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La vita

Post n°89 pubblicato il 09 Maggio 2006 da uforobot
 
Foto di uforobot

- Non me la sento. Vacci tu, le disse suo fratello. E si ritrovò ad accompagnare sua cognata in sala parto.

Non aveva avuto figli, lei. La natura, che pure è madre, le aveva negato quello che fa sentire donna una donna. E spesso si era interrogata sul perché di tale mancanza, sull’inutilità del suo ventre vuoto e del suo amore orfano di un figlio. Spesso aveva creduto d’impazzire ascoltando psicologi, assistenti sociali che le avevano frugato il cuore, in attesa di un cenno di cedimento. Ma il cedimento non c’era stato e glielo avevano accordato, finalmente, quel permesso che la natura invece di solito concede senza esami. Avevano detto “siete adatti a diventare genitori, potete adottare”. Adesso attendeva, un giorno, un attimo, un battito di cuore in cui le avrebbero detto “è il momento. Venite a prendere vostro figlio”. Viveva un’attesa lunga dieci anni, priva di nausee, piccoli calci, ecografie, voglie improvvise. Un’attesa di dubbi, speranze, frustrazioni ed esami.

 - Come ti senti?

-  Nervosa.

Lui non le aveva mollato la mano, né gli occhi, ad ogni tentativo di fecondazione assistita. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di vederla sorridere in quel momento. Ma lei non sorrideva. Le sue labbra erano tirate, se le mordeva a tratti fino a farsi male, perché quello non era il modo che aveva sognato per concepire un figlio. Il loro figlio.

Poi quei giorni d’attesa fino a dimenticare il resto del mondo. Ti prego, resta attaccato a me, non andartene di nuovo. E poi lo stillicidio mensile e puntuale a ricordarle ancora il suo fallimento.

 -  Come ti senti?

-  Male. Stammi vicina.

Sua cognata stava per diventare madre. Era livida e sudata. All’arrivo di ogni contrazione il suo viso si tirava in una smorfia di dolore e fatica e ad ogni spinta l’energia andava a frangersi in un urlo ovattato dalla stanchezza. C’era quasi, si vedeva già la testa. Un ciuffetto di capelli neri bagnati, lucidi.

-  Dove sei? Stai qui. Dammi la mano.

-  Non ti lascio, sono qui, dietro di te.

L’ostetrica la chiamò dall’altra parte per farle vedere la testa del bambino. Eccolo, stava per nascere.

La vita.

Lei sentì lacrime calde scorrere lungo gli zigomi e il sorriso aprirsi come un enorme abbraccio. E si sentì rinascere sorella, donna, madre…perchè la vita non è solo di chi la concepisce, ma anche di chi l’accoglie, con amore e coraggio.

Il bambino nacque e pianse, sporco e paonazzo, impaurito dal rumore superfluo del mondo. Sua cognata le sorrise e la tirò a sé.

-  Portamelo qui. Portamelo tu.

Lei prese il fagottino umido e caldo in braccio e lo posò su quel ventre esausto.

 

-  Allora? Chiese l’uomo agitato dietro la porta.

Lei uscì commossa e felice.

-  E’ nato ed è bellissimo.

 
 
 
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