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Messaggi di Aprile 2020

AL TEMPO DEL VIRUS 12

Post n°1675 pubblicato il 26 Aprile 2020 da atapo
 
Tag: cronaca

 

25 aprile 2020

 


 

Come è stato ampiamente detto, quest’anno è stato diverso da tutti i precedenti.

Molti lo confrontano col primo “25aprile”, dicono che anche ora siamo in guerra, che dobbiamo essere saldi per resistere, per combattere questo infido virus, ma che forse ora ci stiamo avviando alla vittoria. Io non mi ritrovo molto in questi paragoni: noi ora soffriamo, stiamo reclusi, dobbiamo avere mille precauzioni, ma credo sia una pena molto inferiore rispetto a quella che sopportarono gli Italiani a quei tempi, cinque anni di guerra di cui gli ultimi un crescendo di pericoli, di stenti e di terrori.

Stavolta niente ZAP (Zona Altamente Partigiana) al centro sociale del mio quartiere, ma in quarantena in casa, solo l’immancabile soggiornare in giardino, percorrerlo parlando con le piante, e l’affacciarmi alla finestra per attaccare la bandiera italiana.

Comunque non c’era da annoiarsi, in televisione e sui canali vari di internet si poteva seguire un po’ di tutto, on line da qualche giorno, per celebrare la ricorrenza: musiche, canti, rievocazioni, discorsi, testimonianze, ricerche fotografiche e storiche, per saperne sempre di più.

Anch’io ho fatto così, mi dicevo: -Guardo questo e poi basta.- Ma era tutto così interessante che praticamente la giornata mi è passata in questo modo e neanche i giorni precedenti era stato molto diverso. Si scoprono sempre nuove vicende, la maggior parte tragiche, molte commoventi, in tante famiglie i ricordi e i documenti di quel tempo crudele sono rimasti celati per moltissimi anni e da poco sono riemersi, o dal fondo degli armadi, o dalle parole dei nostri vecchi che stanno per andarsene e che avevano tenuto nel cuore e nella memoria quella parte di vita: che non vadano disperse, che siano raccolte queste testimonianze, finché siamo in tempo!

In particolare quest’anno ho scoperto molto riguardo il ruolo importante delle donne, nella guerra e nella Resistenza; finora era stato in ombra, poco se ne parlava, finalmente è studiato e riconosciuto. Mi è tornato in mente che quando insegnavo a Bologna nel 1975 (si festeggiava il trentesimo anniversario), con la classe avevamo visitato i luoghi tristemente conosciuti in città e nei dintorni per avvenimenti della guerra e avevamo fatto ricerche su vari argomenti; una fu proprio sul ruolo delle donne, c’erano fotografie da capire e commentare, c’erano ancora le testimonianze di genitori e nonni. Il cartellone con i disegni e le storie, su quella tematica allora poco in rilievo, fu molto apprezzato dal Comune e restò esposto per lungo tempo nel Museo della Resistenza, che a Bologna era appena stato aperto.

Ieri sera su Mymovie ho visionato un film-documentario appena uscito, a cui si poteva accedere pagando un minimo contributo, intitolato FORGOTTEN FRONT, prodotto dalla Cineteca Storica di Bologna, in cui attraverso i documenti e i filmati vengono ricostruiti gli anni di guerra a Bologna fino alle settimane successive alla liberazione. Un tuffo al cuore ho avuto quando è passata la mappa del territorio appena a sud di Bologna, con un segno rosso della linea gotica che passava vicinissimo a Gorgognano, il paese della mia mamma  completamente spazzato via da bombe e cannonate. Durante la visione mi sono emozionata a tal punto che alla fine quasi mi sentivo male: ho rivissuto tutti i racconti che facevano i miei quando ero piccola, ho rivisto quegli sguardi preoccupati, spauriti, angosciati, quelle magrezze, quegli abiti lisi e miseri, ho risentito certe frasi che dicevano i miei genitori... ho immaginato quanto poi per il resto della vita si rimanga segnati da esperienze così drammatiche.

No, non credo che la situazione di questi giorni abbia raggiunto il livello disperato del 1944-45.

 
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AL TEMPO DEL VIRUS 11

Post n°1674 pubblicato il 23 Aprile 2020 da atapo
 
Tag: cronaca

SONO USCITA

 


 

Finalmente sono arrivate anche a casa mia le mascherine portate dal Comune, due giorni prima che il Comune stesso ne rendesse obbligatorio l’uso. Così sono uscita “mascherata” e sono andata a fare la spesa nel supermercato a cui posso arrivare a piedi, in un orario che speravo non fosse affollato: le 14.

Un quarto d’ora di fila prima di entrare però è stato necessario, in previsione mi ero portata un libro da leggere, ma non giova alle mie gambe stare piantata in piedi per tanto tempo. Volevo andare non solo per “uscire”, ma anche per cercare i prodotti che mi sarebbero serviti a fare una crostata alla ricotta per l’onomastico di mio marito, o, se non trovavo, per vedere di persona come poter fare altrimenti.

Perché mandare il marito per la spesa è solo un SI’ o un NO: le cose della lista o ci sono o non ci sono e allora si fa senza, non mi chiama per organizzare come sostituire, insomma, ogni tanto è bene che ci metta il naso anch’io.

La strada che devo percorrere è una meraviglia, tra palazzine e villette con giardini, zone alberate e verdi. Così ho goduto della meraviglia di tante fioriture primaverili, che non ricordavo nemmeno così vivaci: il mio giardino è molto verde, ma di fiori ce ne sono pochini. Inizia ora il momento più bello della primavera, più colorato e più profumato, diventa difficile restare a casa e rinunciare a tutto questo, speriamo che dal 4 maggio le restrizioni si allentino, cioè che questo mostro si attenui sufficientemente.

Poi… dovremo abituarci a regole nuove, le assorbiremo poco per volta, rassegnati, pensando e sperando che sia per il meglio.

In questi giorni di avvicinamento al 25 aprile leggo e guardo spesso testimonianze del periodo della guerra, storie tragiche, storie eroiche… quelli sono stati anni drammatici, penso alle ansie, alle paure, al terrore, alle scelte, ai bambini del tempo…

Era ben peggio di adesso, nemmeno da paragonare. Anche il confronto con quelle esperienze lontane mi aiuta a non deprimermi troppo, ad affrontare con un po’ di serenità questi giorni.

 
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IL LIBRO DI APRILE

Post n°1673 pubblicato il 20 Aprile 2020 da atapo
 
Tag: memoria

 

"GUERRA e PACE"

 


 

I giorni passano, tutti troppo uguali, la monotonia mi stava facendo dimenticare la doverosa presentazione del libro che ho messo qui accanto per il mese di aprile.

Ero ancora alla scuola elementare. La mia migliore amica apparteneva a una famiglia benestante e amante della cultura. Quando andavo a casa sua restavo incantata nel loro salotto davanti ad un mobile libreria dagli sportelli a vetri, strapieno di libri, molti con edizioni lussuose, rilegate in pelle. Che differenza dalla mia modestissima casa, senza salotto, senza libreria, i libri di famiglia stavano ammonticchiati in camera dei miei genitori, dentro un armadio; i libri che cominciavo ad avere miei personali non si sapeva mai dove tenerli, io stavo diventando una lettrice accanita.

Dalla mia amica c'era anche un reparto di opere per ragazzi, le adocchiai subito, fra queste una serie completa della collana "La Scala d'oro", pubblicata anteguerra. Ne avevo (e ce l'ho ancora) una serie anch'io, era di una zia che me l'aveva regalata quando era cresciuta troppo per leggerli, la mia era per i bambini di otto anni, quella della mia amica per qualche anno di più. Naturalmente i miei li avevo già letti tutti, divoravo libri in casa e alla biblioteca scolastica... mi azzardai a chiederne in prestito alla mamma della mia amica, che fu felice di accontentarmi.

Nella "Scala d'oro" erano caratteristici le riduzioni e adattamenti per ragazzi di romanzi famosi, fra questi presto mi incuriosì "Guerra e pace": ne avevo sentito già parlare, forse ero in quinta, quando si studiava Napoleone. Mi piacque moltissimo e si depositò nel mio cuore.

Diversi anni dopo, penso in seconda alla scuola superiore (perchè già conoscevo bene il francese), in una delle mie spedizioni in un famoso negozio di libri usati e d'occasione in centro a Bologna, dove investivo buona parte della mia esigua paghetta, trovai una copia di "Guerra e pace" in versione integrale, in due volumi, tascabili, ma sempre "ingombranti", con le numerose parti in francese lasciate nella lingua originale. Mi venne in mente la riduzione che avevo letto e mai dimenticato, insieme alla voglia di conoscere l'originale. Così lo comprai e quella lettura mi accompagnò per diverso tempo, con qualche difficoltà, ma compensata da grande soddisfazione, riuscivo a entrare nei personaggi, ad appassionarmi all'epopea e alla descrizione di quel mondo lontano. Ricordo che chi mi vedeva immersa nella lettura (conoscenti, amici coetanei) spesso si meravigliava, commentava con ironia o mi dava della matta... ma a me non importava: ero trascinata dall'emozione di quella lettura appassionante. Così questo libro, al di là del valore letterario, è rimasto per me il simbolo di un'impresa non facile, ma portata a termine con impegno ed entusiasmo.

Conservo ancora quei due volumetti, a volte mi viene voglia di rileggerlo, ora che è passata una vita: chissà che effetto mi farebbe...

Ma esistono tantissimi altri libri ancora sconosciuti e attraenti che mi aspettano nella mia libreria attuale, non credo che riprenderò più "Guerra e pace".

 
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AL TEMPO DEL VIRUS 10

Post n°1672 pubblicato il 17 Aprile 2020 da atapo
 

 

LA BORSA

 


 

Sono stanca, non mi va neppure di scrivere. Vorrei appuntare i pensieri che all’improvviso mi vengono in mente, ma non ci riesco; meno che mai riesco ad organizzarli in qualcosa di compiuto e sensato.

L’unica uscita è per vuotare l’immondizia e prendere il giornale, l’edicola è accanto ai contenitori dell’immondizia. Per fare questo non occorre mettersi in ghingheri, la tuta da casa va più che bene, se fa fresco mi butto il piumino sulle spalle, quello ancora pesante tanto per pochi minuti non riesce a farmi caldo. Prendo distrattamente le chiavi appese al portachiavi, il borsellino che sta sul mobiletto ed esco.

L’altro giorno ho dovuto cercare qualcosa, non ricordo cosa, nella borsa.

Sta lì accanto al mobiletto, aperta, dall’inizio di marzo. Quando ho infilato le mani dentro, mi sono resa conto da quanto tempo non la uso… e ho sentito un’emozione, una tristezza… Già, non serve più da un pezzo e chissà quando servirà di nuovo.

La borsa, appendice di noi donne, accessorio indispensabile per la nostra vita di movimento e di relazione: dentro ci teniamo sempre un mondo, il nostro mondo…

Allora mi sono attardata, non per cercare ciò che ormai non era più così importante, ma per frugare, solo per risentire sotto le dita e accarezzare gli oggetti che ci sono dentro, tanti, piccoli, utili o, più spesso, superflui, ma personali copertine di Linus. E spesso l’oggetto mi suggeriva qualcosa… che è stato e che ora è proibito.

La tessera dell’autobus… chi ci va più? Li hanno anche diradati, bisognerebbe aspettare per chissà quanto.

Il raccoglitore con le tessere dei supermercati e delle librerie: fare la spesa, entrare a vedere le ultime novità pubblicate, leggiucchiarle, cercare le occasioni tra i libri usati e scoprire una “perla”.

La penna e il piccolissimo taccuino: ogni tanto quando sono in giro mi viene un’ispirazione, allora prendo appunti di brevi frasi, scritte malissimo perché in luoghi e posizioni improbabili. Qui in casa ora di ispirazioni me ne vengono poche...

Il fermaglio per i capelli: tra poco verrà il caldo, comincerebbe a servire… se uscissi.

Il pacchetto delle caramelle CorifynC al limone: prima di iniziare le prove di teatro ne prendo sempre una, a protezione della voce… ora fine delle prove, del teatro, niente cartellone, niente spettacoli!

Sul fondo della borsa il mini ombrello che avevo appena comperato, per le piogge primaverili improvvise: è ancora da aprire per la prima volta, forse arriverà così all’autunno?

La mappa di Firenze: sembra strano, ma dopo tanti anni la tengo ancora con me. Ci sono stradine e zone che conosco ancora poco, inoltre fa tanto aria di turista, sembra quasi di essere in viaggio o in vacanza.

E foglietti, scontrini, quelli che nei negozi alle casse butto in fretta nella borsa, poi ogni tanto faccio pulizia e li “sistemo”, capita che qualcuno lo tenga per ricordo… ce n’è uno, stropicciato e quasi illeggibile, traccia di un viaggio, di un pranzo che mi fu caro, ormai passato, sembra di un’altra vita…

come tutto ciò che resta nascosto nella borsa, che mi fa sospirare di malinconia quando lo sfioro appena.

 
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AL TEMPO DEL VIRUS 9

Post n°1671 pubblicato il 12 Aprile 2020 da atapo
 

 

PASQUA COSI’

 


 

Pensandoci, in apparenza non è che per me questo giorno di Pasqua sia molto diverso da altri passati: quante volte siamo stati noi due soli, il marito ed io, perché il suo non volersi intruppare in viaggi e folle di vacanzieri, insieme agli inviti che i consuoceri avevano fatto per tempo ai figli… spesso ci hanno visti soli davanti al tradizionale pezzo di agnello. Ed io soffrivo per questa solitudine.

Stavolta però è diverso. C’è questa ansia dell’indefinito tempo che stiamo vivendo, delle estreme limitazioni di movimento che sono necessarie, ma dopo un mese per me cominciano ad essere soffocanti.

Appena in tempo abbiamo messo whatsapp e skype, oggi li abbiamo visti tutti i bimbi, abbiamo potuto fare loro gli auguri e chiacchierare un poco, bisogna essere allegri davanti a quello schermo, darsi appuntamenti, ascoltare le loro voci, le loro storie e… non commuoversi, rimando un groppo in gola e un accenno di lacrima a quando lo schermo si spegne.

Sui social c’è stato un grande scambiarsi di auguri, immagini carine, foto, video, parole ispirate: c’è da passarsi le ore a leggere e a rispondere, ma io, in questi giorni, non mi sento ispirata proprio per niente, anzi, mi sento parecchio triste e mogia.

Mi sono tuffata nell'ebbrezza di una novità e ho voluto cucinare a pranzo una nuova ricetta per il cosciotto di agnello: con le olive, quelle taggiasche, le uniche che mi piacciano. Per il resto, largo alla tradizione: a colazione i biscotti a forma di colomba, fatti da me, a pranzo la torta pasqualina con le verdura. Da questa era avanzato un po' di ricotta, sufficiente a farcire alcuni piccoli cannoli siciliani: a posto anche per il dolce!

Mi frullano in testa da ieri due Pasque del mio passato: in una ero piccola, era una domenica piovosissima, forse fu la mia prima delusione per l’attesa di un bel giorno di sole e invece… Aspettavo l’arrivo di una cugina grande che veniva a pranzo da noi, le mamma aveva preparato la crema fritta, era bravissima a farla, non le si squagliava mai, e il profumo si spandeva nella nostra umile cucina, compensando la tristezza della pioggia scrosciante.

L’altra è molto più recente, avevamo già il camper e, miracolo, eravamo andati in viaggio, in Provenza: il sabato sera ci eravamo fermati a Grasse, in basso, alla stazione, poi eravamo saliti alla chiesa per le cerimonie della veglia, nella parte alta della città, per una stradina pedonale a scalinate, in mezzo al bosco. Una chiesa medievale, incenso, canti, luci soffuse, un’atmosfera di grande raccoglimento, quasi fuori dal tempo, come un sogno. Poi il ritorno lungo la stessa via, era notte fonda, con le ombre e i fruscii, le luci dei paesini in lontananza. Chissà perché proprio quelle sono le Pasque di cui ho i ricordi più vivi?

In questi giorni le mie soste in giardino si sono allungate, ho bisogno di respirare aria esterna, di guardare il cielo… e di guardare a lungo i fiori che spuntano: quelli del pero ormai sono caduti, ma si stanno aprendo le spiree che sembrano nuvolette bianche, ho scoperto una piantina sconosciuta che sta facendo fiorellini gialli molto graziosi: semi arrivati col vento, come certe foglie e fiori gialli che sembrano fragole, ma non lo sono, mi sembrano le “fragole matte”, che non credo siano commestibili. Esco anche di sera, al buio: ci sono da vedere Venere e Sirio, lucentissimi perché non ci sono nuvole e l’inquinamento è calato, ci sono le ombre delle piante e i rumori della notte, c’è stata l’ombra di un grosso gatto dal pelo lungo che si è allontanato quando mi sono avvicinata troppo, ma al buio non l’avevo neppure visto. Sarà stato Andrea? Non si è visto tutto l’inverno, mi illudo che sia lui di nuovo in circolazione. La luna, che nel suo giro non sempre si fa vedere nella mia parte di cielo, mi ha onorato a lungo della sua presenza proprio la sera del plenilunio.

La schiena che a tratti mi fa male mi ricorda che avrei bisogno di andare in piscina, chissà quando… Credo che sarà una vita diversa, limitata anche quando la morsa si allenterà, che l’estate non sarà sinonimo di vacanze, che occorra tenere i nervi saldi e la pazienza intatta ancora per molto tempo, che devo pensare di essere, nonostante tutto, tra i più fortunati, anche se mi è tornata la nevralgia alla testa e se ne va a stento con gli antiinfiammatori… forse è solo lo stress.

Beh, che dire:

BUONA PASQUA BLINDATA, ma DI SPERANZA.

 
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AL TEMPO DEL VIRUS 8

Post n°1670 pubblicato il 07 Aprile 2020 da atapo
 
Tag: cronaca

 

UP and DOWN

 


 

E' passato un mese esatto. La festa per mio marito, l'ultimo incontro di tutta la famiglia insieme, una bella giornata.

Subito dopo siamo entrati in questo tunnel, sempre più ristretto, di cui ancora non si vede la fine. Chiusi in casa.

Ci si fa l'abitudine? No, per niente. Ho un bel da ripetermi che è per il bene di tutti, che siamo fortunati per lo spazio che abbiamo interno ed esterno, che c'è chi sta molto peggio, che il rischio è forte, soprattutto alla nostra età, che un po' di tempi vuoti, rallentati, possono fare solo bene e che forse permetteranno di riordinare la casa, le cose e le idee, che i modi di passare le giornate non ci mancano, e via così.

Ma visto che la faccenda si prolunga ogni tanto mi vengono momenti di sfiducia, non riesco sempre a... cavalcare l'onda, ogni tanto sprofondo.

Un conto è SCEGLIERE di chiudersi in casa per qualche (qualche?!) giorno, un conto è esserci costretta, soprattutto ora che è piena primavera, il sole tiepido comincia a scuotere il sangue e a spingere all'evasione, anche solo per una passeggiata luminosa, tornano pensieri di spiaggia e di mare.

La mia passeggiata quotidiana è dal giornalaio e a vuotare l'immondizia, credo di non arrivare ai cinquanta passi tra l'andata e il ritorno. Posso passeggiare in giardino, salutare i fiori nuovi del pero e chiedergli se per favore quest'anno si decide finalmente a fare qualche frutto, dire alle spiree che si impegnino a fiorire, che prendano esempio dal grande cespuglio dei vicini che è già una bellissima cascata bianca, chiedere agli iris se hanno passato bene l'inverno e se vorranno essere belli come gli anni passati, magari insegnino velocemente a produrre fiori anche agli ultimi piantati, che dovrebbero essere azzurri e starebbero bene insieme ai vecchi rosa.

Mio marito va a fare la spesa con la macchina, circa ogni settimana, alternando i due supermercati che abbiamo più vicini, per trovare i prodotti con meno difficoltà. Io gli preparo la lista ed è un lavoro di pignoleria e di immaginazione insieme, devo segnare man mano nei giorni ciò che manca, devo prevedere ciò che cucinerò nei giorni successivi, e anche piani B, visto che non tutto si trova, ora lui vuole che gli scriva la lista secondo la disposizione dei prodotti nelle corsie: ma io mica ricordo a memoria cosa c'è in ogni corsia, di due supermercati poi, e ogni tanto rivoluzionano tutto. E per certe cose devo scrivergli i dettagli, tipo lo yogurt: quale marca mangio, quale no, quale gusto mi piace, quale mi fa schifo, altrimenti non compra nulla. E continua a non telefonarmi se nel negozio non trova o ha problemi... così è una sorpresa cosa mi arriverà a casa... o cosa non arriverà. Sento la mancanza dell'appoggiarmi al carrello che scivola tra gli scaffali, il soffermarmi davanti alle novità o a qualcosa di sfizioso, che poi magari compro, per coccolarmi un po'. Coccolarsi? Non esiste questa parola nel suo vocabolario: solo ciò che serve alla sopravvivenza.

Gli ho chiesto: -Ma non ci sono già le colombe e le uova di Pasqua?-

- Certo.-

- Non ti è passato per la mente di prendere qualcosa?-

- Non l'avevi mica scritto.-

Così all'ultima spedizione gli ho scritto di prendere una colomba, per l'uovo fondente, dove lo prendiamo di solito, li hanno finiti, ora a fare la spesa non esce più, sarà Pasqua senza cioccolata (ma tanto lui non la mangia, sta bene lo stesso).

Ripenso alle passeggiate nel centro di Firenze, che ora vedo vuoto nei video su internet, alle belle mostre che sono state chiuse, ai nostri lavori su alla casa in montagna, che sono bloccati e che mettono in forse il finirli per l'estate, la seconda estate in cui avremo la casa senza poterla usare...

Sul web ora c'è di tutto e di più, potrei vedere film, telefilm, documentari, ascoltare musica, teatro, stordirmi di cultura, di comicità, di informazioni, imparare nuove ricette e metterle in pratica, ma questo mi farebbe sentire ancora di più lo sconquasso e il doversi arrangiare in qualche modo, in questo periodo che stiamo vivendo. Meglio che mi mantenga sulle mie attività solite, e mi autoconvinca che è un'occasione per svolgerle meglio, con meno fretta.

E mi commuovo spesso e facilmente: alle notizie tragiche, alle notizie positive, alla voce della nipotina che mi racconta di aver completato il disegno che avevamo cominciato insieme l'ultima volta a casa sua, più di un mese fa.

Ogni mattina volto un foglio dell'agenda... quasi sempre lo trovo vuoto ormai, oppure vedo un grosso NO scritto sui vecchi impegni. Che tristezza!

Allora durante la giornata ci scrivo appunti, conteggi, frasi, malacopie, tanto per coprire quel vuoto bianco, che mi rattrista. Ci scrivo anche i sogni, quando li ricordo. Sono sogni di viaggio, di valigie, di andate e ritorni, di bambini insieme a me in queste fantasie notturne; però spesso mi sveglio di notte, senza una ragione, e mi riaddormento con difficoltà, avrei voglia di uscire fuori nel giardino notturno, pare che lo stress faccia questi scherzi.

Per quanto tempo ancora? E dopo?

Sarà morta un'epoca, un modo di vivere, bisognerà inventare molto, forse reinventarsi...

Avremo nostalgie, rimpianti della nostra vita prima del virus?

Racconteremo allora ai nostri nipoti: - Ai miei tempi...-

E loro forse ci ascolteranno increduli, come se venissimo da un altro pianeta.

 

 
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AL TEMPO DEL VIRUS 7

Post n°1669 pubblicato il 01 Aprile 2020 da atapo
 
Tag: cronaca

 

INCUBO INGLESE

 


 

Ai miei tempi era più popolare il francese, e io lo studiai, alle scuole medie e all’istituto magistrale (qui solo due anni).

Il mio primo lavoro fu come insegnante di doposcuola in un istituto privato, scuole elementari e medie; lì studiavano inglese e per essere assunta garantii che lo avrei imparato anch’io, giusto quel poco che serviva per aiutare nei compiti i ragazzi. Il mio insegnante fu il fidanzato; finito l’anno scolastico, finito quel lavoro, stop anche all’inglese, restò soltanto il fidanzato. Dimenticai tutto.

Venticinque anni dopo il sindacato offriva corsi gratuiti ai maestri; io in quel periodo insegnavo il francese, mi iscrissi speranzosa di imparare qualcosa anche della nuova lingua. Dopo due mesi di frequenza dovetti fare un intervento chirurgico urgente, ci fu la convalescenza… addio! Troppe assenze, troppe lezioni perse, rinunciai. Ma avevo imparato poco.

Circa dieci anni dopo il ministero della pubblica istruzione mi accettò ai suoi corsi, così avrei potuto insegnare anche inglese, oltre che francese, nella scuola elementare. Stavolta raggiunsi il livello A1, imparavo facilmente, il prof era bravo… che fosse la volta buona? Ma durante le lezioni per il livello successivo mi ammalai spesso (ancora assenze!), poi dovetti andare in pensione, per motivi di salute: fine della possibilità di continuare il corso, con mio grande dispiacere.

Sembrava una maledizione: io NON DOVEVO imparare l’inglese.

Quando l’autunno scorso scoprii al quartiere la possibilità di un corso comodo come luogo e orario, a prezzo più che ragionevole, mi iscrissi pensando che fosse l'occasione giusta, finalmente, poi proseguii nel corso successivo a gennaio, doveva arrivare fino a giugno… non c’erano in previsione contrattempi o altri impegni. Raccontavo ai compagni di corso le vicissitudini dei tentativi precedenti, scherzandoci sopra: - Sempre problemi di salute sono capitati, chissà che succederà ora! Facciamo scongiuri...-

-Ma no, che vai a pensare! Cosa vuoi che succeda?- ridevano loro.

E’ VENUTO IL CORONAVIRUS!!!

Non a me, almeno per ora, ma questa pandemia ha chiuso il corso di inglese, come tutte le scuole. La maledizione ha colpito ancora.

Ora però i tempi sono cambiati, ci sono la tecnologia e i social, la teacher dopo una settimana di sbandamento ha fatto sapere che avrebbe continuato le lezioni via skipe. Peccato che io non avessi skipe, nemmeno wathsapp avevo, perché mio marito aveva sempre rifiutato di metterli, dicendo che più social si hanno più si è controllati in questo mondo odierno. Io non insistevo, erano motivo di discussioni eterne. Pensavo che avrei telefonato a qualche collega di corso, mi sarei fatta indicare le pagine delle lezioni, sarei andata avanti da sola, sperando che venissero riaperti i corsi abbastanza presto. Ma così non è, e il lavoro in solitaria è improbo.

Anche per le insistenze del marito della famiglia perfetta, mio compagno di corso, ora ha ceduto e nell’ultima settimana ha installato skipe, con microfono e cam, sul suo computer. E questo, unito alla sostituzione del mio pc con uno più veloce, ha comportato un gran lavoro, un sacco di tentativi a vuoto, una confusione di fili serpeggianti sui pavimenti, a rischio inciampo. Ma finalmente lunedì scorso ho potuto partecipare alla videolezione, dopo averne perse tre. Mica facile, si vede e si sente il giusto, capisco poco: forse era anche l’emozione e l’impaccio di trovarmi per la prima volta dentro queste “diavolerie”.

Vedremo se vincerò io o l’inglese che sembra sfuggirmi da una vita.

Almeno, con questo skipe, ieri sera abbiamo potuto parlare con mio figlio e Riccardo, dopo due settimane che non ci vedevamo: forse mio marito ha ceduto anche per poter rivedere i nipotini?

 
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