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L'incomprensibile ostinazione della vita

Post n°118 pubblicato il 25 Settembre 2006 da uforobot
 

La bocca senza più parole è fissa, in una smorfia amara che cela, tra gemiti storpiati, non so quale speranza ingrata.
Perchè si ostina tanto questa vita? Perchè si batte e s'accanisce contro il dolore fisico di chi si vuole arrendere?

Eppure lui, guardando a sguardo spento la famiglia che lo accerchia e si premura, sente che il distacco da loro sarà duro. Chiede a se stesso di dimenticare negli attimi della disperazione i primi passi dei suoi figli, le loro prime parole balbettate. Chiede a se stesso di scordare le notti appassionate con quella donna che ha consumato gli ultimi anni seduta accanto al letto.

Non vuole dell'altro tempo, lui vuole andare via. Volare dove non si è più nessuno e niente. Nel posto dimenticato o mai compreso che non è nè tutto nè nulla. Entrare nella dimensione del silenzio, dove il dolore non ha più senso d'essere, dove tutto è rarefatto e lieve, come una un petalo di rosa che staccandosi dal fiore cade giù e non fa rumore.

Fissa il soffitto l'uomo stanco e morto già nel cuore, chè se non ami più la vita sei già trapassato, in fondo!
Fissa il soffitto e geme, non per la disperazione d'essere irrimediabilmente infermo, ma per la consapevolezza di non trovare negli affetti che gli stanno intorno il coraggio che lo aiuti a partire per quel viaggio.

Vorrebbe stare al buio, per figurarsi il posto dove immagina di andare. Ma i familiari lo vogliono vedere, controllare che non gli manchi nulla. Invece a lui adesso manca tutto, tranne una lacrima che, tracimando dal lago dei suoi occhi stanchi, cade irrimediabilmente sul cuscino.

 
 
 
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