEI TEATRI

Continuo anche quest'anno le mie attività teatrali “adulte”. Per fortuna che ci sono: mi coinvolgono, mi impegnano la mente quindi mi stanno aiutando in questo periodo non facile...

Perchè fare teatro non è solo studiare a memoria la parte, partecipare alle prove, ma serve anche un lavoro individuale di ricerca, di ripensamento se si vuole entrare nei personaggi e rendere al meglio, così sono tante le ore in cui la mente “viaggia” intorno a tutto questo, su internet, nelle letture, e così via.

La regista con cui l'anno scorso diventai una delle donne di Plaza de Mayo ha un'idea piuttosto ambiziosa: ha ottenuto da Glauco Mauri il permesso per mettere in scena il suo spettacolo che fu dato alla Pergola l'anno scorso: “Quello che prende gli schiaffi” , ne ha fatto un adattamento e su questo stiamo lavorando. Stavolta mi ha affidato una parte minore, sarò un clown, una parte più di movimento che di discorsi, ma a me non dispiace perchè la figura del clown mi affascina, ha un che di misterioso nel nascondere i drammi della vita con la capacità di trasformarli in altro: risate, sorrisi, malinconie... La regista dopo le prime prove si era rammaricata di questa scelta, si era accorta che sarei stata giusta anche in un ruolo più importante che aveva già affidato ad un'altra, io le ho detto di lasciar perdere, non volevo suscitare malumori in chi si sarebbe vista togliere una parte che la metteva in evidenza, il clown a me sta bene e di questi tempi forse non avrei neppure le energie per qualcosa da primadonna... Sarò vestita in modo buffissimo, sarò una maschera irriconoscibile... come a volte si cerca di essere nella vita, per non far capire come si sta veramente dentro...

dalla rappresentazione "seria"  di Quello che prende gli schiaffi


Poi c'è il gruppo di teatro in francese. Non lo abbandono di certo, innanzitutto per la possibilità di praticare così questa lingua e per la simpatia e la sintonia che si è creata tra di noi: un nucleo storico di persone attorno ad un fantasioso regista...e altri che vanno e vengono in questi ormai quattro anni. Il progetto iniziale pensato ad inizio autunno era troppo difficile, quindi è stato cambiato: il nostro prossimo spettacolo sarà un testo del tutto originale, scritto dal regista ispirandosi ai nostri contributi durante le esercitazioni, sia di scenette sia di testi scritti, svolte in questo primo periodo. Le tematiche sono: la cucina e gastronomia francese insieme a storie di “noir” e “polar”(che in francese significa “giallo”).

Cosa hanno in comune l'una e l'altro? Niente, pensavamo tutti quando il regista ha lanciato l'idea. E invece...Ma l'ho detto sopra che il nostro regista ha molta fantasia!!!

Io ero perplessa e commentai subito: “Parlare di gastronomia mi appassiona, ma le storie gialle o di violenza non mi piacciono, non ne leggo quasi mai e non credo che darò contributi in questo senso.”

Così avevo ricercato e presentato al corso vita morte e miracoli di Auguste Escoffier, grande chef francese inventore del dessert “pesca melba”, di cui ho visitato la casa museo a Villeneuve Loubet vicino a Nizza, poi avevo parlato della tradizione natalizia provenzale dei “13 desserts” .

Altri, più buttati sul noir, citavano Maigret e Poirot. Troppo facile... Mi sono ricordata di aver letto qualche notizia su un autore morto da poco che pare abbia avuto molto successo ultimamente in Francia, un tale Jean Claude Izzo, con la sua trilogia sul poliziotto Montale, gialli ambientati a Marsiglia. Il mio imprinting della Francia del sud! Così ne ho cercato uno in libreria, l'ho cominciato a leggere per dovere di documentazione ... e dopo poco sono corsa a comperarne altri, gialli e non gialli... perchè ho trovato anche altri racconti dove parla della sua Marsiglia, e degli odori, dei sapori dei cibi...e ci sono i problemi attuali della convivenza fra gruppi di origini diverse, di immigrati... Insomma, ne sono rimasta affascinata e ora ogni momento libero (pochi purtroppo) mi vede aprire il libro e leggerne qualche pagina...

Tra i colleghi del corso nessuno lo conosceva e presentandolo ho destato un certo interesse.

E, udite udite, sono anche riuscita a scrivere un monologo in francese in cui racconto di un assassinio!

Ora si tratta solo di aspettare che il regista completi e ci riveli il testo che sta preparando e di sapere...di che morte dobbiamo morire, cioè, volevo dire: sapere che personaggio ci tocca! La faccenda sta diventando intrigante!


Marsiglia

 
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FRANCESE E...

Post n°906 pubblicato il 09 Dicembre 2012 da atapo
 

 

IL CALCIO O IL  FRANCESE

Stimolata da uno dei commenti, vorrei aggiungere alcune osservazioni su ciò che ho scritto nel post precedente, fare ipotesi (quasi certezze) sul perchè il gruppo dei bambini che frequentano il mio corso di teatro-francese sia così...eterogeneo dal punto di vista delle origini e delle provenienze.

Ody diceva che gli Italiani sono troppo impegnati nel calcio ed io aggiungerei che le bambine sono troppo impegnate nella danza e nei balletti: l'avevo già scoperto due anni fa andando per le classi e parlando con i bambini stessi. E questi impegni sono davvero gravosi: non un pomeriggio alla settimana per divertirsi e rilassarsi un po' dopo la scuola, ma come minimo due, piuttosto tre, inoltre bisogna mettere in conto dalla primavera in poi le gare in altre serate o nei fine settimana... Se ci si aggiunge qualche altro corso e il catechismo, so di bambini che nella settimana hanno solo un pomeriggio libero, in cui poter giocare liberamente, incontrare amici ecc... E se poi gli amici non hanno libero lo stesso giorno... son problemi, qualcuno deve rinunciare a qualcosa e si devono accordare le mamme che li accompagnano di qua e di là.

Molti bambini di famiglie straniere non hanno ancora l'abitudine a questo “pienone” di attività, spesso non hanno nemmeno grandi possibilità economiche (i corsi costano). Il mio corso è gratuito, tranne una piccola cifra di assicurazione. Io continuo a farlo come volontariato, perchè credo sia un'opportunità importante per avvicinarli ad una nuova lingua, quindi non devono versare le quote richieste dalla scuola per pagare gli insegnanti, come per altri corsi extracurricolari, tipo quelli musicali che affascinano, ma sono costosissimi.

Per i bambini di famiglie magrebine e di altri paesi francofoni venire da me è un'opportunità per praticare un po' di francese che si ritrovano quando tornano in vacanza nei paesi d'origine. I piccoli sono molto contenti di questo, qualche genitore non ha ancora ben capito che in venti lezioni di poco più di un'ora ciascuna non è possibile imparare una lingua, qualcuno non era soddisfatto, altri hanno chiesto perchè non facevo più di una lezione per settimana...Così ho parlato con gli adulti quando accompagnano i figli, cercando di far capire che io dò solo una chance in più, stimolo l'interesse attraverso i giochi e il teatro (a quell'ora e a quell'età non è possibile fare di più) ...ma sarebbe bello che loro riprendessero a casa quello che facciamo a scuola, parlando in francese oltre che in arabo, in modo da fissare più rapidamente parole e frasi... e insisterò su questo concetto finchè ce ne sarà bisogno.

E ho fatto un'altra scoperta in questi anni: le famiglie immigrate hanno già capito, al contrario di molti Italiani, quanto sia importante nel mondo attuale conoscere più lingue e sono quindi disponibili a sfruttare questa possibilità: la mamma giapponese del piccolo L. (il papà è italiano) mi ha detto tranquillamente quando si è presentata: “Mio figlio parla l'italiano, il giapponese, l'inglese... è molto interessante che possa avvicinarsi anche al francese!”

Senza contare che più lingue si conoscono...più è facile apprenderne di nuove...il nostro cervello diventa più “attrezzato” in questo senso!

 

"Immobiles...vous etes des statues!"

 
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FRANCESE PER CUCCIOLI

Post n°905 pubblicato il 04 Dicembre 2012 da atapo
 

 

PICCOLI PRINCIPI

DA TUTTO IL MONDO

 


 

Nel post precedente ho parlato dei miei Piccoli Principi, gli amici che mi seguono da tempo avranno pensato: “Allora anche quest'anno...”, così ora vi racconto le novità.

Alla fine del corso in aprile ero un po' dubbiosa, avevo raccontato degli intoppi burocratici e organizzativi che c'erano stati e che mi facevano riflettere se ne valeva la pena di continuare; c'erano anche punti interrogativi relativamente alle necessità di mia figlia ad avere il mio aiuto come baby sitter. A settembre quindi non mi decidevo a presentare il nuovo progetto e l'ho consegnato proprio all'ultimo, quando mia figlia è riuscita ad organizzarsi.

Anche quest'anno il lavoro è basato sulle attività teatrali nelle quali si inserisce la lingua francese, ma per garantire una buona prosecuzione quest'anno ho messo una clausola: avrei tenuto il corso solo se si fossero iscritti almeno otto bambini fin dall'inizio, per avere un numero sufficiente a creare gruppo e per non avere quello stillicidio di iscrizioni tardive come l'anno scorso.

O così o niente e per chiarirlo bene ai genitori ho fatto delle telefonate e sono andata all'uscita della scuola per parlare soprattutto con quelli che gli anni scorsi avevano iscritto i figli più tardi: se erano interessati che fossero solleciti e facessero anche un po' di pubblicità, altrimenti non saremmo arrivati al numero richiesto e quindi...niente corso!

Come è andata? Gli iscritti sono stati dieci, da metà novembre il corso è partito, ma... sentite sentite...ecco la composizione di questo nuovo gruppo:

una bambina italiana,

un bambino italo-giapponese,

una bambina peruviana,

un bambino di famiglia originaria dello SriLanka,

una bambina di famiglia originaria delle isole Mauritius,

cinque bambini di famiglie originarie dal Marocco.

Un Italiano e mezzo su dieci! Se non siamo multiculturali in questo gruppo... Siamo il futuro!

Ora nel primo periodo faremo giochi teatrali per conoscerci meglio (la maggior parte non c'era gli anni scorsi) e per acquisire autocontrollo e disinvoltura, i bambini sono in media abbastanza piccoli e si divertono molto a muoversi, a giocare, a fare finta di..., a indovinare cosa drammatizzano i compagni...

Intanto io li osservo e comincio a meditare quale storia mettere in scena con loro questa volta. Pensavo di rivolgermi a qualcosa che provenisse da un paese lontano di lingua francofona, viste le origini dei bambini... e pian piano si fa strada in me un'idea un po' folle, che mi sta portando a ricercare, a chiedere aiuto a qualche amico, insomma, mi avvio a complicarmi la vita anche stavolta! Però se arriveremo in fondo... basta, per ora non dico altro! Aggiungo solo che quando l'idea sarà più definita chiederò di nuovo la collaborazione per la musica all'amico di blog che già l'anno scorso è stato così gentile...ma gli spiegherò tutto con calma in privato e lui manterrà il segreto...

 
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