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« I miei anniL'alba »

Il vecchio abete

Post n°142 pubblicato il 16 Dicembre 2006 da uforobot
 

 Lo sguardo smarrito si inoltrò al di là della finestra, verso la cima di un vecchio abete infreddolito ed appena mosso dal vento gelido di dicembre. Erano molti i pensieri che gli affollavano la mente e la memoria ancora lucida. Ma rimanere a letto, in quella camera bianca d’ospedale, gli rendeva tutto grave, irreparabile, drammatico. immagine
Un malessere improvviso aveva sorpreso la sua voglia di muoversi, guidare l’auto, uscire a passeggiare. Vivere senza pensare agli anni che gli appesantivano le spalle. Un malanno da nulla! È solo il freddo di questo inverno gelido. Passerà, così com’è arrivato.

Invece non era passato e lui si era  ritrovato sul lettino del pronto soccorso, con le mani dei medici che lo frugavano senza chiedergli il permesso. Poi il ricovero e i giorni tesi d’attesa e d’ansia. Gli accertamenti e le parole misteriose dei dottori che si avvicendavano, un turno dietro l’altro. Per loro un lavoro, per lui un via vai che gli stordiva i sensi.

Gli occhi ogni tanto si chiudevano, dietro le palpebre pesanti d’attesa, di noia e di vita. Ma poi subito si riaprivano, per paura di non riconoscere più il mondo, che in quel breve lasso di tempo assopito, si sarebbe trasformato ancora e poi ancora.

Di nuovo lo sguardo andò al di là della finestra, ai rami tremanti dell’alto abete di quel grande piazzale in cui le ambulanze facevano avanti e indietro, ognuna con il proprio dolore.

E nei ricordi che affollavano quelle ore d’ansia opaca, rivedeva la sua vita a ritroso, come un film al contrario. Non aveva mai sofferto di nulla. Aveva lavorato di un lavoro duro che spacca le mani e le ossa, fino a quando le sue spalle larghe glielo avevano permesso. Ripensava ai suoi figli lontani, impigliati fra le maglie dell’esistenza che si erano scelti.

Sua moglie invece era li. Questo pensiero gli fece istintivamente scorrere la mano sulle lenzuola e subito trovò quella donna minuta che gli era sempre stata accanto. Senza distogliere lo sguardo dalla finestra si lasciò trasportare dalle immagini che si inseguivano nella sua mente scombussolata dall’insolito soggiorno.

La rivide vestita di bianco e poi sudata ed esausta, lavorargli accanto, senza lamentarsi mai.
Nasce, fra due persone che hanno ingoiato la stessa vita insieme, un legame silenzioso e tenace, che traspare dai gesti semplici. Un coraggio condiviso che non ha bisogno di parole, che si legge negli sguardi che l’una volge all’altro. Così succede, che a una certa età, ci si senta quasi dipendenti dall’affetto che negli anni s’è trasformato, rafforzato, arricchito. Succede che, la coscienza di aver quasi esaurito il proprio tempo, si ancori con tenacia ad una delle poche cose che possano riscaldare il cuore: lo sguardo di chi ci è vissuto accanto per una vita intera.

Il rumore di passi frettolosi lo distolse dai rami esausti dell’abete, sui quali ricordi e pensieri si erano allineati uno accanto all’altro, come uccelli infreddoliti. Il medico entrò sorridendo e gli toccò i piedi sporgenti in fondo al letto. Era poco più che un ragazzo, avrebbe potuto essere suo nipote e questo lo intenerì. Il camice bianco e la targhetta accanto al taschino gli davano un’aria professionale. Anche le sue parole nelle ore precedenti erano rimbalzate fra le pareti della camera come sentenze inoppugnabili. Il dottore ha detto, il dottore  pensa che, il dottore è il dottore. Ma ai suoi occhi era pur sempre un ragazzo.

Lo guardò con aria interdetta…che avrà mai da sorridere?
-   Oggi la rimandiamo a casa. È contento?
Gli accertamenti avevano evidenziato dei lievi disturbi cardiaci, compagni dei suoi anni, piccoli e grandi dolori raccolti lungo la strada che aveva percorso senza mai fermarsi, né voltarsi indietro. Ma erano disturbi controllabili con una terapia che poteva fare a casa.

Sentì le lacrime calde inondare gli occhi stanchi e la mano di sua moglie stringere la sua. Il dottore aveva detto che poteva alzarsi, vestirsi e tornare a casa.
Tornare a casa, sedersi davanti al caminetto, telefonare ai suoi ragazzi, mangiare al suo tavolo, dormire nel suo letto.

La moglie lo aiutò a vestirsi in silenzio, consolando le lacrime con i suoi sorrisi. Il braccio pronto per sorreggerlo ed erano già nel piazzale. Il cielo bianco e rigido come una lastra di ghiaccio li abbagliò un poco e lui riparò lo sguardo col palmo della mano. Poi avvertendo il tocco morbido dei piccoli fiocchi bianchi, alzò il viso.
- Guarda, nevica.
Lei si affrettò ad abbottonargli il cappotto intorno al collo e a fare un doppio giro di sciarpa. Poi lo prese per mano e gli sussurrò “andiamo a casa”.

E s'avviarono così, tenendosi per mano.

  

 

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Commenti al Post:
brividoveloce
brividoveloce il 16/12/06 alle 09:24 via WEB
Si sa, in una storia come questa, ognuno "vede" meglio ciò che lo colpisce maggiormente. Questa è l'immagine dell'amore ormai "maturo"... La passione che lascia il passo all'affetto. Un affetto non di parole...ma condivisione totale..di tutti i passaggi della vita terrena. Un affetto che ingloba l'amore... E' un racconto per certi versi tenero...e dolce... e che, qualora ce ne fosse bisogno, chiarisce in maniera sofficie ed elegante, per nulla stucchevole, il percorso di un sentimento importante...qual'è l'Amore. Se manca la consapevolezza che la passione di oggi...sarà l'affetto di domani, meglio lasciar perdere... Complimenti.... è molto difficile tradurre in parole o racconti...alcuni aspetti di vita così profondi... Brava, L
 
 
uforobot
uforobot il 16/12/06 alle 14:07 via WEB
grazie L., come sempre puntuale, attento, critico...il lettore perfetto direi!
 
occhiodivolpe
occhiodivolpe il 16/12/06 alle 12:20 via WEB
mmmhhh ... una spada di tenerezza , racconto di natale ? vacci piano , fai pianger tutti ...:> bacio amg , e.
 
 
uforobot
uforobot il 16/12/06 alle 14:09 via WEB
ciao Volpe, è un racconto che ho scritto tempo fa. ieri è stato pubblicato dal settimanale pisano con cui collaboro ed ho pensato di riproporlo anche a voi. ...spero che non si sparga la voce che scrivo "da far piangere!!! :))
 
Rudemavolgare
Rudemavolgare il 18/12/06 alle 12:49 via WEB
Dimmi Star, quanti di noi under 50 (o 40 o 30 o 20 o 10..) arriveranno al capolinea con lo/a stesso/a compagno/a di viaggio? Qanti bus vuoti..... Ciao Stella,Buon Tutto, Feste comprese.
 
 
uforobot
uforobot il 18/12/06 alle 15:07 via WEB
Io spero che arriveranno in tanti, davvero tanti, Rude! grazie, buon tutto anche a te! :))
 
Nommiricordo
Nommiricordo il 18/12/06 alle 15:44 via WEB
Molto bello anche questo racconto! Come sempre, sembra di esserci......Ciao!
 
 
uforobot
uforobot il 19/12/06 alle 08:36 via WEB
grazie, sei sempre gentile. a presto.
 
hesse_f
hesse_f il 21/12/06 alle 19:31 via WEB
bello...bello...fatico a dire altro. ciao A.
 
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