Ancora un giorno, che si trascina dietro, come una borsetta dal manico un po' lungo, che stenta a rimanere ferma sulla spalla tonda.Ancora un altro istante, e lei, ragazza invecchiata al tempo crudo, apparirà già lisa e smunta dal ricordo. Chè ci son cose grandi da soppesare bene, quando si cresce di ricordi e di dolore.Ma quel giorno lei di dolori non ne aveva. Non fosse stato per la malinconia sottile ch'è delle partenze. Non fosse stato per l'ansia dell'arrivo nella città ospitale.Partì ch'era giorno pieno, ancora, e i fotogrammi dal finestrino sembravano ricordi già vissuti, mossi soltanto dal percorso ostinato del treno viaggiante.Nessuno poi la disturbava. Era da sola in quella gabbia che muoveva acanto ad altre, in cui l'odore di latrina arrivava ripugnante ed aspro.Partì e divenne notte. E la ragazza non temette il sonno, nè la penombra gialla ch'è tipica di quei viaggi lunghi, in cui ci si rassegna a sbriciolare parte della propria vita. Irrimediabilmente.Lui entrò senza bussare e s'impadronì del tempo e dello spazio. Senza parlare le afferrò le gambe e le divaricò. Entrò dentro di lei, mentre il treno in galleria gemeva, come impaurito dall'improvviso e dilagante buio.Il buio. Quando non si conosce più il perchè di cose prima note. Quando si perde in un istante la passione dei sorrisi ignari e quando non s'invoca più il domani, che pure torna a tormentare il cuore.Il buio l'inondò del tutto e la luce, all'alba, l'abbagliò, come una torcia molesta puntata contro gli occhi.Ancora un giorno, si trascinò dietro, come una borsetta dal manico un po' lungo, che stenta a rimanere ferma sulla spalla tonda.
Ancora un giorno
Ancora un giorno, che si trascina dietro, come una borsetta dal manico un po' lungo, che stenta a rimanere ferma sulla spalla tonda.Ancora un altro istante, e lei, ragazza invecchiata al tempo crudo, apparirà già lisa e smunta dal ricordo. Chè ci son cose grandi da soppesare bene, quando si cresce di ricordi e di dolore.Ma quel giorno lei di dolori non ne aveva. Non fosse stato per la malinconia sottile ch'è delle partenze. Non fosse stato per l'ansia dell'arrivo nella città ospitale.Partì ch'era giorno pieno, ancora, e i fotogrammi dal finestrino sembravano ricordi già vissuti, mossi soltanto dal percorso ostinato del treno viaggiante.Nessuno poi la disturbava. Era da sola in quella gabbia che muoveva acanto ad altre, in cui l'odore di latrina arrivava ripugnante ed aspro.Partì e divenne notte. E la ragazza non temette il sonno, nè la penombra gialla ch'è tipica di quei viaggi lunghi, in cui ci si rassegna a sbriciolare parte della propria vita. Irrimediabilmente.Lui entrò senza bussare e s'impadronì del tempo e dello spazio. Senza parlare le afferrò le gambe e le divaricò. Entrò dentro di lei, mentre il treno in galleria gemeva, come impaurito dall'improvviso e dilagante buio.Il buio. Quando non si conosce più il perchè di cose prima note. Quando si perde in un istante la passione dei sorrisi ignari e quando non s'invoca più il domani, che pure torna a tormentare il cuore.Il buio l'inondò del tutto e la luce, all'alba, l'abbagliò, come una torcia molesta puntata contro gli occhi.Ancora un giorno, si trascinò dietro, come una borsetta dal manico un po' lungo, che stenta a rimanere ferma sulla spalla tonda.